SalentinitàTutto quello che c’è da sapere sul pasticciotto

Nato a Galatina nel 1745, questo dolce morbido e dal goloso ripieno sta conquistando sempre più spazio nelle vetrine di tutta Italia. Ma attenzione: non chiamatelo leccese

Se avete fatto l’università da fuori sede e avete condiviso l’appartamento almeno una volta con un coinquilino salentino, saprete bene che non c’è pacco da giù o ritorno da casa senza la giusta dose di pasticciotti. Da qualche anno, alcuni bar tra centro e nord Italia hanno iniziato a proporre il fagottino di pasta frolla e crema anche al di fuori del Salento. Inoltre, grazie anche all’opera di evangelizzazione commerciale di Martinucci, catena pugliese di pasticcerie, il pasticciotto è diventato sempre più visibile, fino a creare una vera e propria mania, anche social. Per spiegare le ragioni di questo successo, bisogna andare indietro nel tempo e scendere di moltissimi chilometri, fino ad arrivare al centro di Galatina, dove il pasticciotto è parte del Dna cittadino.

Storia del Pasticciotto di Galatina
Il pasticciotto nasce a Galatina (LE) nel 1745, ad opera della famiglia Ascalone, proprietari dell’omonima pasticceria, oggi giunti alla decima generazione. La ricetta è figlia della filosofia anti-spreco. Per non gettare via della pasta frolla e crema avanzate da una torta, Nicola Ascalone foderò con l’impasto una formina di rame. Al centro ci mise una generosa porzione di crema, per poi ricoprirla con un’altra sfoglia di pasta frolla. Infine, portò tutto in forno per una cottura vivace, sfornando quello che ai tempi definì un “pasticcio”. Infatti, l’aspetto gli parve tutt’altro che gradevole e non volle nemmeno provare a mettere in commercio il risultato. Scelse invece di regalarlo a don Silvestro Mezio, un signore dell’epoca, che aveva il suo palazzo a pochi passi dalla pasticceria. Don Silvestro apprezzò molto il pasticcio, tanto da tornare da Ascalone e commissionarne altri. Data la fama religiosa di Galatina, il pasticciotto divenne presto un’attrazione anche per i pellegrini che si recavano in città per la festa patronale.

Galatina, baricentro del Salento
La radice galatinese del Pasticciotto è talmente forte da aver spinto la cittadinanza a mobilitarsi per far sì che la località fosse riconosciuta come Città del Pasticciotto. Inoltre, qui si parla di Pasticciotto di Galatina e non leccese, sia per ribadire l’orgoglio territoriale legato alla ricetta sia per sottolineare le differenze con il prodotto diventato famoso in tutto il mondo. Prima di tutto nel Pasticciotto di Galatina non si usano liquori o di amarene. La cottura è fondamentale: quello leccese appare più chiaro proprio perché lo si cuoce a temperatura più bassa rispetto al prodotto galatinese. L’impegno a ribadire i caratteri territoriali del pasticciotto è figlio di una voglia di rivalsa, che hanno spinto l’associazione Galatina al Centro, la comunicatrice Barbara Perrone e il fotografo Francesco Fumarola a organizzare il Pasticciotto Tour Galatina, un percorso che oltre a valorizzare il dolce, riaccendesse i riflettori sulla città.

Intanto, quest’estate c’è stato il booster Chiara Ferragni, che con un selfie ha reso celebre in tutto il mondo la Basilica di Santa Caterina d’Alessandria. Qui si trova il più grande ciclo di affreschi cinquecenteschi dopo quello ospitato nella chiesa superiore della Basilica di Assisi. Simboli essoterici ed esoterici sono ovunque. Nella navata centrale è ancora visibile una rappresentazione della Trinità, in cui è presente anche un volto di donna, stralciata ovunque dopo il Concilio di Trento. Mirabili anche la Chiesa Madre dei Santi Pietro e Paolo, la Chiesa delle Anime Sante del Purgatorio o Madonna delle Grazie con la sua pianta ottagonale, la Chiesa del Carmine con il suo presepe, Piazza Vecchia, la fontana con “la Pupa” (Lampada senza luce) dello scultore Gaetano Martinez, Corte Vinella e il bellissimo Museo Civico Pietro Cavoti, dove è possibile ammirare i taccuini di viaggio di questo talentuoso esploratore.

