«Voglio un frigo gigante, di quelli enormi, doppi, che sparano il ghiaccio nel bicchiere, e sono pieni di scomparti, anche se poi da me sarebbe sempre vuoto. Voglio tutto ciò che vogliono che io voglia, così gira l’economia e siamo tutti felici. Ma non so più cosa voglio io. Cosa desidero. E non so più cosa sognare. E allora facciamo che io ero in un mondo dove non è retorico dire: voglio ricominciare a sognare i sogni miei. I have a dream: sognare sogni miei. Come si diceva? Il sogno è mio e me lo gestisco io! Ah Freud… ma vaffanculo! Sogno isole deserte… attici, case incredibili… viaggi su aerei comodissimi…».
Mattia Torre, A questo poi ci pensiamo, Mondadori
Viviamo in una casa che gli abitanti del paese chiamavano u baracùn (il baraccone) e che non era mai stato abitata da nessuna famiglia prima di noi. Nel dopoguerra è stata una balera, poi un’osteria e infine una falegnameria. Quando l’abbiamo acquistata era un rudere e per questo ho potuto decidere la disposizione degli spazi. È stata una vera fortuna perché da quando sono andata via di casa, a 23 anni, ho cominciato a pensare a come sarebbe dovuta essere la mia casa ideale e avevo già le idee molto chiare su cosa mi piacesse e cosa no. All’epoca la disponibilità economica per acquistare l’arredamento era limitata. La ristrutturazione ci aveva lasciato in braghe di tela, per cui abbiamo deciso di acquistare la cucina all’Ikea. Ma detta così è riduttivo: dell’Ikea c’è solo la struttura interna, le ante sono state costruite e pitturate da noi, il top in pietra del Cardoso (ora è rivestito in microcemento perché il nero mi aveva stufata) acquistato da un marmista della città, le maniglie prese in una ferramenta. Non abbiamo pensili ma un grande mensolone recuperato in un cantiere edile. Poi c’è una vecchia credenza e un bancone che ho costruito insieme a mio marito. Non siamo falegnami ma ci è sempre piaciuto lavorare il legno e con quel poco di attrezzi che abbiamo in casa, siamo riusciti a realizzare altri mobili, pezzi che amo e che sanno rendere la nostra casa unica.
Immagina di ospitarmi nella tua cucina per un caffè: cosa mi offriresti di buono?
Da buona golosa quale sono metterei sul vassoio qualcosa di dolce. Ma siamo a Genova e so che la vera focaccia, quella per cui tutti vanno matti, si mangia solo qui e quindi metterei a fianco del dolce la nostra tipica focaccia genovese. Sapevi che qui si mangia la mattina accompagnandola con un bicchiere di vino bianco?
Quali elettrodomestici usi per cucinare?
(ride, ndr) Quelli che cucinano sono mio marito e la piccola di casa, Mathilde. Fin da quando era piccina ha mostrato questo forte interesse per la cucina (mia madre è cuoca e le ha trasmesso questa passione) mentre io ho sempre preferito pitturare mobili. Solo da poco ho cominciato a cucinare, ma non vado oltre il frullatore e il frullino elettrico. Non abbiamo neppure la lavastoviglie!
Cosa c’è in questo momento nel tuo frigo?
C’è l’avanzo della torta di compleanno di mia figlia Mathilde, del Parmigiano Reggiano (quello lo troverai sempre), olive, tanta verdura, salmone, limoni, confettura ai mirtilli, una torta salata a base di zucca che ho preparato per domani, latte di cocco, ghi, salsa Tamari, vino rosé e i miei patch per gli occhi.
Questo servizio è parte della newsletter Kitchen Story che arriva ogni quindici giorni a chi si iscrive. Buona lettura!