Voto al massacroOggi in Aula va in scena “Carnage”. Tutti contro tutti, in attesa del nome che non c’è

L’elezione del presidente, che è un vortice di litigi tra centrodestra e centrosinistra e anche all’interno dei due schieramenti, sembra la commedia di Yasmina Reza. Ma, per ora, molto colore per nulla

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Sul Quirinale per ora è un gioco al massacro. “Carnage”, ricordate il film di Roman Polanski? Ecco, quello. In quel film, che era poi tratto da una fortunata commedia di Yasmina Reza portata anche nei teatri italiani, due coppie si incontrano per chiarire civilmente una questione (i figli avevano fatto a botte) e minuto dopo minuto, come attratti in un vortice di guerra umana, litigano tra di loro e all’interno delle due coppie, in un tutti contro tutti dove la ragione non è di nessuno e nemmeno il torto.
Questa è la commedia che dovrebbero mettere in scena oggi a Montecitorio, dove si apre senza solennità e senza concordia la sarabanda delle votazioni per eleggere il nuovo presidente della Repubblica, perfetto esempio di teatro nel teatro: in Aula, a scaglioni di 200, a far finta di scegliere (un’ondata di schede bianche travolgerà lo scranno di Roberto Fico), e fuori a tenere conciliaboli e tessere trame, il tutto con i giornalisti nel cortile, visto che il Transatlantico è di nuovo “un pezzo” dell’Aula, coperto da un telo come nel “Giardino dei ciliegi” di Giorgio Strehler e riscaldato da forti stufe, con il set per le tv allestito al quarto piano nella grande sala della Commissione Bilancio che questi giorni sarà come il teatro 5 di Cinecittà, riflettori, microfoni, schermi, un po’ di cipria per le giornaliste (e i giornalisti).
“Carnage”, dunque: con le coppie centrodestra e centrosinistra che non dialogano e anzi litigano pure al proprio interno, un cosa che, se nei dintorni del Pd è prassi costante, per i sovranisti e i forzisti è una novità, perlomeno in queste dimensioni: Salvini contro Meloni, Meloni contro Berlusconi, Berlusconi contro tutti.
In questo quadro è certo che le prime tre votazioni daranno fumata nera in attesa di “rose” di nomi. Magari gli analisti si sbizzarriranno nel fare qualche conto e i burloni si divertiranno a contare le schede con voti per calciatori e cantanti (a nostra memoria, nulla può arrivare alla scheda con su scritto “Lucullo”, era il 1978, presiedeva Sandro Pertini): molto colore per nulla, parafrasando il Bardo.
Dopo la ritirata poco strategica del Cavaliere tutto si è impantanato e infatti si gioca ancora a carte coperte con le schede bianche. Ma il dramma è che nessuno sembra avere la carta buona. I veti reciproci del Pd contro una candidatura di area di destra e della destra su una candidatura di area Pd bloccano tutto, in attesa che “maturi”, come dicono quelli esperti, una soluzione in qualche modo di centro (Pier Ferdinando Casini è ben messo, poi Giuliano Amato, mentre il nome autorevole di Andrea Riccardi pare già bruciato) o si ritorni più avanti su un Mario Draghi che comunque, se salirà al Colle, lo farà più per disperazione che per incoronazione, sempre che nel frattempo si sia trovato un accordone per il nuovo governo. Per il momento si odiano tutti, mai vista una roba così, giusto a teatro.