Andrea Ascalone, quando le persone fanno la storia
Ma per i gastroviaggiatori, che si spostano seguendo il cibo, il nord della città resta il Pasticciotto. La famiglia Ascalone, che a questa ricetta ha legato le sue fortune, è ancora oggi il simbolo del successo del dolce per una ragione. A fare la storia del Pasticciotto è stato anche un personaggio molto particolare, Andrea Ascalone. Il padre di Davide, attuale proprietario insieme alla moglie Elisa della pasticceria, è diventato famoso perché aveva un religioso rispetto per la lavorazione del pasticciotto, tanto da vietarne l’asporto al di fuori della città. C’è anche chi giura di esser stato interdetto dal trasporto dei dolci perché diretto troppo lontano anche nella stessa Galatina. Figuriamoci se avrebbe permesso il volo di cabaret verso il nord Italia. C’è chi dice che nei giorni di Scirocco, da Ascalone, non ci fossero pasticciotti perché la crema non avrebbe avuto lo stesso sapore. E allora, semplicemente, non si faceva nulla. Andrea Ascalone era talmente orgoglioso della bontà del suo prodotto e geloso della sua buona riuscita, da esserne diventato uno strenuo difensore e, a suo modo, un’attrazione locale.

Taglio orizzontale o verticale?
Oggi il pasticciotto è parte dell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali del Ministero delle Politiche Agricole insieme a molti altri prodotti di pasticceria salentina come il Fruttone. I suoi ingredienti sono gli stessi da oltre duecento anni: (per l’impasto) farina, zucchero, strutto, uova, bicarbonato di ammonio, limone grattugiato; (per la crema) farina, latte fresco, tuorli d’uovo e zucchero. Il prezzo può variare dai 90 centesimi per il formato più piccolo a 1,50 per quello più grande. In città c’è chi sostiene che per gustarlo al meglio, se si sceglie di non addentarlo, ci siano due strade: il taglio orizzontale e quello verticale. La prima opzione (anche più famosa a livello fotografico) metterebbe a contatto la bocca con un grande boccone di crema, lasciando la parte finale dell’involucro poco condita. Al contrario, il taglio verticale del pasticciotto permette di gustare la giusta quantità di crema e crosta contemporaneamente.

Nuova frontiera: il Tipicciotto®
La fortuna del Pasticciotto di Galatina è affidata alle mani dei tanti pasticceri, che in città garantiscono un prodotto fresco di giornata. La tradizione viene tramandata di generazione in generazione, come dimostra anche Stefano Malrogio di Cristalli di Zucchero, che ha accolto la volontà della figlia Silvia di mettersi alla prova al bancone. C’è chi, da sempre, anche grazie alle attività dell’Associazione Pasticceri Salentini porta la tradizione galatinese in tutta Italia con un laboratorio mobile. E poi c’è chi unisce i puntini, mettendo insieme passato e futuro. Luigi Derniolo, membro dell’Aps e titolare della Pasticceria Eros, ha messo a punto il Tipicciotto®. Si tratta di una rivisitazione che resta aderente ai canoni del disciplinare del pasticciotto, regole stringenti che non contemplano, tra le altre cose, ripieni diversi dalla crema pasticcera. A Galatina ci si spinge al massimo verso la crema al pistacchio.

Il Tipicciotto® parte da una domanda: che farine si usavano quando è nato il pasticciotto? Di certo non si parlava di farina 00 o di altre miscele. Da questo interrogativo, Derniolo ha iniziato a studiare la storia agronomica del suo territorio, scoprendo che in Salento si coltivava grano tenero e che quello duro era stato portato dagli arabi. Grazie all’Università di Lecce e al gruppo del Mulino di Comunità – Casa delle Agriculture, ha scoperto che il grano più adatto a raccontare il passato e il futuro del Pasticciotto era la Maiorca. Antica varietà coltivata in loco, ha una più alta percentuale di crusca, che rende la preparazione digeribile. In più, impedisce alla crema di penetrare troppo in fretta l’impasto, ammorbidendolo (ragione all’origine del “no” di Ascalone padre all’estradizione dei Pasticciotti fuori da Galatina). All’esterno, il Tipicciotto® appare più scuro, al gusto si percepiscono più note tostate, ma la fragranza resta intatta.

Intanto, al di fuori di Galatina, le riproduzioni del Pasticciotto si sprecano. Anche Martesana, a Milano, lo ha inserito nella sua proposta e nel suo punto vendita al Mercato Centrale. La Stazione Termini ha accolto un nuovo punto vendita di Martinucci Laboratory. Ma per i puristi l’invito è quello di considerare che non possiamo replicare tutto ovunque, e che il Pasticciotto di Galatina va ancora mangiato sul posto. Di questa consapevolezza si fanno forti anche gli abitanti di una città che merita di tornare a essere il Baricentro del Salento. «Un prodotto non è importante perché esportabile, ma perché capace di portare curiosità sul territorio – spiega Derniolo – Il marchio Città del Pasticciotto e Pasticciotto di Galatina nascono proprio per identificare un prodotto e un luogo diversi da tutti gli altri».

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