Gondole KosherViaggio nella cucina ebraico-veneziana, tra salame d’oca e sarde in saòr

Venezia non è solo la città dei bacari, qui la tradizione gastronomica lagunare e quella giudaica convivono e si influenzano dal XVI secolo. Cucina kosher, specialità a base di oca, sfoieti e buriche. Oltre a sarde in saor e bigoli in salsa, il ghetto ebraico stupisce con prelibatezze figlie del fortunato connubio tra le due culture

Non solo spritz, cicchetti e tramezzini imbottiti. Forse non è la cucina la principale attrattiva di una città come Venezia, unicum nell’immaginario mondiale per storia, cultura e architettura. È dunque facile, quando si visita un luogo così magico, occuparsi di nutrire la mente con l’arte e la bellezza e accontentarsi di approvvigionare il corpo con pasti mordi e fuggi, sposando peraltro a pieno l’autentico spirito lagunare (vedi alla voce “Bacaro Tour”, ovvero il rito di girovagare per osterie consumando polpette o crostoni di pane conditi insieme a un bicchiere di vino). Un racconto più approfondito della città non può tuttavia prescindere dalla conoscenza della sua tradizione gastronomica, e per ragioni storiche quella lagunare è strettamente legata a quella giudaica.

I primi ebrei arrivarono nella laguna nel XVI secolo. Nel 1516 la Repubblica Serenissima li relegò nel quartiere delle fonderie: la parola “ghetto” nacque proprio a Venezia (“geto” in dialetto significava appunto “gettata di metallo fuso”, trasformata poi in “gheto” dai primi ebrei tedeschi che vi si insediarono). Oggi il quartiere è uno dei più vivaci e caratteristici della città. Abitato ancora da alcune famiglie ebraiche, ospita Sinagoghe, un museo, istituzioni culturali e spazi utilizzati dalla Comunità, alcune botteghe e un forno che propone dolci della tradizione.

La cucina giudaica di Venezia è una delle più interessanti e caratteristiche del mondo grazie alla contaminazione tra i flussi migratori che popolarono il ghetto dal 1200 in poi e al reciproco scambio con la cultura locale del territorio. Ne parla approfonditamente Umberto Fortis nel suo saggio “La cucina ebraica a Venezia: ieri e oggi”, che racconta come, partendo dal rigoroso rispetto delle norme della Torah che impone la preparazione di cibi kosher, la cucina si caratterizzi «da un lato per la sobrietà e la semplicità della tradizione spagnola (sefardita), riscontrabili soprattutto nella confezione dei farinacei e dei dolciumi, dall’altro dal gusto tedesco-orientale (ashkenazita), caratterizzato dall’amore per l’esasperato condimento tipica dell’area turca, mentre scarso è rimasto l’influsso della cucina degli italiani, dominante, invece, nell’area romana».

Cosa si cucina ancora oggi nelle famiglie ebraiche del Ghetto ce lo racconta Anna Campos, Co-presidente della sezione ADEI-WIZO di Venezia. Proprio in questi giorni Anna è alle prese con la preparazione del frisensal, una sorta di pasticcio al forno con tagliatelle bollite nel brodo che si prepara in occasione della ricorrenza di Shabbàt Beshalach, in ricordo dell’attraversamento del Mar Rosso da parte del popolo ebraico dopo l’uscita dall’Egitto. A Venezia, ci spiega Anna, non esistono più ristoranti autenticamente giudaici e i piatti della tradizione vengono quindi preparati in famiglia.

Tra quelli riconducibili alla cucina ashkenazita, i più popolari sono a base d’ oca, animale che nella cucina ebraica normalmente sostituisce il maiale e di cui, per l’appunto, non si butta via nulla. Se ormai è quasi scomparsa dalle tavole veneziane la fugazza cole gribole, una saporita focaccia impastata con pezzetti di pelle d’oca diffusa nei secoli scorsi, qualcuno si prodiga ancora nella preparazione del luganegotto d’oca, un salame grasso aromatizzato, e dei knodel con pezzi di salame d’oca, simili al piatto tirolese in brodo. Tra i piatti più diffusi ci sono poi il polpettone di tacchino, immancabile protagonista della cena del Seder di Pesah, durante la Pasqua, realizzato riempiendo la pelle ricucita del petto del tacchino con carne dell’animale stesso tritata e aromatizzata con spezie, gli sfoieti, ovvero ritagli di pasta realizzati con un impasto di acqua e farina abbrustolito su una superficie di metallo, gli scacchi, pezzi di pane azzimo cucinati in brodo insieme all’uovo sbattuto e alla cannella e le buriche, panzerottini di pasta brisée riempiti con carne, cipolla e pinoli, cotti al forno o fritte. Per quanto riguarda le verdure, molto diffuse sono le melanzane al funghetto, che vengono tagliate a sottili losanghe, lasciate riposare per 24 ore (un tempo venivano lasciare essiccare al sole), cotte con olio abbondante e aglio e accompagnate spesso al melone, oltre alla suca baruca (zucca) fritta o desfada, cioè stufata a lungo con le cipolle, che viene consumata principalmente a Capodanno come simbolo di buon augurio.

Hanno invece una derivazione sefardita, quindi spagnola, la maggior parte dei dolci, che si consumano prevalentemente durante la Pasqua ebraica e che, come previsto dalla Torah, non sono lievitati. Dalle àpere, morbidi dischi di pan di spagna aromatizzato al limone, alle impàde (dette anche ofelle) di pastafrolla all’olio, riempite di crema di mandorla, dagli anezìni, biscotti di pastafrolla al gusto di anice, al bollo, una sorta di panettone dolce allungato a base di uova, zucchero e uvetta. Tra i dolci più diffusi ancora oggi nelle cucine casalinghe del Ghetto ci sono poi i montini, fatti con pasta di mandorle, e le recie de Hamàn, che a Venezia sono molto simili ai galani (chiacchiere) di Carnevale. Difficile dire quale delle due preparazioni sia nata prima, quale cucina abbia contaminato l’altra.

Il patrimonio gastronomico ebraico ha d’altro canto influenzato moltissimo la cucina popolare della città, a cominciare da alcuni tra i piatti più tipici che si possono trovare in tutte le osterie doc di Venezia; le sarde in saòr, ovvero sarde fritte lasciate macerare almeno due giorni con aceto, cipolla, uvetta e pinoli e i bigoli in salsa, spaghettoni conditi con un sugo di cipolle e acciughe. Autentiche prelibatezze figlie del connubio fortunato tra due culture straordinarie.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter