Il Colle della criticaIl Quirinale confina con Sanremo, qui rischiamo la diretta infinita

Già sfiancati dalle maratone televisive e da quelle su Twitter, prima ancora dell’inizio del Festival. Forse è il caso di eleggere Morandi per acclamazione, di regalare una prima serata al duo comico Mentana-Mastella e poi finalmente di cambiare canale

Matteo Rasero/LaPresse

E quindi, in questo venerdì che da tradizione sanremese è quello dei duetti, chi sono gli ospiti nel varietà Quirinale? È vero che Casini ha cambiato fidanzata scegliendone una più presentabile come first lady? (Se lo eleggono, questo oltraggio al capo dello Stato si autodistruggerà). E, se la progressione dei voti continua così (da 39 a 166 in tre giorni), vincerà Mattarella pur essendosi ritirato dalla gara? (Non credo fosse mai successo, in tanti gloriosi anni di repubblica sanremese).

E il premio della critica? Quello si prende nella serata dei duetti, lo sanno tutti: Sanremo non lo vinci (moralmente) con la canzone che porti in gara, lo vinci (moralmente, e a volte anche materialmente) con la cover che fai con l’ospite. Sanremo lo vinci quando l’elettorato fa la cosa che più ama fare: salire in piedi sul divano a squarciagolare canzoni note, le novità non interessano a nessuno (forse solo ai direttori delle filiali bancarie in cui hanno il conto i cantanti).

Quindi, il Quirinale sanremese si vince o si perde oggi. Mentre, là fuori, il quarto giorno sembra il quarantesimo. Certo che l’elezione di Pertini ne durò dieci, ma avete presente cosa sono dieci giorni di social compilati da gente che fino alla Zan non sapeva esistesse il voto segreto? Ieri, la generazione «nun sape mai nu cazz’» ha scoperto che – scandalo, indignazione, era pure donna ma non puoi mai fidarti – Elisabetta Belloni è la direttrice (la generazione in oggetto, non sapendo un cazzo e quindi neanche l’italiano, direbbe: direttora) del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. Praticamente la Judi Dench di 007, la capa dei servizi segreti in Casinò Royale o in Skyfall.

Non si può mettere la capa dei servizi segreti a capo dello stato, cosa siamo, terzo mondo, si sa che il capo dello stato dev’essere all’oscuro dei fatti nostri e mica a fare il discorso di fine anno possiamo mandare qualcuno che abbia letto i miei WhatsApp, con tutte le cosacce che dico in privato, non vorrei me le rinfacciasse mentre sono davanti allo zampone con le lenticchie.

Quando passa di lì un adulto, e fa notare alla generazione nun sape mai nu cazz’ che in Italia i servizi segreti li comanda il presidente del consiglio, cioè un certo Mario Draghi alla cui elezione alla presidenza della repubblica essa generazione non ha mai obiettato se non nei ficcanti termini di «un altro maschio bianco etero», l’adulto viene accusato di cavillare. Se posso rubare la reazione proprio alla M di Bond: Cristo, come mi manca la guerra fredda.

Ma quindi chi vince, m’hanno chiesto l’altra sera alla radio. Se la tirano abbastanza in lungo – l’ho buttata in vacca come mio solito – a ottobre compio cinquant’anni, requisito anagrafico minimo per l’eleggibilità. Un brivido, e non era per l’ipotesi d’un mio discorso di fine anno, né per il mio tentativo di battere in mitomania i Mattei: Salvini, che va a citofonare a Cassese neanche fosse un abitante del Pilastro; e Renzi, che dice che Salvini c’è andato perché i cd di Cassese glieli ha imprestati lui dicendogli che aveva dei pezzi fortissimi (prego i renziani, assai più suscettibili per interposta fandom dei salviniani, di non insultarmi: l’appropriazione culturale renziana l’ha riportata su Twitter Stefano Cappellini di Repubblica, io come sempre ho copiato i compiti).

Era perché, per arrivare a ottobre, bisogna che questa elezione duri oltre lunedì. E, se non si risolve entro lunedì mattina, voi avete già capito cosa significa, e come me già tremate. Significa una sovrapposizione tra Quirinale e Ariston, i due edifici più istituzionali di questo povero paese.

Significa che alle abituali sette ore al giorno di tv (le cinque di concorso serale sanremese, e le due di relativa conferenza stampa: queste ultime imperdibilissime), il povero elettorato deve aggiungerne altre cinque di diretta di Mentana, minimo.

(Intermezzo. Ieri Mastella ha detto «Sono tifoso del Napoli, per me questa è Maradona Mentana». Mentana ha risposto: «Sono la parte viva». Non possiamo alzare un po’ il livello della tv dando una prima serata a questi due, al posto d’uno qualunque dei talk con pretese di serietà attualmente in onda?).

La temibile sovrapposizione, dicevo. La si potrebbe risolvere, non vorrei ripetermi, solo eleggendo martedì sera, in diretta dal festival, Gianni Morandi per acclamazione. Tra l’altro, io mi sentirei tranquillissima anche se leggesse i miei WhatsApp: che impressione vuoi che gli facciano, a Gianni che non si lascia spaventare neanche dai commentatori di Facebook. Ed è figura più unitaria di Casini, che alla terza dose di vaccino s’è instagrammato con una maglietta antiFortitudo che gli ha alienato mezza Bologna.

Oltretutto il peggio non è scongiurabile. E il peggio, lo sappiamo tutti, sono le domande dei giornalisti delle pagine degli spettacoli. Che si riesca a eleggere qualcuno oggi grazie ai duetti, o la settimana prossima in pieno festival, comunque ci toccherà un numero infinito di «Amadeus, puoi dirci cosa pensi del nuovo capo dello Stato?». Suggerirei al conduttore di Sanremo di rispondere «una figura di altissimo profilo»: potrebbe essere l’unica volta in cui non si offende nessuno. (Mi raccomando, Amadeus: se eleggono una donna, non dica niente sui passi indietro. Siamo una repubblica sfiancata dalle dirette televisive: anche la polemica sessista non ce la possiamo fare. Grazie, gentilissimo).

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