Ristorazione È di nuovo crisi

Locali aperti ma deserti, mancanza di ristori e di sostegno stanno mettendo nuovamente in ginocchio un comparto. In una lettera al Presidente del Consiglio il settore dell’ospitalità denuncia la nuova ondata di preoccupazione e propone possibili soluzioni

La lettera che il settore della ristorazione e dell’ospitalità ha indirizzato alle massime autorità dello Stato è un nuovo grido d’allarme dopo due mesi di fermo: da dicembre il comparto che più di ogni altro era ripartito con slancio e stava davvero tornando alla situazione pre-pandemica è ripiombato in una crisi che deve essere risolta in modo sistemico e non emergenziale.

Quello che denunciano gestori di bar, ristoranti e locali è «un lockdown a porte aperte: niente di obbligato, niente di pianificato ma a tutti gli effetti rimaniamo aperti con il deserto intorno. Come sempre siamo sensibili alla questione sanitaria, sulla quale non si discute e siamo i primi ad attuare ogni protocollo e ogni precauzione possibile per il bene comune. Ma dopo quasi due anni la situazione è insostenibile per il nostro settore: ad un calo continuo ed inarrestabile di fatturato si contrappone una crescita che arriva al 400% delle bollette di energia e gas, il costo del lavoro invariato e senza alcuna flessibilità, le spese fisse in continuo aumento nonché l’imposizione fiscale che nel mese scorso ha costretto al rientro dalle sospensioni dei lockdown precedenti, senza alcuna dilazione».

E per far sopravvivere il settore, evitando o almeno limitando il più possibile infiltrazioni malavitose suggeriscono al governo azioni straordinarie e mirate: «Credito di imposta per gli affitti, applicabile direttamente al locatore in sconto al canone applicato. Rinnovo della Cassa Integrazione, per far fronte correttamente al drastico calo di lavoro del periodo. Intervento sulle bollette, è necessario calmierare i prezzi e attuare una campagna di contributi per il rinnovo energetico delle attrezzature. Dilazione delle imposte: sospensione temporanea delle imposte per permettere il minimo cash flow delle aziende e dilazione delle somme dovute e sospese, in relazione alle capacità di impresa, tra 5 e 10 anni».

Il punto su cui riflettere al più presto e su cui incanalare tutti gli sforzi è quello che riguarda il contratto di lavoro: serve – soprattutto in questo settore dove il lavoro c’è ma è anomalo rispetto a schemi canonici – che sia più snello e dinamico, serve ridurre il costo del lavoro e bisogna favorire realmente la formazione e l’inserimento, perché questo settore sia davvero di aiuto per la ripresa, come sottolinea in chiusura la lettera: «L’imprenditore avvia un’azienda per assumere, lavorare, creare utili e pagare le imposte, non per chiedere l’elemosina e licenziare. Siamo imprenditori, fateci fare il nostro lavoro, per il bene di tutti».

E a fronte di una richiesta così circostanziata e unitaria, ci sono anche altre modalità meno istituzionali ma altrettanto efficaci, come quella messa in atto da Andrea Graziano, imprenditore siciliano con all’attivo un brand di grande valore nel mondo della panineria, noto per la sua verve ironica che questa volta compare su Instagram e mette in luce un altro problema che sta pensando sul settore, quello della crescita del costo dell’energia: «Un panino ad alta tensione: per Fud un rincaro del 150% nelle bollette dell’energia elettrica. Vale veramente la pena fare l’imprenditore, vivendo di frustrazioni e di senso di impotenza o è più semplice cedere alle lusinghe del tanto criticato sussidio di cittadinanza? A voi l’ardua sentenza».