Democrazia zeroL’autoritarismo di Erdoğan rende impossibile l’ingresso della Turchia nell’Ue

Il Sultano avrebbe tra gli obiettivi strategici della sua presidenza l’adesione ai Trattati, come ha dichiarato in più occasioni. Ma il mancato rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali per i suoi cittadini allontanano Ankara da Bruxelles. I casi recenti della giornalista Sedef Kabas e del filantropo Osman Kavala sono solo l’ultima prova

Ap/Lapresse

Dopo più di un anno di tensioni tra l’Unione europea e la Turchia la situazione nel Mediterraneo sembra essersi stabilizzata, ma i rapporti tra Bruxelles e Ankara sono ancora tesi. Nelle ultime settimane il presidente turco ha lanciato diversi messaggi – più o meno diretti – all’Unione, continuando ad allontanare il suo Paese da quell’adesione ai 27 che Erdogan ha comunque definito uno degli «obiettivi strategici» della sua presidenza.

L’arresto di Kabas
Alcuni giorni fa è arrivata la notizia dell’arresto della giornalista turca Sedef Kabas, accusata di aver insultato il presidente della Repubblica. «C’è un proverbio molto famoso», ha detto la reporter durante un programma trasmesso dall’emittente privata Tele1, «che dice che la testa coronata diventa più saggia. Ma ora vediamo che non è vero. Il bue non diventa re entrando nel palazzo, ma il palazzo diventa una stalla».

Questa affermazione, chiaramente riferita al presidente, è costata alla giornalista la sua libertà. Kabas è stata prelevata la notte di sabato dalla sua abitazione e posta in custodia cautelare nel carcere femminile del quartiere Bakirkoy, a Istanbul. La reporter rischia adesso una pena detentiva che va da uno a quattro anni per vilipendio, un’accusa molto spesso utilizzata per mettere a tacere le voci critiche nei confronti del presidente Erdogan. Secondo la Reuters, infatti, solo nel 2020 sono state aperte più di 31mila indagini per offese all’onore e al prestigio del capo di Stato turco.

Kabas d’altronde non è la prima giornalista ad essere arrestata per aver osato criticare il presidente o i centri di potere del Paese. Secondo un rapporto preparato dal Chp, il maggior partito di opposizione turca, nel 2021 almeno 31 giornalisti sono stati arrestati mentre svolgevano il proprio lavoro e 105 hanno subito violenza o minacce.

Ad oggi, stando ai dati del portale indipendente turco finanziato dall’Unione europea Expression Interrupted, sono 58 i giornalisti detenuti nelle carceri turche. Il trattamento riservato ai reporter dal governo è da anni al centro delle critiche della Corte di giustizia Ue (Cedu), che in diverse occasioni ha anche sottolineato l’esistenza di gravi e diffusi problemi di rispetto dei diritti umani nell’ordinamento turco.

I giudici della Corte di Strasburgo si sono soffermati soprattutto sulla mancanza di libertà di espressione del dissenso, oltre che della più generale libertà di opinione, rilevando così un problema di assenza di tutele ritenute fondamentali in uno stato democratico.

Il caso Osman Kavala
Ma le parole dei giudici di Strasburgo sembrano avere ben poco peso in Turchia, come dimostra il caso di Osman Kavala. A metà gennaio i giudici della 13esima sezione penale del tribunale di Istanbul hanno riconfermato l’arresto del filantropo turco, che si trova ancora agli arresti in attesa di giudizio nonostante la richiesta di scarcerazione presentata già a dicembre del 2019 dalla Corte europea.

Secondo la Cedu non ci sono prove sufficienti per giustificare l’arresto di Kavala, che sta dunque subendo una violazione del diritto alla libertà e alla sicurezza, entrambi garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

A causa del mancato rispetto da parte della Turchia della sentenza della Cedu, il Consiglio d’Europa aveva già notificato nei mesi passati l’intenzione di aprire una procedura di infrazione contro Ankara, ma le minacce non hanno sortito ad oggi alcun effetto. La Turchia ha ancora tempo fino al 2 febbraio per giustificare la decisione di prolungare la detenzione di Kavala, ma l’ultimatum non sembra destare particolare preoccupazione.

L’adesione all’Unione europea
Vicende giudiziarie come quelle che vedono coinvolti Kavala e Kabas evidenziano una volta di più la mancanza di una reale tutela dei diritti di espressione dei cittadini turchi. Elemento fondamentale per una democrazia, e la cui assenza sottolinea la distanza tra la Turchia e gli Stati europei (seppur con alcune eccezioni). Tutto ciò rende sempre più difficile l’adesione del Paese anatolico all’Unione europea, tema su cui Erdogan continua ad avere una posizione ambigua per ragioni politiche.

Dopo mesi di silenzio, il presidente è tornato sull’argomento a gennaio in occasione dell’incontro con gli ambasciatori dei Paesi membri, affermando che l’ingresso nell’Unione rimane «uno dei principali obiettivi strategici della Turchia».

Tuttavia, secondo Erdogan, Ankara deve fare i conti con i «sabotaggi» della Grecia e dei suoi alleati nel processo di integrazione europea. «La nostra speranza è che l’Europa abbandoni i giochetti degli ultimi anni e agisca in maniera più coraggiosa per sviluppare le relazioni con la Turchia», ha detto Erdogan. «La prospettiva di una strategia comune a lungo termine vale molto di più di paure e pregiudizi».

Il ricatto dei migranti
In questa strategia si inserisce anche la questione dei migranti. La Turchia ospita sul suo territorio quasi 4 milioni di profughi provenienti prevalentemente dalla Siria e continua a usare la loro presenza come strumento di ricatto nei confronti di Bruxelles.

«Senza l’azione della Turchia», ha ricordato il presidente turco, «oggi Europa e Siria vivrebbero una situazione totalmente diversa e la crisi migratoria sarebbe molto più profonda, ci sarebbe più terrorismo e instabilità».

Secondo Erdogan, però, l’Unione non ha ricompensato adeguatamente la Turchia, che chiede un contributo economico maggiore per continuare a mantenere i migranti fermi nel Paese. La minaccia di aprire le frontiere ha permesso tra l’altro alla Turchia di agire indisturbata nel Mediterraneo, con un conseguente deterioramento dei rapporti con la Grecia. Che si sente sempre più minacciata anche dall’espansionismo turco nei Balcani.

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