Un populista è per sempreLe Pen, Zemmour e le difficoltà nel prendere le distanze da Putin

Il polemista e la leader del Rassemblement national, ma anche Jean-Luc Mélenchon dell’estrema sinistra, hanno provato a condannare l’invasione russa, ma le posizioni espresse in passato rischiano di danneggiarli non poco alle elezioni che si terranno tra un mese

AP/Lapresse

A un mese dal primo turno, la campagna elettorale francese è quasi sospesa a causa dell’invasione russa dell’Ucraina. Difficile continuare a dibattere in questo contesto: tutti i candidati hanno stravolto la propria agenda, annullato incontri, interviste e iniziative previste da tempo. La condanna dell’attacco russo è stata unanime, eppure le posizioni espresse sul tema negli ultimi mesi rischiano di danneggiare, e non poco, alcuni candidati. Non è un caso che gli ultimi sondaggi vedano aumentare il distacco del presidente uscente, Emmanuel Macron, rispetto a tutti i rivali.

Il candidato più in difficoltà è probabilmente Éric Zemmour. Da anni, il polemista concede interviste per elogiare Vladimir Putin, considerato come il vero baluardo contro «l’uragano del politicamente corretto che, partito dall’America, distrugge tutte le strutture tradizionali, la famiglia, la religione, la patria».

Insomma, una visione del mondo comune con il presidente russo, a tal punto che, intervistato dall’Opinion nel 2018, Zemmour aveva detto di «sognare un Putin francese», e di ammirarlo perché capace di difendere gli interessi del suo popolo.

La trasformazione da giornalista provocatore a candidato alle presidenziali non ha cambiato le posizioni di Zemmour, anzi. Negli ultimi mesi, il fondatore di Reconquête ha ripreso molti degli elementi della propaganda russa, giustificando le azioni di Vladimir Putin: «Gli americani non hanno rispettato la loro parola e sono avanzati verso est», ha detto su France 5 lo scorso dicembre durante un’intervista sulla politica estera.

Un atteggiamento non molto diverso da quello tenuto lo scorso giugno, su CNews, quando aveva detto che non è Putin «a essere l’aggressore, ma è l’aggredito!». Senza contare che, in un’intervista su France 2, poche settimane fa, aveva detto di essere pronto a scommettere che «La Russia non invaderà l’Ucraina».

Dopo l’ingresso dei carri russi in Ucraina, Zemmour ha pubblicato un succinto comunicato per condannare la scelta di Mosca, ma poco dopo ha registrato un video per ribadire i concetti difesi in questi ultimi mesi. Dopo aver spiegato che la crisi è stata causata «dall’espansione ininterrotta della Nato», Zemmour ha invitato il presidente Macron a risolvere la situazione andando immediatamente «a Mosca e a Kiev per parlare con Putin e Zelensky. Dopo averli convinti, bisogna organizzare una conferenza internazionale a Parigi e proporre un trattato che metterà nero su bianco la fine dell’espansione della Nato a est».

Zemmour non è il solo candidato a trovarsi di fronte alle proprie contraddizioni in politica estera. Anche Marine Le Pen sconta le sue posizioni filorusse. Dopo l’aggressione militare, la leader del Rassemblement national ha duramente condannato Vladimir Putin, tuttavia eletto a suo riferimento internazionale fino a questo momento.

A inizio marzo infatti un dépliant distribuito dai militanti del Rassemblement National mostrava Marine Le Pen orgogliosamente accanto a Putin: una foto scattata in occasione del loro incontro del 2017, con una stretta di mano che avrebbe dovuto certificare «la statura internazionale» della candidata all’Eliseo.

Ma con gli sviluppi del conflitto quel volantino di otto pagine stampato in oltre un milione di copie – con il programma elettorale e la visione del mondo della candidata – è diventato fonte di imbarazzo: Le Pen ha subito dato ordine di distruggere tutti i dépliant non distribuiti.

Ancora il 22 febbraio, però, a poche ore dall’offensiva russa, Marine Le Pen spiegava che la situazione era stata provocata dagli Stati Uniti, che «vogliono assolutamente portare l’Ucraina nella Nato, quindi stiamo creando un conflitto che non ha motivo di esistere. Ascoltando gli americani, la Francia si è sottomessa a una forma di guerra fredda imposta dall’Unione Europea».

E più volte in passato Le Pen aveva dimostrato solidarietà con la politica espansionistica di Putin. E anche i rapporti finanziari molto stretti che il suo partito intrattiene con Mosca aveano sempre giocato un ruolo nelle relazioni della candidata di estrema destra con il presidente russo: nel 2014, il Front National ottenne un prestito di 9 milioni di euro da una banca russa, la First Czech Russian Bank. Un debito che ha dovuto rinegoziare, perché incapace di rimborsarlo nei termini, e che sta tuttora pagando.

Anche l’estrema sinistra deve fare i conti con le sue posizioni filorusse e profondamente antiamericane. Il leader della France insoumise, Jean-Luc Mélenchon, sostiene da tempo che la Francia debba abbandonare la Nato, che ritiene «la negazione della nostra indipendenza e l’esempio della nostra sottomissione agli Stati Uniti e alla loro folle politica imperialista», e nei mesi scorsi ha criticato più volte l’atteggiamento del presidente Macron, giudicato «puerile».

Intervistato dal Figaro, lo scorso 11 dicembre, Mélenchon non sembrava molto preoccupato dalla situazione geopolitica: «Non credo che la Russia e la Cina abbiano un atteggiamento aggressivo», ha detto, chiarendo in ogni caso la sua posizione su eventuali ritorsioni contro la politica russa: «Le sanzioni contro Mosca non hanno nessun senso».

Una posizione ribadita un mese dopo, il 12 dicembre, nel programma televisivo Questions politiques, e che riprende anch’essa, come accade per Zemmour e Le Pen, le principali argomentazioni del Cremlino: «È la prima volta nella storia che un impero crolla senza che si rinegozino i suoi confini. Abbiamo mentito ai russi, abbiamo detto che non avremmo fatto avanzare i confini della nostra alleanza militare e invece lo abbiamo fatto. Perché tutto questo sta accadendo proprio ora in Ucraina? Perché gli Stati Uniti intendono far avanzare i confini della Nato verso l’Ucraina e in molti sono interessati ad avere in Europa un nuovo Paese dove lo stipendio medio è di 135 euro».

Per concludere, il 30 gennaio su France 5, con un nuovo attacco agli americani: «Ritengo che siano gli Stati Uniti ad essere in posizione aggressiva e non la Russia».

Dopo l’invasione Mélenchon ha cominciato lentamente a cambiare idea, o meglio, come ha scritto Le Monde, «a fare i conti con la realtà». Il candidato della France Insoumise ha dovuto pubblicare un comunicato stampa su Twitter per condannare l’operazione russa in Ucraina: «La Russia si assume la responsabilità di una terribile battuta d’arresto nella storia. Mosca ha creato il pericolo immediato di un conflitto generalizzato che minaccia l’intera umanità». Poi però in un’intervista su France 2, Mélenchon aveva anche assicurato di non aver «mai sostenuto Putin. Mai». Difficile che tutto questo non avrà un suo peso il prossimo 10 aprile.

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