Silvio & Marta, oggi bohLa musica, le storie, la festa del fu capo dell’Italia e di tutti noi

Fascina s’è vestita da meringa, Berlusconi ha convocato Gigi D’Alessio, Sgarbi ha fatto il photo bomber, Marina è andata al banchetto e Piersilvio no. Chi se ne importa se abbiamo assistito a una cerimonia finta: la sposa impallata dalla torta vale qualsiasi recita

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Gira, per gli uffici delle case editrici italiane, una proposta d’autobiografia di Karima El Mahroug, nota alle cronache giudiziarie col nome d’arte di Ruby. Probabilmente nessuno gliene commissionerà la stesura, giacché la signora non ha chiaro quale parte di sé la clientela voglia acquistare: dicono ella desideri parlare della propria famiglia, dei propri guai non speciali (un padre violento, roba che si trova a Rozzano quanto in Egitto); liquidando come marginale quella volta che andò a cena da Silvio Berlusconi.

Ieri, «Ruby» era una parola molto utilizzata nei commenti ai video della bislacca cerimonia tra Silvio Berlusconi e la signora Marta Fascina. «Ruby» sta alla sinistra come «e allora i marò?» sta alla destra: non sappiamo cosa dire, e ci sembra il commento con cui mettere a tacere l’interlocutore (fossimo retori efficaci, non sprecheremmo le nostre giornate a far retorica non retribuita sui social).

Gli italiani di fine Novecento sono stati un popolo molto fortunato. Niente guerre, niente fame, niente preoccupazioni serie, niente cancelletti sui social, niente talk-show in cui scoprire ogni giorno che la classe dirigente è formata da imbecilli almeno quanto l’elettorato, niente democrazia diretta, niente cuoricini. Una serenità così sterminata da potersi permettere il lusso di credere che il problema fosse Silvio Berlusconi. Uno che – credo di averlo già detto, ma la realtà mi costringe a ripetermi – al confronto di questi d’oggi pare Churchill.

(Tra qualche settimana uscirà un nuovo libro di Filippo Ceccarelli, il miglior commentatore politico italiano vivente. Nell’attesa, continuo a credere che tutta la storia d’Italia degli ultimi ottant’anni sia riassunta nel sottotitolo di Invano, il suo ultimo libro: Da De Gasperi a questi qua).

Insomma Silvio Berlusconi, che ha ottantacinque anni e si accoppierà un po’ con chi gli pare, si mette con questa giovane calabrese dal biondo naturalissimo, Marta Fascina, e a un certo punto inizia a girare voce che voglia sposarla, e poi che i figli si siano opposti. I figli di Berlusconi hanno tra i 55 e i 33 anni: tendo a escludere temano che la nuova matrigna distragga il babbo dai doveri paterni, e di non vedersi più rimboccare le coperte.

Pare ci siano già precedenti non sereni a causa di una divisione iniqua dell’eredità tra figli di primo e di secondo letto, nella discendenza di Silvio. E qui bisognerebbe aprire una divagazione di circa cento pagine su uno dei miei temi preferiti. Non ho cento pagine di spazio, quindi la restringerò a sei parole: i figli dei ricchi sono scemi.

Tutti. È scientificamente provato da un’équipe composta da tutte le mie personalità che non esiste ricco di seconda (o terza; alla quarta in genere il patrimonio è già andato a puttane e si ricomincia il giro) generazione al quale la mancanza di bisogni non abbia ristretto il cervello. I neuroni si atrofizzano, a non dover mai pensare a come mantenersi. Se erediti, sei rovinato. Prenderai le tv di famiglia e le trasformerai da azienda fiorente a mezzo disastro (è un esempio di fantasia). A voler fare un favore ai figli, bisognerebbe diseredarli, ma in Italia non si può: c’è la quota legittima, quella parte del tuo patrimonio che devi per forza lasciare alla prole (prima cosa che abolirei se fossi al governo, assieme agli alimenti in caso di divorzio).

Insomma i figli d’un ottantacinquenne si sarebbero messi di mezzo acciocché il povero vecchio non desse un ruolo ufficiale alla signora Fascina, alla quale in caso di matrimonio spetterebbe pure una quota di eredità per legge. (Una delle voci dice che il finto matrimonio celebrato domenica sia stato una festa per assecondare i figli ma che i due in realtà si siano sposati davvero, precedentemente. Non è molto plausibile – in Italia per sposarti devi esporre per due settimane le pubblicazioni, va bene che il giornalismo locale è quello che è ma mi pare difficile nessuno si sia accorto di pubblicazioni col nome d’un tizio d’una certa fama – ma è bello sognare).

Quindi Marta s’è vestita da meringa; Silvio ha convocato Gigi D’Alessio (Apicella aveva il Covid); Marina è andata al banchetto e Piersilvio no (le donne son sempre più assennate); gli invitati hanno fatto i filmini che sono finiti su Instagram e sui giornali, una foto che Berlusconi vuole fare con Confalonieri e Galliani e Letta (zio) in cui Sgarbi fa capoccella (e Silvio gli urla scherzoso «Fuori dalle palle»), Salvini che si avvicina e Berlusconi che lo abbraccia definendolo «l’unico leader vero che c’è in Italia»; e la sposa, nella mia angolazione di filmato preferita, impallata dalla torta.

Mi piace pensare che sia il trucco di quando, in uno sceneggiato, l’attrice protagonista resta incinta, ma il personaggio non lo è, e quindi la produzione s’ingegna a farle portare borse enormi, o a farle avere conversazioni in piedi dietro a un abat-jour. Marta Fascina, lasciatemi sognare in pace, è dietro la torta di non nozze perché essa occulta una gravidanza: un erede cui spetterà comunque, anche se la mamma non fosse maritata, una quota legittima d’eredità.

Ieri ho messo su Instagram uno dei video, quello in cui Berlusconi abbraccia Salvini – dopo che Matteo satollo ha detto «mi sbottono la giacca sennò esplodo» – e lo loda perché «è sincero». Il noiosissimo ceto medio riflessivo ha commentato cose come «ah certo, la sincerità, e Ruby nipote di Mubarak?»; e io mi sono ricordata dell’unico dettaglio interessante che c’è nella proposta di memoir di Karima El Mahroug. Il racconto di come quella sera, tornata dalla cena con Berlusconi, Karima chiamò la mamma e le disse: sono stata a cena dal capo dell’Italia.