Il 55% sui 61,4 miliardi assegnati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza al ministero delle Infrastrutture andrà al Mezzogiorno. Lo dice il ministro Enrico Giovannini al Messaggero, rispondendo alle richieste di chiarimento arrivate dopo un’inchiesta del quotidiano romano sulla distribuzione dei fondi tra Nord e Sud. «E se si considerano solo i nuovi investimenti, perché una parte dei progetti inseriti nel Pnrr era già esistente, si arriva al 64%», aggiunge Giovannini, anticipando che nei prossimi giorni verrà affidato anche lo studio di fattibilità per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina.
Uno dei pilastri degli investimenti del governo per il Mezzogiorno è l’Alta velocità Salerno-Reggio Calabria, finanziata con il Fondo complementare. Giovannini spiega che «fare la Salerno-Reggio è stata una scelta di questo governo. Se l’avessimo inserita tutta nel Pnrr saremmo stati dei folli perché è impossibile ultimarla nei tempi previsti: per questo, sono inseriti solo i lotti realizzabili e resi fruibili entro il 2026, ma ci sono quasi 10 miliardi sul bilancio dello Stato per proseguire l’opera oltre tale data».
Il progetto, per un costo complessivo di 22 miliardi, è stato da più parti criticato come troppo caro. Ma il ministro risponde: «Anche quando si è realizzata l’Alta velocità al Centro-Nord c’era chi parlava di opera faraonica e di spreco di risorse pubbliche. E invece ha cambiato la vita a milioni di persone. D’altra parte, perché i cittadini del Sud non dovrebbero avere le stesse opportunità degli altri? Mi faccia aggiungere che ci sono molti altri fondi per le ferrovie regionali del Sud, proprio per connetterle ai nodi dell’Alta Velocità».
L’investimento, dice Giovannini, ha senso anche senza il Ponte di Messina, «perché intanto porta questo servizio a sei milioni di persone nel Sud. Quanto al Ponte sullo Stretto è una questione storica da affrontare in modo pragmatico. Stiamo per affidare l’incarico per lo studio di fattibilità tecnico-economica».
Lo studio «servirà proprio per valutare le diverse soluzioni, compresa l’opzione-zero come ci ha chiesto il Parlamento. Il progetto esistente per la campata unica va in ogni caso aggiornato, sia per le nuove normative tecniche sia perché l’ipotesi di project financing non regge in relazione alle previsioni di traffico».
Al ministero delle Infrastrutture e mobilità sostenibili di Giovannini è stata anche affidata la Ricognizione per la perequazione infrastrutturale. «Abbiamo rispettato i tempi e consegnato il nostro lavoro entro il 30 novembre», dice il ministro. «Adesso si deve valutare come utilizzare i dati raccolti. Per esempio, si può utilizzare un parametro per così dire fisico, e cioè quanti chilometri di binari o di strade esistono in ogni territorio, oppure uno che tenga conto dell’accessibilità, magari misurata in tempi necessari per arrivare a una stazione ad Alta velocità, come ci suggerisce un lavoro della Banca d’Italia. In ogni caso sarà importante coordinare i diversi interventi in campo: Pnrr, Perequazione, Fondi europei e lo stesso Fondo di sviluppo e coesione (Fsc), temi sui quali nei mesi scorsi ho incontrato tutti i presidenti delle Regioni e delle Province autonome».
Occorre ora «fare un censimento delle loro esigenze specifiche. Poi ci sono opere, come le strade, che non sono consentite dal Pnrr, ma che in taluni casi sono necessarie. L’intenzione è quella di anticipare l’utilizzo di una parte dei fondi Fsc, cui si sommeranno quelli per investimenti nel nostro settore di competenza definiti dalla legge di Bilancio: si tratta di circa 40 miliardi, una cifra molto importante anche se passata quasi inosservata sulla stampa».