Dopo la rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale, il leader dei Cinque Stelle Giuseppe Conte dice di non avere nulla da rimproverarsi. Anzi, in un’intervista al Fatto Quotidiano elenca i meriti del Movimento: «Abbiamo centrato il primo obiettivo, assicurare piena continuità dell’azione di governo ed evitare il rischio di un cambio di esecutivo. Abbiamo indotto al ritiro Silvio Berlusconi e abbiamo evitate che sul Colle si arrivasse a compromessi al ribasso».
Così l’ex presidente del Consiglio prova a riprendersi un ruolo centrale nello scacchiere politico, dopo le critiche che gli sono piombate addosso per il modo in cui ha condotto le trattative per il Colle. A partire dalle accuse arrivate da Luigi Di Maio. E nell’intervista al Fatto Quotidiano racconta la sua versione dei fatti dell’ultima settimana. Precisando che Di Maio «dovrà rendere conto di diverse condotte, molto gravi. Ai nostri iscritti e alla nostra comunità». E prendendosi il merito di aver fermato «il piano trasversale di spostare l’attuale premier al Colle. Se fosse riuscito, oggi staremmo parlando di nuovi governi e caselle di ministeri da decidere».
Conte dice anzitutto che il M5S, con il no a Berlusconi, «ha scongiurato che il Parlamento e il Paese si spaccassero». E questo, spiega, nelle trattative «ha offerto un oggettivo vantaggio a noi e al fronte progressista. Venendo meno la candidatura più rappresentativa del centrodestra, qualsiasi altro nome riferibile a quell’area sarebbe stato meno forte. Ciò ha permesso di evitare di scontrarci su candidature di bandiera o di parte».
Poi è arrivata la candidatura di Andrea Riccardi, «nata da riflessioni di settimane prima con Enrico Letta e Roberto Speranza», a cui il centrodestra ha risposto con un no. «Però abbiamo proseguito il confronto con i partiti di centrodestra, sollecitandoli a valutare altri profili», racconta. «Ma loro martedì hanno presentato una propria rosa: Marcello Pera, Letizia Moratti e Carlo Nordio. Anche noi del fronte progressista avevamo una rosa di nomi, presentata al centrodestra. Ma non l’abbiamo formalizzata per cercare un accordo su personalità super partes».
E tra le ipotesi, precisa, c’era anche quella del premier Mario Draghi. «Ma su questo il M5S ha subito assunto una posizione molto chiara. Dovevamo evitare che il premier entrasse nel gioco delle varie candidature. E abbiamo subito cercato di fermare il piano trasversale di spostare l’attuale premier al Colle. Se fosse riuscito, oggi staremmo parlando di nuovi governi e caselle di ministeri da decidere».
Conte dice pure che «il nome di Casini è sempre stato sul tavolo, ma ho chiarito subito che non rappresentava il candidato ideale del M5S». Ma nega di aver provato ad accordarsi con la Lega su Franco Frattini e Maria Elisabetta Casellati. «Con Letta e Speranza ci siamo sempre puntualmente aggiornati. Anche quando ho avuto incontri bilaterali ho sempre riferito», dice. E comunque, aggiunge, «anche Letta ha avuto scambi bilaterali. E nella fase più calda lui e Speranza mi hanno dato mandato di portare avanti la trattativa con Salvini».
Finché arriva la candidatura di Elisabetta Belloni, capo del Dis. Conte dice che di Belloni e Severino ne avevano discusso «sia nel fronte progressista che con il centrodestra. Apparivano molto solide e affidabili, e offrivano l’occasione storica di portare una donna al Quirinale».
E dopo la bocciatura in aula della candidatura di Casellati, Conte racconta: «Io e Letta abbiamo incontrato Salvini, riproponendo Belloni e Severino. Sullo sfondo c’era anche quella di Casini. Ma abbiamo aggiunto l’opzione di garanzia di un Mattarella bis: anche in base alle votazioni in Aula, si stava rivelando una concreta possibilità. Salvini si è preso tempo per valutare nomi femminili. Ma ci ha subito riferito della disponibilità di Fratelli d’Italia su Belloni». Finché «nel tardo pomeriggio Salvini aveva sciolto positivamente la riserva su Belloni, confermando la disponibilità di Giorgia Meloni». Da qui gli annunci e il famoso tweet di Beppe Grillo.
«Né io né Salvini, né ancor prima Letta a Sky, avevamo fatto il nome della Belloni», racconta Conte. «Anche se era già ampiamente circolato sulla Stampa». E con Grillo «ho parlato io e abbiamo convenuto che la direttrice del Dis sarebbe stata un’ottima figura per la presidenza della Repubblica. Ma bando all’ipocrisia, questa uscita non ha avuto influenza su una partita giocata da vari politici. Penso a Matteo Renzi. Ma non solo».
E qui se la prende con Luigi Di Maio che – dice Conte – «dovrà rendere conto di diverse condotte, molto gravi. Ai nostri iscritti e alla nostra comunità».
E alla fine nel Pd «non c’era più la disponibilità su Belloni», continua. «C’è stato un blocco trasversale». E nonostante questo, «al vertice dei partiti di maggioranza di sabato mattina ho invitato tutti a valutare ancora i nomi Belloni e Severino». Ma nulla. Alcuni, in extremis, hanno proposto Marta Cartabia – racconta Conte. E «quasi contemporaneamente si è appreso dell’atto di generosità di Mattarella. Poco prima Salvini aveva aperto al suo secondo mandato. Così abbiamo concordato tutti su quella opzione».
Ma il Movimento ora ne esce distrutto. «Non ho mai lavorato per procurare scissioni», dice Conte. «È evidente che questo è il momento di un chiarimento. Stabiliremo tempi e modi per un confronto trasparente».