È incredibile: mentre in Europa divampa una guerra sanguinosa tra uno stato dittatoriale e uno stato democratico, c’è chi in Italia non si schiera o addirittura si schiera dalla parte sbagliata, accecato dai demoni dell’antiamericanismo e in molti casi dalla strage delle illusioni di gioventù – e tralasciamo qui di citare le orribili performance dei buffoni che vogliono farsi notare in televisione.
Mentre il mondo non capisce ancora come vada a finire, ed è dunque questo il momento di fare qualcosa, di schierarsi, da noi ci si divide sul 25 aprile, che è esattamente la Festa di chi allora si pose dalla parte della democrazia, rischiando così che la sua settantasettesima ricorrenza diventi un pasticcio o un’occasione mancata. Eppure sarebbe così facile.
Un esempio di chiarezza viene da Ravenna, città Medaglia d’Oro al valor militare per il contributo offerto dai partigiani locali, dove i due portavoce di +Europa Nevio Salimbeni e Maria De Lorenzo hanno rivolto un appello: «La festa del 25 aprile giustamente è la festa di tutti gli italiani. Ma questo 25 aprile non può essere uguale a tanti altri perché è in corso una terribile guerra di aggressione, non procurata né giustificabile, da parte della Russia di Putin nei confronti dell’Ucraina. Per questo riteniamo che questo 25 aprile sia giusto venga dedicato anche alla resistenza ucraina e chiediamo a tutti di partecipare a un evento simbolico, un flash mob, portando ovunque le bandiere dei resistenti all’aggressione, e sostenendo ogni iniziativa che consenta agli ucraini di difendersi e di raggiungere una pace giusta nel più breve tempo possibile».
La posizione di +Europa è molto chiara: contro il fascismo, ergo a fianco di Kiev. Non è una forzatura. È una conseguenza logica. Al contrario, l’Associazione nazionale partigiani italiani ha pensato bene di produrre un manifesto (anche brutto) in cui non si fa cenno della resistenza ucraina – cioè della incarnazione odierna della lezione del 25 aprile – più o meno come era avvenuto nella manifestazione di piazza San Giovanni del 5 marzo sostanzialmente neutralista.
Ma come aggravante c’è il fatto che da allora ci sono state le tante Bucha che anche il presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo ha potuto vedere, testimonianza inequivocabile di chi siano oggi i partigiani; lui dice che la sua organizzazione non è equidistante: e allora perché non fa stampare manifesti contro Vladimir Putin, l’aggressore, e invece passa un manifesto neutro come quello? Perché è la solita ambiguità di quella sinistra per la quale il problema è sempre un altro e ovviamente più complesso.
E poi è veramente increscioso che le posizione “né con Putin né con Zelensky”, simboleggiata in una nazistoide vignetta di un disegnatore che si chiama Vauro, alligni anche in un alcuni circoli del Pd, secondo quanto ha denunciato il senatore Andrea Marcucci, in evidente contrasto con la ferma linea di Enrico Letta, Lorenzo Guerini, Lia Quartapelle, Piero Fassino, Enzo Amendola, cioè i massimi dirigenti dem che si occupano di politica internazionale (non a caso non figura nessuno della sinistra interna).
Così come l’ex parlamentare cossuttiano oggi presidente dell’Anpi Pagliarulo, invece di esibirsi in inutili distingui tra la Resistenza italiana e quella ucraina, dovrebbe sapere che a fianco di Kiev ci sono tutti, ma proprio tutti, i paesi democratici del mondo e l’alleanza militare occidentale di cui l’Italia fa parte che sta aiutando gli ucraini con ogni mezzo.
Però per lui portare in piazza bandiere della Nato potrebbe «provocare incidenti»: ma a parte che quando mai si sono viste bandiere della Nato, il punto è che bisognerebbe portare alle manifestazioni le bandiere dell’Ucraina aggredita e cartelli contro l’invasione imperialista del Cremlino.
Chi potrebbe essere contrario? Giusto i filoputiniani ex filosovietici, gli sconfitti di ieri e di domani. Pazienza, il 25 aprile è una cosa troppo importante per preoccuparsi di loro.