«Ora o mai più». Così hanno affermato gli scienziati spiegando che la finestra di tempo per limitare il riscaldamento globale a livelli relativamente accettabili si sta rapidamente chiudendo.
Secondo un nuovo studio dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), pubblicato il 4 aprile, il mondo può ancora sperare di evitare le peggiori devastazioni della crisi climatica, ma solo se tutte le nazioni si muoveranno insieme e velocemente per ridurre l’uso di combustibili fossili e limitare il riscaldamento globale.
L’Ipcc, organismo delle Nazioni Unite, pubblica tre di nuovi “rapporti di valutazione” ogni otto anni circa, rendendo questo potenzialmente l’ultimo avvertimento prima che il mondo si metta irrevocabilmente sulla strada dell’autodistruzione.
Quella appena pubblicata è la terza parte del sesto rapporto di valutazione dell’Ipcc, che copre i modi per ridurre le emissioni. Segue un primo report pubblicato lo scorso agosto che avvertiva che i cambiamenti climatici causati dall’uomo stavano diventando irreversibili, e una seconda sezione pubblicata a fine febbraio che avverte degli impatti catastrofici.
Ogni ciclo di ricerca è un’impresa mastodontica: centinaia di scienziati di tutto il mondo considerano, analizzano e investigano migliaia di documenti sulla scienza del cambiamento climatico sottoposti a revisione paritaria per poi raccogliere le loro scoperte. Questo report, di quasi 3.000 pagine, è quindi il risultato di settimane e settimane di discussioni tra rappresentanti di 195 paesi sul modo migliore per presentare un fronte unito, supportato dalla scienza, contro il cambiamento climatico. Ma la sua conclusione non è di certo incoraggiante.
Lo studio dell’Ipcc, avverte che, a meno che le nazioni non accelerino drasticamente gli sforzi nei prossimi anni per ridurre le loro emissioni di carbone, petrolio e gas naturale, l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, sarà probabilmente fuori portata entro la fine di questo decennio.
Raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi, e quindi limitare l’aumento della temperatura media globale a 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali o, nel peggiore dei casi, al di sotto dei 2°C, richiederà un’azione immediata e senza precedenti da parte di ogni paese.
Tale report è stato pubblicato in un momento storico particolare: cioè quando l’invasione russa dell’Ucraina ha fatto salire alle stelle i prezzi del petrolio e del gas, distogliendo l’attenzione politica dal cambiamento climatico. I leader dell’Europa e degli Stati Uniti si stanno concentrando sul rafforzamento delle forniture nazionali di combustibili fossili per evitare picchi di prezzo e carenza di energia, anche se ciò significa emissioni più elevate a breve termine.
Tuttavia, gli scienziati affermano che c’è poco margine di ritardo se il mondo vuole frenare l’aumento delle temperature e mantenerle a livelli relativamente tollerabili.
1,5 gradi Celsius. Questa è la soglia oltre la quale i pericoli del riscaldamento globale, come l’aumento delle inondazioni e degli incendi, il peggioramento della siccità e il collasso dell’ecosistema, cresceranno considerevolmente distruggendo le nostre speranze per il futuro.
Ma è un compito difficile: mantenere il riscaldamento globale entro il grado e mezzo richiederebbe alle nazioni di ridurre collettivamente le loro emissioni di circa il 43% entro il 2030 e di smettere del tutto di aggiungere anidride carbonica nell’atmosfera entro l’inizio del 2050. Tuttavia, le attuali politiche dei governi mirano a ridurre le emissioni globali di soli pochi punti percentuali nell’attuale decennio.
«Questa è un’emergenza climatica – ha affermato il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres – Siamo su una corsia preferenziale per il disastro ambientale: metropoli completamente sott’acqua, ondate di caldo senza precedenti, tempeste terrificanti, diffusa carenza d’acqua, l’estinzione di un milione di specie di piante e animali. Non è finzione o esagerazione. È ciò che la scienza ci dice risulterà dalle nostre attuali politiche energetiche».
Guterres afferma anche che le economie degli stati più benestanti «non stanno solo chiudendo un occhio; ma stanno gettando ulteriore benzina sul fuoco. Stanno soffocando il nostro pianeta, sulla base dei loro interessi acquisiti e degli investimenti storici nei combustibili fossili, quando soluzioni più economiche e rinnovabili forniscono posti di lavoro ecologici, sicurezza energetica e maggiore stabilità dei prezzi».
Il costo totale di ridurre le emissioni e passare a energie più sostenibili sarebbe infatti minimo, pari a solo una piccola percentuale del PIL globale entro la metà del secolo. Ma richiede uno sforzo enorme da parte di governi, imprese e individui. «Dobbiamo essere chiari che un’azione decisiva sul clima non è un ‘costo’ ma un investimento. Non solo nel nostro futuro, ma nella nostra sopravvivenza. Sarebbe il più grande risparmio di costi della storia umana», ha affermato Steve Trent, della Environmental Justice Foundation.
La questione economica resterà centrale nei negoziati ONU sul clima, con il prossimo vertice che si terrà a Novembre in Egitto. A riguardo, l’Ipcc afferma che gli investimenti per il clima devono essere da tre a sei volte maggiori di quelli attuali: «I limiti per combattere il cambiamento climatico non sono scientifici o tecnologici, ma politici ed economici».