Fine populismo maiLe avventurose manovre di Conte e Travaglio per liberarsi del Pd (magari!)

I grillini continuano a perdere consensi, così il suo presunto leader si affida sempre più a Travaglio e attacca l’unico partito che incomprensibilmente gli dà ancora retta

Unsplash

All’avvocato più ondivago del mondo, Giuseppe Conte, non va mai bene niente. Adesso l’ex premier è freddo con l’unico partito che gli dà ancora retta (a parte i giustizialisti alla Pietro Grasso, Articolo Uno) cioè il Partito Democratico di Enrico Letta, lunedì scorso sempre prodigo di slanci verso il Movimento 5 stelle: «Si tratta di un rapporto politico fondamentale che dura e durerà», aveva detto il numero uno del Nazareno.

Già domenica scorsa l’avvocato del populismo si era molto infastidito per l’apertura di Letta a Carlo Calenda, timoroso che si stesse lavorando a «un’accozzaglia». E poi la decisione del Senato in cui il Partito democratico ha dato ragione a Matteo Renzi – votando sì al conflitto di attribuzione mentre i grillini (più Grasso) votavano no – ha fatto il resto, rafforzando il Grande Sospetto che al di là delle belle parole in realtà il leader dem miri a ricostruire un rapporto positivo con Azione e Italia viva – in effetti Letta è abbastanza convinto di poter portare nel leggendario “campo largo” il partito di Calenda, mentre su Renzi ancora non ha ancora deciso che fare.

Ma i due episodi in sé non giustificherebbero il nervosismo ribadito ancora ieri: «Possiamo anche parlare di politiche astratte, come la questione del campo largo, ma se questo significa solo confrontarsi su politiche annacquate allora noi non ci stiamo», ha tuonato il sospeso Presidente del Movimento.

Il fatto è che Conte inizia a temere che a essere “annacquato” sia piuttosto il profilo del suo partito, di cui in effetti non vi sono grandi tracce nel dibattito pubblico e di cui si ricorda, negli ultimi tempi, solo l’annullamento dello Statuto da parte del Tribunale civile di Napoli e i giochetti obliqui di Conte con Salvini che avrebbero dovuto portare al Quirinale la responsabile dei servizi segreti Elisabetta Belloni, ipotesi poi stoppata soprattutto da Renzi con – a quanto si dice – grave disappunto della diretta interessata.

Non un granché il bilancio degli ultimi mesi: tanto è vero che i maggiori istituti di sondaggio convergono, riservatamente, nell’assegnare al Movimento 5 stelle una cifra pericolosamente vicina al 10% (Swg li cifra al 12,8).

È una situazione abbastanza complicata. Dinanzi alla quale ha buon gioco Marco Travaglio, la “mente” del contismo, nel suggerire all’avvocato di prendere le distanze da Letta, di non fidarsi del vecchio partito di Bibbiano che punta a succhiare voti dal Movimento utilizzandolo come il partito comunista polacco faceva con il piccolo partito dei contadini, soi disant autonomo ma in realtà stampella del primo.

Sarà «una pura combinazione» – come ci ha detto Rocco Casalino – ma l’altra sera Conte, Travaglio e Di Battista si sono visti a cena al centro di Roma dopo lo spettacolo “Il Conticidio”, l’ultima farsa del direttore del Fatto.

La notizia è stata rivelata da Repubblica, che giustamente ha richiamato un articolo di Travaglio uscito proprio martedì nel quale egli affermava perentorio: «Il M5S, come Fratelli d’Italia, guadagna voti quando è solo contro tutti e li perde quando si avvicina troppo agli altri».

Certamente se c’è qualcuno attento ai parallelismo tra Movimento 5 stelle e Giorgia Meloni è proprio Travaglio, quindi è destino che Conte valuterà bene la tesi travagliesca dell’andare da soli, senza accordi (meglio il proporzionale, allora?).

La suggestione “isolazionista” tra l’altro potrebbe favorire il ritorno a casa del più estremista di tutti, quel Di Battista che potrebbe ancora avere diversi seguaci della prima ora, quelli del Movimento anti-sistema, leggi anti-politico e anti-riformista.

Nei gruppi parlamentari intanto continua a regnare il caos, in attesa di capire come stanno le cose, e soprattutto chi comanda davvero. Luigi Di Maio, il grande nemico della triade Conte-Travaglio-Di Battista, per ora è concentrato sulla sua attività di ministro degli Esteri, un ruolo che inevitabilmente lo colloca dentro la linea dura anti-Putin di Mario Draghi: esattamente la linea opposta a quella di quei filo-russi che si chiamano Giuseppe Conte, Marco Travaglio e Alessandro Di Battista. Una coincidenza?

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter