Lo hanno soprannominato il carcere dei suicidi. Qui nel giro di un mese, tra fine ottobre e fine novembre, tre persone si sono tolte la vita dietro le sbarre. Avevano 47, 37 e 36 anni. Uno di loro sarebbe uscito nell’aprile 2023: gli mancava poco più di un anno. «Mentre camminavamo per le sezioni, un ragazzo ha fatto il gesto del cappio al collo», racconta il deputato di Forza Italia Alessandro Cattaneo. Pochi giorni fa, insieme a una delegazione di avvocati delle Camere Penali, ha visitato la casa circondariale di Pavia: «La situazione è seria».
Nel 2021 i suicidi nei penitenziari italiani sono stati 54. A gennaio il conto dei decessi è già a quota otto: uno ogni tre giorni. La pandemia ha accentuato tutte le fragilità delle patrie galere. Un contesto segnato da mille problemi, in cui la rieducazione diventa sempre più difficile. Il dato dei suicidi è clamoroso. Poi c’è una quotidianità fatta di degrado e carenze. Così Pavia diventa l’esempio di un’emergenza che da Nord a Sud coinvolge molti istituti di pena.
A dicembre nel penitenziario lombardo i detenuti hanno organizzato lo sciopero del carrello, rifiutando il cibo per protestare contro le condizioni precarie della prigione. Celle fredde, spazi di socialità inagibili e mancanza di medici. La casa circondariale “Torre del Gallo” di Pavia, 575 ospiti presenti su 518 posti regolamentari, è un luogo «fermo e abbandonato». Lo descrive così, al telefono con Linkiesta, il Garante nazionale delle persone private della libertà Mauro Palma. «Questa è la premessa per situazioni di abbrutimento».
Muffa alle pareti, pioggia dal soffitto. Chi ha visitato la prigione lombarda nelle ultime settimane ha trovato una struttura sporca e fatiscente, a eccezione di un’ala costruita nel 2013. I disagi sono concentrati nel vecchio padiglione dove capita che manchino acqua calda e riscaldamento. «Quando siamo entrati a dicembre – racconta Valeria Verdolini, presidente di Antigone Lombardia – gli incontri dei detenuti con i familiari si svolgevano nei corridoi perché nella sala colloqui piove dal tetto».
Chiusi anche la palestra e il teatro, mentre la cappella è accessibile solo in parte per gravi infiltrazioni. «E pensare che, quando ero sindaco, in questi locali avevamo organizzato il concerto di Ron», racconta Alessandro Cattaneo che ha chiesto più risorse per la struttura e ottenuto la promessa di un sopralluogo del sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto.
Il Covid è l’ultimo dei problemi in ordine di tempo, ma ha evidenziato ancora di più le debolezze del sistema carcerario. Degli otto medici che c’erano a Pavia, oggi ne restano soltanto tre. «A volte è difficile garantire la copertura h24», spiegano da Antigone. Un vaccinatore guadagna più di un dottore che lavora in carcere. Indossare un camice dietro le sbarre non è conveniente, soprattutto in un periodo in cui gli operatori sanitari sono richiesti ovunque. Eppure a Pavia c’è bisogno di assistenza medica. Oltre a un centinaio di detenuti positivi al Covid, il penitenziario gestisce un reparto dedicato a chi ha problemi di salute mentale.
Patologie psichiatriche, tossicodipendenze, malattie comuni. In prigione le fragilità si sommano. Nei mesi scorsi sono stati diversi gli episodi di autolesionismo. Il contesto è delicato, a partire dalla popolazione carceraria. Torre del Gallo ospita una sezione protetta riservata a persone che possono essere oggetto di ritorsioni da parte di altri detenuti. Ma nelle celle pavesi ci sono anche detenuti trasferiti da altri penitenziari per motivi di ordine e sicurezza. Gli operatori raccontano di tensioni e risse. «Meglio lavorare al 41bis», ha confidato un agente durante una visita. La situazione è difficile per tutti: l’organico della Polizia Penitenziaria è sguarnito del 45 per cento, secondo le stime della Uilpa.
Come se non bastasse, chi conosce Torre del Gallo aggiunge un dettaglio non secondario: per diverso tempo nel 2021 è mancata la direttrice. «L’assenza dei dirigenti ha rallentato la vita del carcere, che oggi oscilla tra sciatteria e mancanza di progettualità», spiegano da Antigone. Intanto chi opera dietro le sbarre fa quel che può. Come il cappellano don Dario Crotti che con le parrocchie della città ha avviato una raccolta di generi di prima necessità per i detenuti.
Quello di Pavia è uno degli esempi, spesso ignorati, di un sistema carcerario in grave difficoltà. La ministra della Giustizia Marta Cartabia lo ha riconosciuto parlando in Senato: «Alcune carceri non sono degne del nostro Paese, sono in condizioni indecorose e avvilenti per tutti. Vivere in un ambiente degradato di sicuro non aiuta i detenuti nel delicato percorso di risocializzazione». A Pavia ne sanno qualcosa.