Appunti per LettaLa nettezza dei riformisti è la migliore arma per sconfiggere il bipopulismo

Come mostra la vittoria di Emmanuel Macron in Francia, fermare i reazionari in nome della società aperta e dei diritti è premiante. La lezione per il Partito democratico è che il campo largo deve essere pulito e assolato, non uno stagno di potere

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Il sovranismo ha ricevuto un’altra sberla in Francia grazie alla forza di Emmanuel Macron – l’uomo che certi osservatori interessati già vedevano colare a picco per la sua freddezza e altre banalità di questo tipo – ma questo fenomeno regressivo non è da considerarsi esaurito.

Il sovranismo è una versione di destra, di estrema destra, della malattia politica di questo inizio del XXI secolo, il populismo, una fortissima corrente antidemocratica che si presenta in diverse forme, da quella postfascista di Marine Le Pen a quelle, senz’altro non refrattarie alla democrazia, di Jean Luc Mélénchon, dei Cinque Stelle, di Podemos, formazioni politiche che scendono giù per li rami del comunismo nella sua versione più estremista e ribellista.

Si tratta di due espressioni di un medesimo malessere politico, sociale, culturale che si nutre di odio verso le élites esattamente come cento anni fa Action Française di Charles Maurras o i Fasci di Benito Mussolini o i primi partiti comunisti: questa non è la prima volta, dunque, che il ribollire di una parte della società viene fermentato e diffuso contemporaneamente in una versione di destra e una di sinistra. 

A fare barrage contro il bipopulismo, contro questo doppio cannoneggiamento della modernità e delle sue regole, ci sono oggi quelli che con vecchie categorie definiremmo liberali e socialdemocratici, o meglio: riformisti. I quali vincono certo anche grazie alla non sommabilità del populismo di destra con quello della sinistra radicale ma soprattutto grazie alla nettezza del proprio profilo – con i limiti che ogni esperienza umana contiene – perché alla fine le vittorie di Joe Biden e di Emmanuel Macron sono lì a dimostrare che si può anche essere vecchi o freddi ma se la scelta è chiara – fermare i reazionari in nome della società aperta e dei diritti – il risultato poi è premiante. 

La nettezza, dunque. La nettezza che può anche comportare qualche impopolarità, e se a Enrico Letta, come ieri a Milano, arriva qualche insulto da parte dei figli del ’77 vuol dire che il suo messaggio europeista e atlantista comincia a passare, che si sta facendo chiarezza su chi ragiona e chi parla per slogan per lo più vuoti (a proposito, se la marcia Perugia-Assisi si fosse caratterizzata come una grande manifestazione per l’Ucraina sarebbe andata meglio), che egli si sta caratterizzando come un punto di riferimento fortissimo dei riformisti: altro che Giuseppe Conte, contento per la vittoria di Macron solo un minuto dopo aver saputo che aveva vinto. 

Ecco, se la nettezza e l’arma numero uno per contrastare e battere il bipopulismo dell’estrema destra e dell’estrema sinistra, corroborati l’una e l’altra dalla demagogia dell’avvocato del popolo, allora quest’arma va usata bene.

Anche grazie al sistema elettorale francese connesso al semipresidenzialismo Macron non ha avuto bisogno di fare accordi con nessuno. La strada da noi non è praticabile allo stesso modo, e tuttavia in Italia il proporzionale, al quale anche Letta sta pensando, lascerebbe il Pd libero di correre da solo, gli accordi verrebbero fatti poi in Parlamento sulla base del voto e delle proposte di governo, evitando così pasticci, accordicchi di vertice, pastette di sottogoverno, alchimie politiciste. Dalla Francia la lezione per il Pd è questa: il campo largo deve essere pulito e assolato, non uno stagno di potere

Dalla Francia la lezione per il Pd è questa: il campo largo deve essere pulito e assolato, non uno stagno di potere.

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