«Come dico spesso parlando degli andamenti demografici: “Non c’è più il futuro di una volta”. E questa condizione di incertezza potrebbe vincolare i consumi anche con la nuova Irpef, i bonus e le detrazioni che metterà in campo il governo». Il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo, in un’intervista alla Stampa, analizza i numeri dell’Italia che si muove verso la ripresa. Ma restano aperte molte incognite, dal fisco all’inflazione fino all’occupazione femminile. Che sta registrando un recupero molto più lento di quello degli uomini.
Blangiardo rilancia il paragone tra crisi pandemica ed evento bellico, «un trauma che lascerà effetti permanenti difficili da valutare», dice. «Per esempio: quante donne passate all’inattività anche per gestire i carichi familiari rientreranno nel mercato del lavoro?».
In questi ultimi mesi i segnali favorevoli sulle prospettive di occupazione sono diversi, spiega il presidente dell’Istat. «Da un lato, nel primo e nel secondo trimestre è salita significativamente la quota di coloro che hanno iniziato una attività lavorativa (rispettivamente 3,6% e 4,1% sul totale degli occupati) attestandosi, per la prima volta, su livelli vicini al valore medio dell’area euro (4,2% nel secondo trimestre). Dall’altro, nel terzo trimestre 2021, il tasso di posti vacanti ha raggiunto i suoi valori massimi sia con riferimento al totale delle imprese con dipendenti dell’industria e dei servizi (1,8%) sia per le imprese con almeno dieci dipendenti (1,4%). Il proseguimento della fase di ripresa dovrebbe portare a un progressivo recupero dell’occupazione femminile, mentre è da valutare con maggiore dettaglio la relazione tra caduta dell’occupazione degli autonomi per tipologia di attività economica. Tuttavia le unità di lavoro indipendente hanno segnato un primo significativo recupero congiunturale nel secondo trimestre dell’anno cui è seguito un ulteriore, ma più contenuto, aumento nel terzo trimestre».
Positivo il dato della diminuzione degli inattivi: «Sembra profilarsi quindi il riassorbimento della quota di inattivi generati dall’emergenza sanitaria mentre sarà importante continuare a osservare eventuali fenomeni di mismatch tra domanda e offerta di lavoro», dice.
Gli effetti degli interventi sul fisco, però, saranno tutti da valutare. «Se la riduzione prendesse la forma di una diminuzione del prelievo fiscale sui redditi da lavoro, ci sarebbe un immediato effetto sul reddito disponibile e, a cascata, sui consumi», spiega. «Ma l’impatto sarebbe mediato dalle differenti propensioni al consumo per fascia reddituale».
E bisogna tenere conto anche dell’inflazione, che in Italia registra un aumento del 3,8%. «Da un lato gli alti livelli di inflazione sono legati alla ripresa dei prezzi dei beni energetici che, durante la fase più acuta dell’emergenza sanitaria, avevano hanno raggiunto quote particolarmente basse. Questa tendenza dovrebbe esaurirsi», dice Blangiardo. «Dall’altro, si stanno manifestando segnali di aumento anche per i beni intermedi con possibili effetti di trasmissione all’intera economia. Al momento le previsioni rimangono orientate verso una ripresa dell’inflazione, ma anche qui propongo una riflessione che va oltre: quanto pesa la componente speculativa su questa ripresa dei prezzi? E quanto durerà?».
La crescita, però, nelle previsioni dell’Istat durerà, anche se con numeri più bassi. Nel terzo trimestre il Pil è cresciuto del 2,6% rispetto al precedente, e del 3,9% su base annua. Il 3 dicembre l’Istat ha diffuso «l’aggiornamento del quadro di previsione per l’anno corrente prospettando una crescita pari al 6,3%. L’ipotesi sottostante per il quarto trimestre è di un rallentamento dell’attività economica ma di un proseguimento dell’attuale fase di recupero per tutto il 2022, quando si prevede un aumento del 4,7%».