Dopo il no al referendumIn Parlamento è il giorno del giudizio sul fine vita

Alla Camera si cominciano a votare gli emendamenti sul testo di legge che riguarda il suicidio assistito. Il compromesso raggiunto in commissione non è bastato. Il centrodestra non intende approvare la legge e a complicare le cose c’è il fatto che questo voto cruciale potrebbe essere a scrutinio segreto

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

Dopo il no della Corte Costituzionale al quesito referendario sull’eutanasia attiva, oggi sarà la Camera a emettere la prima sentenza sul testo di legge che riguarda il suicidio assistito. Dopo il rinvio della scorsa settimana, in aula si cominciano a votare gli emendamenti. E il primo è soppressivo dell’intero provvedimento – come ricorda La Stampa.

Il testo, dopo una serie di mediazioni raggiunte in commissione, arriva dopo tre anni dalla decisione della Consulta del 2019 sul cado dj Fabo. Ma il compromesso raggiunto non è bastato. Il centrodestra non intende approvare la legge e a complicare le cose c’è il fatto che questo voto cruciale potrebbe essere a scrutinio segreto.

Sulla carta, gli schieramenti sono i seguenti: da una parte i giallorossi, Partito democratico, Cinque Stelle e LeU, favorevoli al testo; dall’altra il centrodestra contrario in blocco, con Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. In mezzo decine di peones del gruppo Misto; e i renziani di Italia Viva, che in teoria dovrebbero votare con i giallorossi.

Il Vaticano è intervenuto sostenendo che «il suicidio medicalmente assistito e l’eutanasia non sono forme di carità cristiana». E i leghisti sono subito entrati nel ruolo di difensori della «sacralità della vita».

La sfida è tutta aperta. Dal Partito democratico temono un affossamento, nonostante da più parti è stato fatto notare come in questi anni i Dem non abbiano mai fatto propria la battaglia che riguarda questi temi. Alfredo Bazoli, relatore del provvedimento per il Pd, si dice «cautamente ottimista». Ma i capigruppo alla Camera del Pd e dei Cinque Stelle, Debora Serracchiani e Davide Crippa, hanno avvisato sulla chat i loro deputati di essere tutti presenti in aula e non far mancare i numeri.

Il Pd spera che il punto di mediazione trovato riesca a fare breccia, magari nel segreto dell’urna, anche in qualche parlamentare di centrodestra, vista la mediazione raggiunta in commissione. Nel 2019, la Corte giudicò non punibile l’aiuto al suicidio di persone che hanno patologie irreversibili, sofferenze intollerabili, che siano tenute in vita da trattamenti di sostegno vitale e che abbiano piena capacità di intendere e di volere.

Uno dei più convinti sostenitori del testo sul fine vita che arriva in aula è Graziano Delrio. «La morte volontaria medicalmente assistita va normata, anche da credente e da medico, ritengo un punto di compromesso importante quello che è stato raggiunto», ha detto. «Bisogna essere inseriti in un percorso di cure palliative ed è importante che vengano garantite a tutti, che in alcune regioni non ci siano disparità di trattamento, perché chi vuole porre fine alla sua esistenza lo deve poter fare dopo che è stato liberato dal dolore».

Giuseppe Conte è convinto che il testo sul fine vita sia «molto equilibrato, perché abbraccia anche il rafforzamento delle cure palliative. La comunità nazionale è più avanti della politica, che non deve rimanere indietro».

E se il presidente della Consulta Giuliano Amato nella conferenza stampa sulla bocciatura dei quesiti referendari ha fatto notare che «l’omicidio del consenziente avrebbe aperto all’immunità penale per chiunque uccidesse con il consenso», i sostenitori del testo che va al voto in aula fanno notare che il suicidio assistito è cosa ben diversa dall’eutanasia. «Una cosa è l’omicidio del consenziente e l’altra un aiuto al suicidio, due cose ben diverse da un punto di vista etico e legale», spiegano dal Pd.

In ogni caso, si teme che la bocciatura del referendum sull’eutanasia aumenti la schiera di chi ritiene che ormai non serva più una legge, visto che è venuta meno la pistola puntata del referendum.