Dall’Australia al Cile, passando per la Germania, l’Italia, il Giappone, la Nuova Zelanda, il Portogallo, la Spagna e la Corea del Sud, gli investimenti nell’idrogeno verde sono in crescita. Entro il 2050, potrebbe arrivare a coprire fino al 25 per cento della domanda energetica mondiale, generando un mercato da 10 trilioni di dollari.
«Il mondo ha urgente bisogno di sviluppare massicciamente soluzioni avanzate come questa», ha sottolineato Nigel Topping, high level champion for global climate action della Cop26 di Glasgow. «La visione e la leadership delle aziende può portare l’idrogeno verde lungo una traiettoria di crescita esponenziale per sostenere la ripresa economica e una profonda decarbonizzazione più velocemente delle attese».
Considerato essenziale per la decarbonizzazione di processi a elevate emissioni come l’industria e il trasporto pesante, l’idrogeno verde viene prodotto ricorrendo a fonti di energia rinnovabili – come quella eolica o solare – stimolando il processo di elettrolisi attraverso cui l’acqua viene scomposta nei suoi elementi base: idrogeno e ossigeno.
Acwa Power, Cwp Renewables, Envision, Iberdrola, Ørsted, Snam e Yara sono le sette aziende che hanno deciso di investire 110 miliardi di dollari per lo sviluppo, entro il 2026, di 25 GW di capacità produttiva da idrogeno verde destinato alle attività ad alta intensità carbonica. L’iniziativa, lanciata lo scorso dicembre e aperta ad altri soggetti, si chiama Green hydrogen catapult (Ghc) e vuole portare un contributo all’abbattimento delle emissioni climalteranti, incrementando di 50 volte la produzione di questo vettore energetico ecofriendly.
Sostituendo progressivamente le fonti fossili, l’idrogeno verde è visto come uno strumento per favorire il raggiungimento degli obiettivi di neutralità carbonica al 2050 e dunque limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius.
Inoltre, secondo le aziende promotrici dell’iniziativa, dimezzare l’attuale prezzo dell’idrogeno verde – portandolo sotto i 2 dollari al chilogrammo – lo renderebbe competitivo nella decarbonizzazione della generazione elettrica, ma anche dell’industria chimica, della produzione di acciaio e della navigazione. «Accrescere la sua produzione e penetrazione, anche utilizzando le infrastrutture esistenti, sarà decisivo per raggiungere gli obiettivi climatici globali», ha spiegato Marco Alverà, amministratore delegato di Snam, la compagnia italiana di infrastrutture energetiche. E ha aggiunto: «Questa coalizione avrà un ruolo chiave nel favorire una sempre maggiore cooperazione globale e nello sviluppare i progetti necessari per abbattere i costi dell’idrogeno più velocemente delle attese».
La Green hydrogen catapult prevede anche un’accelerazione nella messa a punto della tecnologia necessaria allo sfruttamento dell’idrogeno verde come fonte alternativa di energia ecosostenibile: un impegno che dovrebbe garantire la creazione di oltre 120mila posti di lavoro. Nell’attesa di nuovi ingressi all’interno della coalizione, le sette multinazionali coinvolte produrranno idrogeno da fonti rinnovabili, solare ed eolico, per raggiungere, come già ricordato più sopra, 25 GW di capacità produttiva e dimezzare i costi attuali del vettore energetico entro il 2026.
Come ha spiegato Alverà, la Cop26 del prossimo autunno sarà il palcoscenico ideale per presentare i nuovi progetti con protagonista l’idrogeno verde e, parallelamente, l’occasione per far incontrare investitori, consumatori e governi in un confronto proiettato al raggiungimento degli obiettivi delle Nazioni unite sul clima fissati per il 2050.