Gite toscaneA spasso per la Strada dei Biscotti di Prato

Famosa per i suoi tessuti preziosi, per gli affreschi del Duomo di Francesco Lippi e per il Pulpito di Donatello, ma soprattutto per i suoi cantucci e il suo vino. Abbiamo percorso le vie di questa provincia nel cuore della Toscana respirando arte, cucina, natura e tradizioni

Schiva e con una aspirazione all’understatement, Prato è ai confini dei flussi turistici classici nella Toscana felix eppure ha molto per piacere. Ha, tanto per cominciare, musei e opere d’arte disseminate con non chalance nel tessuto urbano; il suo Duomo, imponente e suggestivo, è impreziosito dalle opere d’arte dei migliori artisti del Rinascimento toscano e nel suo territorio si trovano alcune delle ville, come la Ferdinanda di Artimino e “la bella tra le belle” di Poggio a Caiano, dove i rampolli dei Medici (e i loro invitati) secoli fa passavano l’estate.

Chi non si vuole perdere nulla di Prato può cominciare ad esplorare la Piazza del Comune: qui si affaccia il Palazzo Pretorio con una Pinacoteca da Sindrome di Stendhal. Poi si raggiunge piazza del Duomo con la Cattedrale di Santo Stefano, vero e proprio concentrato di storia dell’arte: sulla facciata sboccia un pulpito progettato da Donatello, l’interno conserva gli affreschi delle griffes più famose nella Toscana tra ‘400 e ‘500, come fra’ Filippo Lippi (autore delle Storie di Santo Stefano e San Giovanni Battista) e Paolo Uccello (cui si devono i dipinti della Cappella dell’Assunta).

 

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Per non parlare di Giovanni Pisano, di Benedetto da Maiano, di Agnolo Gaddi che hanno lasciato in Santo Stefano le tracce preziose del loro passaggio. E, accanto a questi capolavori del passato, la chiesa custodisce anche opere di autori contemporanei, come le sculture di Emilio Greco e di Robert Morris. A pochi minuti di cammino dal Duomo, ecco, poi, Piazza delle Carceri dominata dalla mole del Castello di Federico II (è l’unico esempio di architettura fridericiana nell’Italia centro-settentrionale) e dalle eleganze rinascimentali della Basilica di Santa Maria delle Carceri, uscita dalla matita geniale di Giuliano di Sangallo e impreziosita dalle opere di Andrea della Robbia, Buontalenti e Ghirlandaio.

Si percorre, poi, il Cassero (una specie di camminamento fortificato voluto nel ‘400 dalla Repubblica di Firenze che permetteva di raggiungere l’interno del Castello senza essere visti dall’esterno) e si raggiunge il Museo del Tessuto, ospitato nella ex Cimatoria Campolmi. Imperdibili, negli spazi dove un tempo i tessuti grezzi venivano rifiniti attraverso diverse fasi di lavorazione (come la cimatura, per l’appunto), le collezioni di stoffe antiche, moderne e contemporanee: i drappi precolombiani affiancano le pezze di lino dell’Antico Egitto, i damaschi Rinascimentali sono esposti accanto ai primi esemplari di tessuti industriali e alle stoffe d’autore e non manca una sezione di macchinari e strumenti utilizzati nel corso dei secoli dei tessutai pratesi.

Gli amanti dell’arte moderna, poi, non dovrebbero perdersi la visita del Museo Pecci che, con centinaia di opere pronte a testimoniare gli sviluppi delle arti figurative negli ultimi anni, è nei primi posti nella hit list delle gallerie d’arte contemporanea dl nostro Paese. In verità è tutta Prato ad essere un museo a cielo aperto: la città, infatti, è disseminata di installazioni, sculture e creazioni moderne e modernissime (di Henry Moore e Luciano Minguzzi, solo per fare un paio di nomi) che convivono con il suo tessuto medievale e rinascimentale.

Ma anche il coté goloso di Prato non è da sottovalutare.  

Dalla città, infatti, parte una Strada dei biscotti (la prima nel suo genere in Italia) che si snoda da nord a sud lungo la provincia attraverso laboratori artigiani che sfornano ogni anno squisitezze a gogo. Mappa alla mano, si percorre la Val di Bisenzio, da Montepiano a Cantagallo passando per il centro storico pratese e via verso sud, fino al comune di Poggio a Caiano stretto intorno alla Villa Medicea e a Carmignano, steso sulle dolci colline del Montalbano. Cinquanta chilometri di profumi di mandorle, fichi, castagne, anice, olio, miele, cacao. Cinquanta chilometri disseminati di “zuccherini” e di “amaretti”, di “carmignanini” e di “castagnoli”, di “sassi della Calvana” e di “brutti buoni” oltre che, naturalmente, dei classici “biscotti di Prato” (altrove sarebbero i cantuccini).

