ShecessionIl lavoro cresce solo per gli uomini, le donne restano indietro

Secondo i dati Istat di ottobre 2021, aumenta solo l’occupazione maschile, e solo tra gli under 25. Continuano a perdere terreno gli autonomi. Mentre sono in risalita i contratti a tempo indeterminato. Un segno della ripresa della mobilità del mercato, come fa notare anche Bankitalia. Ma dominano i rapporti a termine

(Unsplash)

Le previsioni economiche dell’Ocse fanno dell’Italia la locomotiva d’Europa. Ma la forza di quel +6,3% del Pil, annunciato per il 2021 dall’istituto parigino, non si vede sul fronte del lavoro. I numeri sono in lenta risalita, ma a guidare la ripresa dell’occupazione sono soprattutto gli uomini, con le donne che continuano a restare indietro. E il mercato, seppure in ripresa, appare ben diverso da quello pre-pandemia, con una crescita costante del lavoro a termine.

Gli ultimi dati Istat relativi al mese di ottobre dicono che in un mese gli occupati sono cresciuti lievemente dello 0,2%, pari a 35mila posti in più. Ma gli occupati in più, concentrati tra i giovani under 25, sono tutti uomini: +36mila. Mentre le donne, che più hanno subito la crisi Covid, non avanzano di un millimetro, con il tasso di disoccupazione femminile che cresce al 10,7%, oltre due punti sopra quello maschile. E se nell’anno della ripresa dal Covid gli uomini hanno recuperato 271mila posti di lavoro (+2,1%), le donne sono ferme a solo +118mila (+1,2%). Risultato: meno di una donna su due oggi in Italia ha un lavoro.

La buona notizia è che la crescita dell’occupazione riguarda quasi unicamente gli under 25, tra i quali si contano 38mila posti di lavoro in più. Seguiti da un +7mila tra gli over 50. Segno meno, invece, per la fascia 25-34 anni (-2mila) e per quella tra i 35 e i 49 anni (-9mila). Tra gli under 35, i disoccupati sono ancora oltre 1 milione, gli inattivi oltre 6 milioni. Ma, al netto della componente demografica, a guidare la ripresa del lavoro post Covid sono soprattutto gli under 35, con il tasso di occupazione che cresce del 5,9% in un anno, seguiti dalla fascia intermedia 35-49 anni con un +2%.

L’altro fattore da tenere in considerazione è che l’aumento degli occupati di ottobre 2021 coinvolge unicamente i dipendenti. Mentre a soffrire sono ancora gli autonomi, che a ottobre perdono altre 9mila unità, pari a 132mila in meno in un anno. Da febbraio 2020 il calo è di 318mila unità.

I contratti a tempo indeterminato, seppure di poco, a ottobre 2021 crescono più di quelli a termine (+25mila contro +20mila). Un segnale, confermato anche dall’ultima analisi di Bankitalia e ministero del Lavoro, che indica probabilmente una ripresa della mobilità del mercato del lavoro, tra il rimbalzo economico e l’aumento delle dimissioni. «In un contesto di forte incertezza i lavoratori, più spesso che in passato, hanno verosimilmente rassegnato dimissioni solo a fronte di prospettiva di nuovo impiego», fanno notare da Via Nazionale.

Ma se si guarda ai 12 mesi che abbiamo alle spalle, è evidente che la ripresa dell’occupazione poggia di fatto sui contratti a tempo determinato. In un anno, si contano 384mila contratti a tempo in più, quasi il triplo dei nuovi contratti stabili, fermi a +137mila. Da febbraio 2020, abbiamo 17mila occupati permanenti in meno e 147mila occupati a termine in più.

A ottobre si registra anche una crescita di 51mila unità tra i disoccupati, ma diminuiscono gli inattivi di 79mila. Segno di una parziale riattivazione di una quota di inattivi, che tornano più o meno ai livelli di febbraio 2020.

Rispetto a ottobre 2020, quando l’Italia entrava nella seconda ondata del Covid, l’Italia oggi conta 390mila posti di lavoro in più. Solo tra agosto e ottobre se ne sono recuperati 142mila, fa notare l’Istat. Che significa 600mila posti aggiuntivi da inizio anno. Ma dopo gli 800mila occupati persi, rispetto a febbraio 2020 mancano all’appello ancora 188mila lavoratori. Molti dei quali, come sembra probabile, sono donne. È la “shecession”, la recessione al femminile, che non si vede nel rimbalzo del Pil.

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