Tocca a noi BlackRock cerca di convincere il mondo a investire sulla transizione energetica

Il Ceo Larry Fink ha invitato i suoi azionisti a premiare imprese sostenibili, in un momento in cui la guerra tra Russia e Ucraina costringe gli Stati a riaprire le centrali a carbone per sopravvivere

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Della lettera che Larry Fink, il numero uno di BlackRock, invia annualmente agli azionisti, nei giorni scorsi sono stati evidenziati principalmente la condanna all’aggressività di Mosca, la conseguente fine della globalizzazione causata dal conflitto e l’opportunità per le valute digitali di vivere una svolta. Tuttavia, vi è un passaggio a mio parere molto illuminante che trova radici in un processo già avviato da molti anni e sul quale questo conflitto potrebbe avere effetti disturbanti.

Il Ceo e presidente del più grande asset manager del mondo, con fondi amministrati per circa 10 mila miliardi dollari, di cui un terzo in Europa, a un certo punto del suo ragionamento afferma che «le prossime 1.000 imprese “unicorno” non saranno motori di ricerca o social media, bensì innovatori sostenibili e scalabili; startup che aiutano il mondo a de-carbonizzarsi e rendono la transizione energetica accessibile a tutti i consumatori. (…) Con la disponibilità, senza precedenti, di capitale in cerca di nuove idee, gli operatori esistenti devono essere chiari circa il proprio percorso verso il successo nell’economia dello zero netto. E non sono solo le startup che possono, e vogliono, sovvertire i settori. (…) La nostra domanda per le aziende è: cosa state facendo per stravolgere il vostro business? Come vi state preparando e come state partecipando alla transizione verso l’azzeramento delle emissioni? Via via che il vostro settore viene ridisegnato dalla transizione energetica, vi estinguerete come il dodo o risorgerete dalle vostre ceneri come la fenice?».

È un punto di vista molto rilevante se consideriamo che nella realtà dei fatti l’attacco della Russia contro Kiev ha già spinto numerosi governi a dichiarare la necessità di mantenere in vita, o di riaprire, le centrali a carbone, pur di garantire l’approvvigionamento energetico a cittadini e aziende. Ma “se continueremo così – ha affermato il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres – possiamo dire addio all’obiettivo di limitare la crescita della temperatura media globale ad 1,5 gradi centigradi entro la fine del secolo. E anche quello dei 2 gradi potrebbe risultare fuori portata”.

Eppure, proprio dai cambiamenti climatici nei prossimi anni deriveranno le maggiori pressioni sulla produzione alimentare. Alla fine dello scorso anno, secondo l’agenzia delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) l’indice dei prezzi dei prodotti alimentari era a un livello tra i più alti dell’ultimo decennio. Secondo i suoi calcoli nel 2021 la spesa globale per le importazioni di cibo è stata la più alta di sempre: ha superato i 1.750 miliardi di dollari facendo segnare un +14% rispetto all’anno precedente e un +12% rispetto alle previsioni della stessa Fao.
Oggi l’aumento dei prezzi alimentari supera il tasso di inflazione complessivo. E ovviamente maggiormente danneggiate risultano e risulteranno le economie più povere, le regioni in via di sviluppo in Asia e Africa.

Inoltre, nel 2021 gli investimenti nel settore hanno registrato una forte crescita, la qual cosa rappresenta un fattore certamente rilevante che ci racconta un rinnovato interesse della speculazione finanziaria verso i mercati alimentari. Di certo entrambi i temi, quello delle scorte e quello della speculazione, sono di pertinenza della politica e dei governi, ma come la storia ci insegna non sempre questi trovano in tempi utili una volontà comune per farlo e dunque il peso più gravoso continuerà a colpire i più poveri.

Oggi più che mai è urgente il bisogno di comprendere che ogni nostro gesto quotidiano può divenire, almeno in potenza, l’espressione di una volontà, di un orientamento, di un’alternativa, di un consenso come di un dissenso. Un vero e proprio voto politico. Questo prevede però che noi si sia consapevoli di questa potenzialità e della responsabilità a essa collegata. Vale per l’unità atomica della società, l’individuo, ma anche per quella aggregata, cioè le diverse organizzazioni di persone, prime fra tutti le imprese. È significativo e oltremodo tempestivo, dunque, che il numero uno di BlackRock ispiri il mondo del business nel tentare di riempire nuovamente di significato parole come progresso e sviluppo, e a ripensare i numeri con cui misuriamo il benessere e a coniare nuovi parametri e misure che siano all’altezza delle vite. Quelle di tutti.

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