L’ultimo giorno della settimana lavorativa porta con sé quella sensazione di libertà che si inizia ad assaporare verso l’ora di pranzo, quando abbiamo ancora qualche cosetta da sbrigare ma siamo ormai in dirittura d’arrivo. Ma si fanno anche un po’ di bilanci di ciò che si è vissuto, se è stata una settimana speciale e se qualche attimo si è rivelato illuminante.
Noi per esempio ripensiamo a una cena, che come sempre è l’occasione di provare un ristorante ma anche di ragionare sulle cose del cibo. In questo caso siamo stati a Verona, a casa di chef Saimir Xhaxhaj e del maître e sommelier Luca Peretti. La Canonica è un locale di tono, in centro città, curato nei dettagli e con una predisposizione naturale all’accoglienza. Ma è nei piatti e nei calici che si svela un piacevolissimo gioco che fa interagire ospite e staff in un susseguirsi di piatti davvero unici come impostazione, pensiero, ingredienti e abbinamenti.
Nulla è come sembra, e nulla è già visto o scontato. Spesso Peretti porta a tavola piatti e gioca sui non detti, ammicca, annuisce, e quasi sempre vi lascia con un dubbio su ciò che state per assaggiare. I nomi di fantasia sono sempre azzeccati, ma è nella scelta e nella consistenza degli alimenti che sarete completamente spiazzati, anche con un palato allenato. Percepirete assonanze, vi farete un’idea, ma nella maggior parte dei casi sbaglierete e vi troverete a sorridere per la vostra poca dimestichezza con un’attività su cui tutti invece ci consideriamo abilissimi: riconoscere ciò che stiamo mangiando. Qui, tra un “Anima e…” e un “Eri bellissima”, tra un “Mettitelo bene in testa” e un “Cristo velato” vi sentirete destabilizzati e scoprirete quanto poco il vostro palato è allenato se la vista e le consistenze sono diverse da quelle a cui siete abituati.
La cucina di Saimir è totalmente fuori schema, e gli abbinamenti arditi con i fermentati di Peretti fanno il resto. Vi piacerà tutto? Probabilmente no. Ma essere aperti a questa sperimentazione è un modo di guardare una cucina finalmente diversa, che gioca in un campionato non canonico, e che finalmente rende giustizia a quell’espressione ritrita di cui in troppi si fregiano. Qui si viene davvero per vivere un’esperienza, che accidentalmente c’entra anche con il cibo. Ma prima di tutto è un’avventura del palato, della mente e dell’ingegno. È un bel gioco gastronomico che mette in competizione voi e il vostro senso del gusto. Scommettiamo che alla fine del dessert non potrete credere ai vostri sensi?