Per scoprire gli antichi sapori e i prodotti tradizionali della Strada ci si ferma nei piccoli santuari golosi che la punteggiano:  gli “zuccherini” della Val Bisenzio (il loro nome deriva dal fatto che sono immersi dopo la cottura nello zucchero fuso) hanno l’odore e il sapore dell’anice e li si trova a Montepiano al Forno Gualtieri.  Le castagne, regine della tradizione culinaria dei primi contrafforti appenninici, sono, invece, le protagoniste assolute dei “castagnoli”, da comprare a Carmignanello, dai  F.lli Ciolini. E, ancora, i “sassi della Calvana”, che, a dispetto del nome sono morbidissimi, escono fragranti dal Forno Steno di Vaiano.  Per i “carmignanini” (farciti con uno dei prodotti tipici più conosciuti di questa zona, i fichi secchi), invece, si va al Biscottificio Amari.

E come dimenticarsi di Prato? Qui, dalla metà dell’800, in via Ricasoli si trova il decano dei biscottifici pratesi, quello di Antonio Mattei: i suoi “biscotti di Prato” prodotti giornalmente, profumati di mandorle e pinoli, vengono confezionati in un inconfondibile sacchetto blu.  E, anche se non sono biscotti, meritano una sosta e un assaggio le iperrealistiche (e irresistibili) pesche di Prato (pasta brioche, crema pasticcera e alkermes) uscite dalle mani (e dal forno) di Paolo Sacchetti.

Non è solo dolce la provincia di Prato: nel territorio si prepara una Mortadella che ha poco in   comune con le altre “sorelline” che si producono altrove. Il suo disciplinare, infatti, prevede l’impiego di spalla, rifilatura di prosciutto, capocollo, guanciale, lardone e pancetta e una concia molto particolare che si compone di pepe nero, sale, polpa d’aglio, macis, coriandolo, cannella e garofano. Non è tutto, perché a dare un tocco di sapore in più e una colorazione inconfondibile a questo salume è l’aggiunta nell’impasto di alkermes.

Nato come salume povero, preparato con carni di maiale che avanzavano dalla confezione di altri insaccati (come il salame toscano o la finocchiona), la Mortadella di Prato è diventata negli ultimi anni un Presidio Slow Food, proprio perché rischiava di essere dimenticata. Nonostante ciò, i produttori di Mortadella, ancora oggi, non sono molti: da ricordare, allora, il Salumificio Conti, a Prato, e la Macelleria Marini, ad Agliana. C’è da aggiungere che “lei” poi entra nella composizione di uno dei piatti culto della tavola pratese, i famosi sedani ripieni   che si provano, in centro città, da Baghino, luogo storico dei ghiottoni cittadini con una carta che racconta il meglio della cultura gastronomica del territorio: ribollita e pappa col pomodoro, sedani ripieni e costata.


Dolce, salato e poi? Siamo in Toscana e quindi una escursione in vigna è quello che ci aspetta perché il terroir di Prato regala la più piccola DOCG del nostro Paese, quella del Carmignano. Il vino ha una storia antica (è citato, fin dal ‘300, in documenti e testi letterari) e nobile: nei primi anni del ‘700, infatti, il Granduca Cosimo III de’ Medici stabilì regole severe (un vero e proprio disciplinare, lo chiameremmo oggi) per la produzione di questo vino. Il Carmignano di oggi non è molto dissimile dal Vino di Cosimo: è un uvaggio di Sangiovese, Cabernet, Canaiolo nero e Merlot e si presenta con un colore rosso rubino vivace che con l’invecchiamento tende al granata.

E, ovviamente, si presta all’abbinamento con arrosti di carni rosse, cacciagione e carne alla griglia. Dalle stesse uve con cui si produce il Carmignano si ottiene anche il Barco Reale DOC, “fratello” più giovane del DOCG e, quindi, di più rapido consumo.  Per assaggiare il Vino dei Medici, si esce da Prato, si sfiora la villa medicea di Poggio a Caiano e si cerca la Tenuta di Capezzana, una delle più antiche fattorie della zona visto che se ne parla in documenti che risalgono a 1200 anni fa. Nella villa rinascimentale, si fanno fare acquisti di olio, vinsanto  ma  soprattutto di Carmignano DOCG.

 

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I wine lovers possono anche cercare la Tenuta di Artimino, settanta ettari di vigne che incorniciano la Villa Medicea La Ferdinanda (patrimonio Unesco), da cui arrivano le uve che diventano i due Carmignano DOCG Grumarello e Poggilarca.

Ad una manciata di minuti dalla villa, poi, il ristorante Da Delfina è una sosta imperdibile: un grande camino, i  profumi di carne alla griglia, una  bella  terrazza  sulla vallata, una vista a quattro stelle sulla Ferdinanda  (che di sera viene sapientemente  illuminata) rappresentano degli optional che difficilmente si dimenticano. A tutto ciò si aggiunge una carta che parla toscano stretto, dalla salsa di fegatini allo sformatino di ortiche, dalla galantina di daino al pasticcio di carciofi, alla faraona profumata di vin santo. E il gioco è fatto!

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