Una poltrona per quattroLa complicata corsa per la presidenza del Parlamento europeo

La favorita è la maltese Roberta Metsola ma per vincere non le basteranno i voti del Partito popolare europeo. I socialisti non hanno un candidato ma non si sentono più obbligati a votare per la candidata del Ppe dopo il mancato equilibrio nella spartizione delle cariche. A decidere l’esito potrebbero essere i Non-Iscritti a cui appartengono i cinquestelle

AP/Lapresse

Martedì 18 gennaio il Parlamento europeo sceglierà il suo prossimo presidente dopo la recente scomparsa di David Sassoli. La successione sarebbe comunque avvenuta, visto che Sassoli aveva già annunciato il suo ritiro da un’eventuale ricandidatura per non alimentare ulteriori polemiche tra i Socialisti e i Popolari, partiti dai quali provenivano la maggioranza dei suoi 345 Grandi Elettori nel 2019. Il patto che aveva portato alla sua elezione adesso è in crisi e la prevista alternanza tra Ppe e Pse alla guida di alcune istituzioni europee, pratica usuale quando si arriva a metà legislatura, rischia di saltare.

I socialisti si sentono traditi. A loro dire l’accordo del 2019 non ha più ragione di esistere da quando il ministeo delle finanze irlandese ed esponente dei Popolari Pascal Donohoe ha ottenuto la guida dell’Ecofin, superando al fotofinish la socialista spagnola Nadia Calviño, che doveva assumerne il comando. Secondo i socialisti, in questo modo, è venuta meno la spartizione dei posti decisa tra i due gruppi.

Per questo motivo quando i Popolari hanno proposto Roberta Metsola, prima vicepresidente del Parlamento europeo, come candidata alla guida, i Socialisti hanno provato a spingere per il bis di Sassoli. L’ex presidente però, intuendo il rischio di dividere l’emiciclo, ha preferito passare. Il Partito Socialista europeo è così rimasto in mezzo al guado, senza un proprio candidato né tanto meno un profilo altrui da sostenere. Continua infatti a lasciare più di qualche dubbio la candidata dei Popolari che presiede temporaneamente l’Aula.

Come avevamo già raccontato su Linkiesta, ciò che non convince di Metsola sono soprattutto le sue convinte posizioni antiabortiste per le quali ha difeso il primato del diritto di Malta, unico Paese europeo dove è ancora illegale interrompere la gravidanza, rispetto a quello del Continente. Una posizione controversa per una donna la cui storia racconta di una sincera e convinta adesione ai valori europei, professati sia nelle istituzioni comunitarie che nel proprio Paese, dove è stata tra le principali sostenitrici dell’adesione di La Valletta a Bruxelles. Nonostante i forti dubbi però la sua candidatura potrebbe alla fine convincere sia i Socialisti che i Liberali a puntare su di lei, facendola diventare la terza donna alla guida dell’Eurocamera, dopo Simone Veil e Nicole Fontaine.

Gli outsider
Le sorprese rischiano però di non mancare. L’elezione, infatti, non è così scontata: accanto a Metsola altre famiglie politiche europee sono infatti intenzionate a proporre candidati alternativi che potrebbero ottenere risultati inaspettati. Questo sembra proprio il caso di Alice Bah Kuhnke, classe 1971 ed europarlamentare svedese dei Verdi.

Il profilo sembra perfetto per convincere più di qualche scettico a sinistra: gambiana per parte di padre, Kuhnke è stata direttrice generale per l’Agenzia svedese per la gioventù e la società civile e ministra della Cultura a Stoccolma, prima di diventare europarlamentare nel 2019. La scelta migliore, soprattutto per coloro che non dovessero essere convinti da Metsola. «Ho deciso di candidarmi sapendo che l’eredità di David Sassoli di sostegno alla democrazia parlamentare filoeuropea deve essere rispettata e deve durare», ha dichiarato Kuhnke in una nota.

Se venisse eletta le sue priorità sarebbero chiare. «Noi del gruppo Verts/ALE rappresentiamo un’Europa femminista, sostenibile e democratica e invitiamo tutti i deputati a sostenere questi principi. La crisi climatica è troppo urgente, la minaccia alla biodiversità, alle nostre foreste e agli oceani è troppo grave per non agire ora».

La decisione dei Verdi di candidare Kuhnke può così sparigliare le carte, visto che molti partiti europei sono proprio alla ricerca di una figura femminile a cui affidarsi. Per questo non è da escludere un eventuale sostegno di Socialisti e Liberali che difatti lascerebbe Metsola in minoranza, visto che i 72 voti degli ambientalisti sommati ai 145 del PS e ai 100 di Renew Europe porterebbero i voti di Kuhnke a quota 317, a un passo dall’elezione alla quarta e ultima chiama, dove vince chi ottiene la maggioranza semplice. Sembra infatti al momento improbabile un’elezione nei primi tre scrutini, dove serve la maggioranza assoluta dell’Aula.

A decidere l’esito potrebbero essere perciò i Non-Iscritti, il “Gruppo Misto di Bruxelles” che conta 38 membri e dove un ruolo importante lo hanno i Cinque Stelle, che possono contare su nove eurodeputati. Un eventuale appoggio a Metsola dopo la prima chiama potrebbe però arrivare anche dal gruppo dei Conservatori e Riformisti europei, partito europeo al quale è iscritto anche Fratelli d’Italia, che a queste elezioni hanno comunque presentato un loro candidato di bandiera, il polacco Kosma Zlotowski del partito Diritto e Giustizia (PiS). «Non pretendo di avere una facile possibilità di vincere questa elezione, ma di certo non starò a guardare mentre la leadership di questa istituzione fa la sua parte nella disintegrazione dell’Unione europea», ha dichiarato Zlotowski, al suo terzo mandato da europarlamentare dopo le precedenti esperienze del 1997-2001 e del 2014-2019.

Se venisse eletto sarebbero tre le sue priorità: migliorare il mercato unico; gestire meglio la crisi migratoria e far fronte all’aumento dei prezzi dell’energia. Un tema questo ultimo su cui si batte anche Sira Rego, candidata della Sinistra GUE/NGL alla presidenza del Parlamento europeo. Le posizioni, ovviamente, sono molto diverse da quelle di Zlotowski come testimonia un altro tema comune, quello delle migrazioni.

In un’intervista sul Manifesto di giugno 2021 Rego evidenziava come sia «stato appurato che Frontex sia un partner nella politica di respingimenti e violazioni dei diritti umani alle frontiere, senza però che si sia determinato il grado di coinvolgimento dell’agenzia in tali pratiche». Tutti temi che la candidata presenterà all’Europarlamento per la sua elezione, «visto che affrontiamo un momento difficile con la crisi ecosociale e la guerra dell’estrema destra ai diritti umani. Per questo credo sia necessario una risposta collettiva e un cambiamento nelle istituzioni europee e nel modello di governance dell’Unione», ha dichiarato la candidata in un video di presentazione diffuso sui suoi canali social. La scelta adesso tocca ai parlamentari europei, i Grandi Elettori di questa votazione.