Atomo in crisiLa produzione di energia nucleare dipende dalla Russia?

Gli investimenti nel settore aumenteranno, ma la Federazione russa è un tassello importante del rifornimento mondiale di uranio, il materiale che fa funzionare le centrali. E diversi Paesi del mondo vi fanno affidamento

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Si parla molto dell’energia nucleare come di una delle possibili soluzioni alla crisi energetica. Perché aumentarne l’utilizzo permetterebbe di diminuire la dipendenza da combustibili fossili come carbone, petrolio e gas. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina la crisi energetica è peggiorata, con dirette implicazioni sui prezzi e sulla sicurezza delle forniture. Così, Paesi come Italia e Germania, che dipendono in modo particolare dal gas russo, sono alla ricerca di fonti alternative di approvvigionamento. Ed è per questo che la Germania sta valutando se mantenere in attività centrali nucleari che erano invece destinate a chiudere.

Investire in questo periodo sull’energia nucleare ha anche un’altra funzione. Oltre a quella di garantire la diminuzione della dipendenza da petrolio, carbone e gas garantisce anche emissioni in atmosfera minori, con benefici a livello ambientale e sanitario.

Per questi motivi è probabile che gli investimenti in questo settore aumenteranno, ma ci sono alcuni problemi, e il principale viene proprio dalla guerra in Ucraina voluta da Vladimir Putin. La Russia, infatti, è un tassello importante del rifornimento mondiale di uranio, cioè il materiale che serve a far funzionare le centrali nucleari. L’isolamento politico ed economico verso cui Mosca sembra proiettarsi potrebbe interrompere, o mettere in seria difficoltà, l’accesso all’uranio.

L’energia nucleare, già oggi, è parte integrante del mix energetico di diversi Paesi. La Francia produce oltre il 70% della sua energia con le centrali nucleari, l’Ucraina il 51%, l’Ungheria il 46% e la Finlandia il 34%. Gli Stati Uniti producono circa il 20% di tutta la loro energia con il nucleare. Il dato più interessante però è quello globale: anche se sono solamente 32 i paesi che ospitano dei reattori nucleari ben un decimo di tutta la fornitura mondiale di elettricità dipende dal nucleare.

Un altro dato utile a farsi un’idea di chi sarebbe più in difficoltà se venisse a mancare l’uranio è che i reattori, nel mondo, sono 440. Il Paese che ne ospita di più sono gli Stati Uniti, 93, al secondo posto c’è la Francia, con 56, e poi la Cina, con 53 reattori.

Come mai la Russia è centrale nella produzione di uranio? Come spiegano diversi analisti ed esperti del settore, se andiamo a vedere una mappa che mostra la distribuzione di questo metallo notiamo che il Kazakistan produce oltre il 40% di tutto quello utilizzato globalmente ogni anno. Una porzione considerevole poi viene estratta in Canada (circa il 13%) e dall’Australia (circa il 12%). Al quarto posto c’è la Namibia. Dal piccolo dell’Africa occidentale dipende il 10% di tutto l’uranio prodotto nel mondo. La produzione in Russia è poco più che irrisoria, circa il 5%. Il punto, però, è che la maggior parte dell’uranio estratto in Kazakistan viaggia proprio attraverso il territorio russo, prima di essere esportato all’estero.

Inoltre c’è il fatto che alcuni processi industriali essenziali alla produzione di energia nucleare, come la conversione dell’uranio in esafluoruro di uranio, avvengono per larga parte in Russia. Insomma, di fatto Mosca è uno dei leader nella produzione mondiale di uranio, nonostante il materiale grezzo sia estratto in territorio kazako. Anche l’arricchimento dell’uranio avviene al 43% in Russia.

Naturalmente, proprio come con le forniture di gas, ogni Paese ha una diversa dipendenza dall’uranio russo e di conseguenza un grado diverso di esposizione al rischio che questo venga a mancare. Le forniture delle centrali degli Stati Uniti, per esempio, dipendono per circa il 16% dall’uranio proveniente dalla Russia.

L’attuale crisi politica ed energetica potrebbe far variare i prezzi dell’uranio similmente a come è accaduto con quelli del gas. Negli scorsi anni c’è già stato un significativo aumento e sembra che abbiano influito l’incidente di Fukushima, in Giappone, e le proteste politiche in Kazakistan. La guerra in Ucraina potrebbe avere effetti simili, anche se va sottolineato che dallo scorso 24 febbraio, data dell’inizio dell’invasione russa, le forniture di uranio non hanno subito tagli o rallentamenti. Come quelle di gas, peraltro.