Il vino rappresenta un quarto dell’export del settore agroalimentare italiano; un settore che ha saputo mantenersi in territorio positivo durante il picco della pandemia e che ancora oggi riporta ottime performance. Le vendite oltreconfine di vino, uno dei prodotti di punta del Made in Italy, sono continuare a crescere anche nel 2021 con un incremento del 12,4% rispetto all’anno precedente (per un valore di €7,3 miliardi). È questo che ci dice il Focus “On – Vino: quando il Made in Italy fa la differenza”, un’analisi sull’export del settore realizzata dal Ufficio Studi SACE. Ma è anche quello che ci dicono i tanti produttori che al Vinitaly, la fiera veronese più importante del settore, abbiamo incontrato per capire meglio quale futuro ci aspetta nel settore enologico e quanto questa filiera possa essere determinante per la ripresa del Paese, sia in termini economici che in comunicazione e conseguente turismo.
Mancano le bottiglie, i mercati esteri sono contratti, ma davanti alle bollicine franciacortine di Mosnel la preoccupazione è vista come opportunità: Giulio Barzanò, patron e tecnico nella splendida tenuta di famiglia, è ottimista: «Vederci qui è importante, incontrare le persone giuste – anche se sono un po’ meno del solito – ci dà la misura della ripresa. Certo, le difficoltà di vendita e di acquisto non possiamo dimenticarle. Organizzarsi è diventato il vero problema: se hai il vino ma non arrivano le bottiglie, e non sai fino all’ultimo quanto costerà il cartone per gli imballaggi è davvero complesso lavorare. Ma il fatto stesso di essere di nuovo qui a Verona ci dà la speranza che il periodo peggiore sia alle spalle e oggi siamo felici di poter presentare qui nello spazio della Federazione Vignaioli Indipendenti il nostro nuovo Franciacorta Extra Brut EBB 2016 e il Franciacorta Rosé Pas Dosé Parosé 2016, due vini che rappresentano a pieno titolo il nostro stile».
Il confronto internazionale
L’Italia si riconferma fra i primi Paesi esportatori, sia in termini di volume che di valore. Nel dettaglio, Francia, Italia e Spagna si confermano i principali esportatori mondiali di vino in valore, la quota italiana cresce nel tempo e si assesta saldamente al secondo posto, mentre Parigi vede il proprio peso scendere sotto il 30%; segue Madrid, con il 9% delle vendite globali realizzate oltre i confini nazionali. A giocare a favore dei cugini d’oltralpe sono i prezzi dei vini, mediamente più alti di quelli italiani, in particolare nel confronto tra “bollicine” con lo champagne francese da un lato e il prosecco italiano dall’altro. I dati in quantità mostrano, invece, un quadro differente, dove la quota maggiore è riconducibile alla Spagna (20,2%), seguita strettamente dall’Italia (20,1%), mentre la Francia rappresenta “solo” il 13,7%.
Bella la ripartenza anche per Montelvini, che da questo Vinitaly esce con soddisfazione: «È stato bello ripartire da questa fiera, incontrare di nuovo le persone. C’è stata una buona risposta anche dagli stranieri e siamo soddisfatti. Abbiamo lavorato per avere una importante certificazione e siamo felici di averla ottenuta». È equalitas, che punta sulla valorzzazione del territorio, l’attenzione al benessere dello staff e alla sostenibità del bilancio. E ci fa capire ancora una volta quanto fare il vino sia solo una delle parti di questo lavoro così complesso e sfaccettato.
Crescita dei consumi e quota di mercato dei vini italiana
Il posizionamento dell’Italia fra i primi Paesi esportatori beneficia anche di una consistente crescita dei consumi di vino, trainata sia da geografie più consolidate come quella americana (gli Stati Uniti sono il primo mercato di destinazione dell’export italiano di vini), ma anche da destinazioni meno presidiate, ma dall’alto potenziale, come per esempio Cina e Giappone dove il valore delle vendite di vino italiano è già abbastanza rilevante, ma il presidio ancora non al pieno delle potenzialità.
La specializzazione regionale
A trainare la buona dinamica delle esportazioni sono le peculiarità territoriali per cui l’Italia vanta numerosi riconoscimenti di qualità. In particolare, per valore, nel 2021 è stato il vino veneto quello che più di altri ha varcato i confini nazionali (quasi €2,5 miliardi di esportazioni) grazie in particolare all’ottima performance del Prosecco di Treviso (30% dell’export della regione), che nel 2021 ha esportato bollicine per quasi €830 milioni, in crescita di oltre il 15% rispetto allo scorso anno; seguono Piemonte e Toscana; anche Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e Lombardia – grazie anche all’ottima performance estera del Franciacorta (+10,3%) – presentano buoni livelli di vendite oltreconfine. Questo slancio è tangibile per V8+, brand che fa parte di le Tenute, e sta restituendo al Prosecco la sua vocazione al racconto e alla maggiore consapevolezza dei consumatori di questo prodotto troppo spesso ridotto al “prosecchino” senza dignità. Attenzione quindi alla comunicazione e piccoli dettagli in grado di dare un senso nuovo alla narrazione del prodotto, come il messaggio nascosto nella capsula, da scoprire quando si stappa. La comunicazione che cambia, e che è un altro dei tasselli imprescindibili per portare al grande pubblico il nuovo corso del vino italiano.
Gli impatti della guerra in Ucraina
Nel 2021 la Russia ha rappresentato il 12° mercato di destinazione per le esportazioni di vini italiani (con €149 milioni, pari al 2,1% del totale di vini esportati), dietro al Giappone e davanti alla Cina, con una crescita (+18,4% rispetto al 2020) superiore alla media. Gli effetti dell’attuale conflitto bellico tra Russia e Ucraina si riflettono anche sul settore del vino, sia da un punto di vista di approvvigionamento di materie prime (su tutti l’alluminio e i fertilizzanti) sia da un punto di vista energetico (la produzione di vetro e carta, per bottiglie, etichette e cartoni per imballaggi, è infatti energivora). Le ripercussioni di tali costi aggiuntivi si iniziano a intravedere, ma sarà la durata del conflitto a determinare la vera portata dei suoi effetti sull’andamento del settore.