Riforma CapitaleLa ministra Gelmini spiega che lo statuto speciale per Roma si può fare in cinque mesi

«Si tratterebbe in fondo di approvare un testo molto snello, addirittura di un solo articolo, sul quale si è già registrata una larga condivisione delle forze politiche», dice al Messaggero. E sarebbe slegato dall’autonomia chiesta da Zaia

(LaPresse)

Uno statuto speciale per Roma si può fare in cinque mesi. A dirlo al Messaggero, è la ministra degli Affari regionali Mariastella Gelmini. Nella legge di bilancio di quest’anno, intanto, il governo ha già «previsto un fondo di circa un miliardo e mezzo per il Giubileo 2025. È un primo passo e un doveroso segnale di attenzione alla Capitale», spiega. «Poi penseremo anche all’Expo. Questo per quel che riguarda i finanziamenti. Sui poteri abbiamo avviato tre livelli di dialogo: con il Parlamento, dove è stata depositata la relazione della Commissione ministeriale che ho istituito, con il Ministero dell’Economia, per i profili finanziari, e con Regione e Comune, il cui coinvolgimento è ovviamente indispensabile».

Se si passasse da una legge costituzionale, servirebbe però una doppia lettura. Ma i tempi, spiega la ministra, potrebbero essere anche molto brevi. «Si tratterebbe in fondo di approvare un testo molto snello, addirittura di un solo articolo, sul quale si è già registrata una larga condivisione delle forze politiche», dice. «In quattro-cinque mesi si potrebbe arrivare alla definizione del percorso. Ovviamente, la scelta della strada da percorrere è nelle mani del Parlamento».

La ministra però esclude la strada del decreto legge, «sia per il carattere ordinamentale della disciplina, sia perché si tratta dell’attuazione di una norma costituzionale che necessita della massima condivisione parlamentare», precisa. «Peraltro le Camere hanno già svolto un grande lavoro di approfondimento ed è ragionevole pensare che questo possa presto tradursi in un testo di legge. Per poter cominciare a trasferire una serie di funzioni amministrative possono bastare leggi ordinarie, statali o regionali. A questo riguardo ritengo che si possa iniziare sin da ora e raccolgo la disponibilità di Zingaretti, peraltro manifestata anche ieri, a costituire quel tavolo inter-istituzionale di cui avevo parlato durante la mia audizione in Commissione Affari Costituzionali».

Ma la riforma della Capitale non è agganciata all’autonomia che Luca Zaia è tornato a citare nella sua intervista al Corriere. «Non vedo alcuna esigenza di collegare necessariamente l’autonomia differenziata alle norme per Roma Capitale: possono procedere su binari autonomi. Segnalo semplicemente che non il governo, ma alcune proposte di legge all’esame della Commissione affari costituzionali, ipotizzano di utilizzare l’articolo 116 della Costituzione per dare a Roma maggiori poteri. Non voglio metterla sul tecnico, ma si tratta dello stesso articolo invocato anche da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna per avere maggiori poteri. È una delle strade ipotizzate. Certamente non la più semplice. Quanto alle dichiarazioni del presidente Zaia sono lieta che abbia condiviso l’idea della legge quadro e che sia fiducioso del confronto che abbiamo avviato».

Nel disegno ipotizzato dalla commissione creata dalla ministra, «Roma avrebbe un potere derogatorio della legislazione statale e regionale su alcuni delimitati ambiti nei quali far valere le esigenze specifiche del proprio territorio. Senza divenire perciò una regione, sarebbe un Comune con uno statuto speciale come si confà a una capitale e come del resto avviene per tutte le grandi capitali europee».

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