La lunga giornata dell’Europa inizia prima dell’alba, con le notizie che arrivano da Est nelle «ore più buie dalla fine della Seconda Guerra Mondiale», come le definisce l’Alto rappresentante per gli Affari esteri dell’Ue Josep Borrell. E termina a notte fonda, con gli edifici di Commissione e Parlamento europeo illuminati con i colori della bandiera ucraina.
L’invasione militare intrapresa da parte della Russia spinge l’Unione europea ad approvare una nuova serie sanzioni contro il governo di Mosca e i suoi rappresentanti: saranno ufficializzate nel pomeriggio di venerdì dai ministri degli Esteri europei, dopo che gli ambasciatori dei 27 Paesi ne avranno definiti i dettagli.
Le sanzioni dell’Ue
La riunione straordinaria del Consiglio europeo era già in calendario dal giorno precedente, ma l’offensiva militare la rende ancora più urgente. I Capi di Stato e di governo dei 27 Stati membri esprimono tutti forte condanne al loro arrivo. C’è chi chiede persino l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue, come il primo ministro sloveno Janez Janša (presentatosi a Bruxelles con una cravatta a righe gialloblù), il polacco Mateusz Morawiecki e il lituano Gitanas Nauseda. «Con la Russia ora il dialogo è impossibile», dice il Presidente del Consiglio italiano Mario Draghi prima di prendere parte al summit. Collegato in video-call c’è anche il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy, senza nemmeno l’abito e la cravatta di rito.
Il Consiglio europeo chiede ai russi di «terminare immediatamente le loro azioni militari, ritirare le sue truppe dal territorio ucraino e rispettarne l’integrità territoriale», esprime la propria solidarietà allo Stato aggredito e condanna il coinvolgimento della Bielorussia nell’attacco. Ma al di là delle dichiarazioni di sostegno all’Ucraina e di critica alla Russia, sono le decisioni pratiche a contare.
Ci saranno misure restrittive ulteriori rispetto a quanto già deciso dopo il riconoscimento russo delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk: si annunciano «massicce e severe conseguenze» nel settore finanziario, dell’energia, dei trasporti, della tecnologia. «Queste sanzioni sopprimeranno la crescita economica della Russia, aumenteranno oneri finanziari e inflazione, intensificheranno la fuga di capitali e danneggeranno l’industria nazionale», promette la presidente della Commissione Ursula von der Leyen.
Ma c’è anche una stretta sulla concessione dei visti ai cittadini russi e nuove sanzioni individuali contro gli ufficiali ritenuti responsabili dell’accaduto: solo il 23 febbraio erano stati colpiti i 351 membri della Duma, il parlamento di Mosca e altre 27 persone fisiche ed entità governative.
Le decisioni dei leader europei sono in linea con quanto concordato nel pomeriggio dai Paesi del G7: Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Giappone, in un vertice in videoconferenza a cui hanno partecipato anche i presidenti di Commissione e Consiglio europeo, oltre al Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg.
I prossimi, possibili, passi
Nella lista non appare infatti alcuna menzione all’esclusione della Russia dal sistema di pagamenti internazionale Swift, un provvedimento considerato da molti l’opzione atomica delle ritorsioni economiche e forse per questo tenuto in serbo da Ue e Stati Uniti per scenari peggiori.
Si tratta di una rete (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication) nata in Belgio nel 1973 e utilizzata da banche e istituzioni finanziarie in tutto il mondo per gestire milioni di transazioni al giorno. In sostanza, il sistema «autentica» i pagamenti effettuati a livello internazionale: se la Russia ne restasse fuori, si troverebbe in grave difficoltà dal punto di vista del commercio con l’estero.
Le operazioni delle sue banche sarebbero «declassate» a livello di affidabilità e le sue aziende faticherebbero a incassare i proventi delle vendite, comprese quelle di gas. Anche per questo, la «bomba nucleare dei mercati finanziari internazionali», come l’ha definita il leader della Cdu tedesca Friedrich Merz, può avere un pericoloso effetto collaterale anche sul resto dell’economia mondiale.
Nel pomeriggio il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba aveva supplicato l’Occidente di percorrere questa strada, accusando i riluttanti di macchiarsi del sangue dei connazionali innocenti. La misura aveva diviso i leader nel G7 che si è tenuto nel pomeriggio, come ricostruisce il Financial Times: il Primo ministro Boris Johnson ne ha caldeggiato l’impiego, mentre il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha espresso le sue riserve. Alla fine ha prevalso la strategia attendista: il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha detto che le sanzioni imposte avranno un effetto complessivo superiore all’espulsione della Russia dal sistema, pur non escludendo la possibilità per il futuro.
Tutte le opzioni restano sul tavolo e potrebbero essere adottate a breve, hanno fatto capire anche i vertici delle istituzioni comunitarie. «L’Unione non lascerà sola l’Ucraina», assicura la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, che rispondendo in conferenza stampa a una domanda di Linkiesta garantisce supporto e legittimazione dall’Eurocamera per le misure approvate dal Consiglio. Martedì primo marzo si terrà una sessione plenaria straordinaria del Parlamento a Bruxelles proprio per discutere l’aggressione militare e il modo in cui l’Ue la fronteggerà.
Accanto alle sanzioni, continuano i tentativi di percorrere la via diplomatica: l’ultimo è stato una chiamata diretta da parte del Presidente francese Emmanuel Macron a Vladimir Putin, riportata dall’agenzia France Presse, per chiedere la fine immediata dell’offensiva. L’Europa rimane seduta al tavolo delle trattative con Mosca, sperando di negoziare con più autorità di prima.