O Mattarella o il caosUn altro successo della scheda bianca e il conclave per sbloccare lo stallo

Il centrodestra punta a far eleggere alla quarta votazione uno dei nomi della sua rosa. Il tandem Letta-Conte non ha una contromossa convincente. Salvini prova a farsi valere. E il risultato è un governo sempre più fragile

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Come diceva Pietro Nenni appena liberata l’Italia? «O la Costituente o il caos». Ecco, oggi si potrebbe dire: o Mattarella o il caos. A meno che non si trovi un compromesso – ma quale? – la politica infatti non riesce a trovare il bandolo della matassa e addirittura il secondo giorno di votazione è andato peggio del primo, al punto che ieri nel Palazzo il nome dell’attuale presidente della Repubblica è stato pronunciato nei corridoi centinaia di volte (e anche raccolto 39 voti in una seduta che ha di nuovo partorito scheda bianca), Draghi invece è sparito dai radar, in attesa che i partiti si scornino per tornare eventualmente come salvatore della Patria ma è consapevole che essere eletto alla grande, magari alla prima votazione, è un conto mentre essere il salvagente della politica è ben altro: e quest’ultima circostanza non si attaglia certo alla sua caratura e al suo standing.

La sostanza è che il quadro politico ieri si è ancora infragilito tanto che un rischio da mettere in conto è che il governo potrebbe non reggere uno scontro epocale tra le forze politiche della maggioranza: ecco perché il nome di Mattarella viene evocato come l’unico in grado di unire il Parlamento scongiurando così lo scivolamento verso le urne. Reggono questi due nomi, Mattarella e Draghi, come possibili soluzioni unitarie. Anche Pierferdinando Casini sembra perdere terreno, mentre è stato impallinato in mattinata da Matteo Renzi e Lia Quartapelle il filorusso Franco Frattini.

Va detto che una destra arrembante sembra avere più filo da tessere e malgrado l’evidente insufficienza della sua rosa di candidati (Carlo Nordio, Letizia Moratti e Marcello Pera), rigettata dal centrosinistra dietro un velo di cortesia, è ancora Matteo Salvini il dominus della situazione. 

Ma, attenzione, il Salvini che sta vestendo i panni del grande mediatore in realtà lavora per la sua parte a testa bassa: appare insomma come un Salvini melonizzato ed è forse l’esito più controverso della caduta di Silvio Berlusconi, il portato più inquietante del crollo del Cavaliere, la torsione meno desiderata dai sostenitori sinceri del governo Draghi, perché è chiaro che un Salvini così prima o poi finirà con strappare la già fragile tela stesa sull’esecutivo di SuperMario. 

Di fronte alla destra che forse punta a stravincere portando alla quarta votazione Elisabetta Casellati, l’ex avvocato di Berlusconi ai bei tempi di Ruby Rubacuori (contando su possibili voti del Movimento 5 stelle che, non dimentichiamolo, la votò come presidente del Senato in parallelo alla elezione di Roberto Fico alla Camera), di fronte a questa destra – dicevamo – il tandem Letta-Conte funziona e non funziona e di fatto sembra privo di una contromossa convincente. Letta, sempre più in difficoltà perché probabilmente ha sottovalutato l’aggressività di Salvini, in serata ha proposto la disfida di Barletta sotto forma di mega-incontro fra «delegazioni ristrette» fino a che non esca una proposta condivisa («Si butta la chiave fino a che non si trova una soluzione»), un metodo strano perché in sostanza si tratterebbe di ripartire da zero, come se nulla fosse accaduto. 

Vedremo quello che succederà oggi, se cioè verrà realmente fissato questo conclave, cioè l’incontro tra tutti i partiti (dando per scontato che ci sarà la terza vittoria della scheda bianca), capiremo se la destra realmente manderà in campo la Casellati. Soprattutto bisognerà appurare se il centrosinistra ha qualche idea sul da farsi e se l’asse Letta-Conte regge. Tante incognite mentre il Paese assiste con qualche smarrimento. Chissà cosa ne penserà Sergio Mattarella

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