New importA che punto è il piano dell’Italia per fare a meno del gas russo

A 20 giorni dall’inizio dell’invasione in Ucraina, l’Italia ha portato avanti sei trattative diverse per altrettanti luoghi da cui potrebbero aumentare le forniture di gas. Un recap dei passi fatti fin qui

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Già prima dell’invasione russa dell’Ucraina il settore energetico europeo era sotto pressione perché il governo di Vladimir Putin aveva deciso di usare, per l’ennesima volta, la propria posizione di forza sulle forniture di materie prime per fare pressioni politiche. Inizialmente sembrava che il flusso di gas russo diminuisse così da obbligare il governo tedesco a dare, finalmente, il via libera all’utilizzo di Nord Stream 2, il grande gasdotto che rifornisce di gas l’Europa occidentale passando direttamente dalla Russia al territorio tedesco, attraverso il Mar Baltico. Quella strategia, per il Cremlino, non ha funzionato: la carenza di gas ha fatto impennare i prezzi, ma Nord Stream 2 è rimasto a secco. Alla fine del 2021, con l’aumento dei prezzi dell’energia, Vladimir Putin lo aveva detto chiaramente: per stabilizzare i prezzi è sufficiente approvare Nord Stream 2.

Con l’invasione dell’Ucraina è probabile che Putin persa una prima scommessa ne abbia abbia aggiunta un’altra. Insomma, che abbia rilanciato. La guerra nei confronti di Kiev avrebbe potuto “spaccare” l’Unione europea e, più in generale, il blocco occidentale. E questa spaccatura sarebbe dovuta sorgere proprio sulla base delle sanzioni e della necessità di gas russo da parte di alcune nazioni dall’alto peso specifico all’interno dell’Unione, come Italia e Germania. Non è successo nemmeno questo: per quanto sia grande la dipendenza dal gas russo da parte di molti Paesi a ovest di Kiev, i governi europei hanno deciso di ribadire “l’assoluto accordo” sulle sanzioni e quindi, piuttosto che piegarsi al ricatto, procedere a cercare altre fonti di approvvigionamento. Naturalmente ogni Paese, avendo un mix energetico differente, ha dovuto pensare a un proprio specifico percorso per disinnescare il ricatto di Mosca sull’energia.

A venti giorni dall’inizio dell’invasione l’Italia ha portato avanti ben sei trattative diverse per altrettanti luoghi da cui potrebbero aumentare le forniture di gas. Si tratta di Algeria (con il coinvolgimento della Tunisia), Qatar, Congo, Angola, Azerbaijan e, infine, dell’aumento della produzione di gas proveniente dal territorio italiano. Queste trattative (di cui alcune sono già concluse) saranno utili a rendere il nostro Paese il più possibile “indipendente” dalle forniture russe e a far sì che Putin perda quella che fino ad oggi è stata la sua arma più importante nei rapporti con l’Europa, proprio le esportazioni di gas.

Il governo italiano ha fatto in modo che le trattative in questione fossero il più veloci possibile. Questa fretta ha due scopi: serve sia per garantire una copertura al fabbisogno energetico del nostro Paese (non tanto per quest’inverno, per cui ci sono coperture sufficienti, ma per il prossimo) sia perché queste modifiche repentine agli approvvigionamenti sono parte integrante delle sanzioni occidentali che mirano a mettere sotto pressione il governo di Putin. Il gas esportato verso occidente è un asset fondamentale di Mosca, e renderlo rapidamente inessenziale serve a costringere lo stesso Putin a trattare e, possibilmente, a ritirare le proprie truppe dall’Ucraina. Per velocizzare il lavoro di contrattazione il governo ha composto di volta in volta delegazioni diplomatiche diverse, ma che hanno sempre visto il ministro degli esteri Di Maio come plenipotenziario e compreso l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi. 

Il viaggio di Di Maio e Descalzi in Algeria è stato il primo sia in ordine di tempo che di importanza. Lo stato africano infatti ha fornito al nostro Paese ben 21 miliardi di metri cubi di gas nel 2021 facendo registrare un aumento delle forniture rispetto al 2020 del 76%. Insomma, tra Roma e Algeri c’è già un proficuo scambio in atto e il governo Draghi punta ad aumentarne l’importanza e sfruttare appieno il potenziale del gasdotto Transmed, che collega i due Paesi. Transmed passa anche per la Tunisia, che è stata coinvolta nella trattativa. Idealmente la quantità di gas in arrivo in Italia dall’Algeria può crescere fino a raggiungere i 30 miliardi di metri cubi annui (quindi +9 miliardi, rispetto al 2021). 

Peraltro, stando alle stime di Snam, la società che si occupa della distribuzione del gas metano in Italia, già oggi non è più la Russia a essere il primo fornitore di gas dell’Italia, ma l’Algeria. Al terzo posto invece ci sarebbe l’Azerbaijan. Si tratta dell’inizio di un cambiamento dell’assetto energetico italiano ed europeo che non potrà che modificare anche quello politico. D’altronde leader come Macron, von der Leyen e Letta su questo si sono già espressi chiaramente: serve una nuova indipendenza energetica europea. E sembra proprio che tale indipendenza energetica farà il paio con quella militare, visti gli annunci di spese in armamenti da parte di Italia, Germania e molti altri paesi europei.

L’ultimo viaggio della delegazione italiana, in ordine di tempo, è stato quello in Angola e Congo. Dalla capitale angolana Luanda Luigi Di Maio, dopo l’incontro con il presidente Denis Sassou N’Guesso, ha espresso soddisfazione, prima in un’intervista televisiva concessa a Lucia Annunziata, poi con un messaggio affidato ai social: «Vi posso confermare, alla luce dell’incontro di oggi con il Presidente della Repubblica congolese Denis Sassou N’Guesso, che i nostri Paesi rafforzeranno la loro partnership energetica. Dopo Algeria e Qatar, questa è un’altra importante notizia. Un altro passo avanti che ci permette di consolidare il piano italiano di sicurezza energetica».

Parallelamente da parte del governo c’è anche la volontà di diversificare le fonti energetiche, così da diminuire in assoluto la dipendenza dal gas. «Stiamo negoziando Memorandum d’intesa con Algeria e Libia sullo sviluppo delle fonti rinnovabili e con la Tunisia sull’idrogeno verde», ha detto sempre Luigi Di Maio in collegamento con la XIII conferenza congiunta Maeci-Banca d’Italia.

L’obiettivo finale è di poter sostituire completamente i 29 miliardi di gas russo che ogni anno arrivano in Italia, che corrispondono a circa il 40% di tutto il gas consumato nel nostro Paese. Stando a quanto ha riferito lo stesso ministro Di Maio «già così ne compenseremo la metà in due mesi, ma sono ottimista, si può riuscire ad andare anche oltre».