Michetta, ciabatta, carasau, muffoletta: ogni panificio italiano contribuisce a raccontare la storia della sua regione, tra farine macinate a pietra, mollica alveolata o compatta, crosta sottile o croccante, sfilatino o pagnotta. Ma negli espositori e nelle ceste in vimini iniziano a fare capolino sempre più tipi di pani provenienti anche dal resto del mondo. Che l’attenzione sia alta lo dimostra anche la recente ospitata di Anissa Helou durante la sesta puntata di Masterchef. L’esperta di cucina mediorientale e nordafricana ha spiegato ai concorrenti in gara come replicare tre tipi di pane, sconosciuti ai più: il non uzbeko, lo yufka turco e il rghaif marocchino. Ricette speciali, piccoli capolavori dell’arte bianca, dai nomi esotici e dalla lunga tradizione, spesso preparate in famiglia e cotte su piastre in ghisa roventi, che ancora però si faticano a trovare in Italia. Chi sta iniziando a sperimentare anche con impasti che varcano i confini dello Stivale sono soprattutto i panettieri più famosi, quelli segnalati dalle guide, o che hanno esplorato il mondo e sono rimasti a bocca aperta di fronte alle tradizioni degli altri Paesi. Ma il bello è che alcuni di questi hanno anche uno shop online e quindi, pur non vivendo a Milano o a Roma, potete ricevere il vostro pane straniero preferito a casa. Per ora i più diffusi sono questi.
Lo shoti
Viene dalla Georgia, al confine tra Europa e Asia sulle rive del mar Nero, e ha una forma ricurva, superficie liscia, croccante ai bordi e morbido al centro, che richiama quella di una barca disegnata da un bambino. Può essere di farina bianca o integrale, ma la sua particolarità è che va cotto attaccato alle pareti di un forno speciale, alimentato da fuoco a legna, chiamato toné, rotondo, fatto di argilla essiccata e chiuso da un coperchio di legno (simile al tandoor indiano). In Georgia, si mangia come accompagnamento di ricche insalate a base di melanzane, pomodori verdi o barbabietole. Se allo shoti aggiungi zucchero e spezie cambia il suo nome in nazuki, ed è anche l’impasto base del kachapuri, un pane a base di formaggio.
Dove acquistarlo: a Milano, da Tone – Bread & Wine Lab, una bakery che sforna altri tipi di pane straniero, merito del team giovane, amante dei viaggi e cosmopolita che l’ha inaugurato da meno di un anno. Da provare anche il Rúgbrauð, una pagnotta dolce di segale tipica dell’Islanda, dove viene cotta sottoterra sfruttando il calore dei geyser.
Il pane scandinavo
Proprio come nei Paesi del Nord Europa dove lo trovi in prima fila sui banconi di tutti i panifici. Perfetto per un open sandwich da spalmare con un ricciolo di burro, una fettina di salmone e qualche fiocco di sale Maldon. Ma anche per un avocado toast, o da abbinare a una degustazione di formaggi. È in formato cassetta, a base di segale e quindi ricco di fibre, ma impreziosito con semi misti, dal finocchietto selvatico al coriandolo e carvi. La fetta è compatta e dall’aspetto un po’ umido, da gustare appena tostato. La crosta può essere ricoperta di semi di lino, zucca e girasole, per quell’effetto crunchy che ci piace. Oppure arricchito con frutta secca o disidratata nell’impasto.
Dove acquistarlo: nello shop online di due panifici milanesi: Le Polveri e Longoni. Ma anche al bancone del Forno Conti a Roma, dove lo stile del locale è nordico e minimalista, e al Forno Brisa di Bologna.
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Lo shoku pan
Su Instagram imperversa da qualche anno tra i profili dei food influencer, e ritrovarlo sui ripiani di un panificio italiano fa scendere una lacrimuccia agli amanti del Giappone. Sembra quasi di essere tra le stradine del quartiere Yanaka a Tokyo, dove gli occhi ti restano appiccicati alle vetrine dei panifici, su quei sandwich sofficioni, con le fette spesse due dita, mollica bianco latte, con o senza crosta. Come il tamago sando, ripieno di uova e maionese, o il katsu sando, farcito con la cotoletta di maiale fritta. Lo shoku pan (chiamato anche Hokkaido milk bread) è un pane dal sapore tendente al dolce, simile al pan brioche, per questo sta da dio con farciture saporite e cremose. Farlo in casa non è troppo complicato (la ricetta di Stefano Cavada sul suo blog è testata e affidabile), e si conserva soffice per vari giorni se ben conservato. Dove acquistarlo: nell’e-shop del panificio milanese Davide Longoni, che ci ha anche rivelato la sua ricetta per poterlo replicare a casa.
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Il bagel
E il pensiero vola a New York, dove a ogni angolo trovi un caffè o un furgoncino che te li vende, farcito magari con bacon e uova, con salmone e cream cheese o con il roastbeef. Ma le sue origini sono ebraiche (polacche per la precisione), e ormai lo puoi addentare in qualsiasi capitale europea. In Italia (Roma e Milano a parte) se ne parla solo da qualche anno: è spuntato nel menu di qualche brunch, poi a pranzo in qualche posticino più attento alle tendenze, e oggi si compra anche al panificio. Ha una consistenza un po’ gommosa, dovuta al passaggio di bollitura in acqua prima di essere cotto al forno (come i bretzel tedeschi), e un sapore dolciastro (nell’impasto c’è più zucchero o miele che sale). La superficie è liscia oppure cosparsa con un mix di semi di papavero, sesamo, girasole, a volte anche fiocchi di cipolla o aglio disidratato. Nella Grande Mela trovi anche una versione dolce con cannella e uvetta sultanina.
Dove acquistarlo Al panificio Pandefrà di Senigallia (An) o a Roma da Beehive Bagels, con spedizione in tutta Italia, e al Forno Roscioli.
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La pita
Insieme a quello scandinavo, è forse il pane di origine straniero più diffuso in Italia. Araba o greca che sia, è un lievitato, molto leggero, dalla forma tondeggiante ed è diffusa soprattutto in Medio Oriente, Mediterraneo e Nord Africa. Nasce per essere aperta, svuotata di quel poco di mollica che dovrebbe avere e farcita come una tasca: a voi la scelta, se con falafel, kebab, o feta, pomodori, cetrioli e salsa tatziki. Ma si presta bene anche per essere intingolata a mo’ di scarpetta in sughetti o salse, come l’hummus o il babaganoush di melanzane (di origine greca). Dove acquistarla A Roma al Forno Roscioli, ma la trovi un po’ dappertutto.