L’Occidente è schierato al fianco dell’Ucraina, non solo a parole. Gli Stati Uniti e gli alleati europei stanno inviando armi a Kiev per aiutare la resistenza contro un’invasione scellerata. L’amministrazione americana si è espressa a favore di equipaggiamenti pesanti, soprattutto tank e artiglieria. Al suo fianco ci sono Regno Unito e Paesi baltici; Francia, Turchia, Germania sono più prudenti.
Un articolo del Corriere della Sera firmato da Andrea Marinelli e Guido Olimpio ricorda che «ci vogliono fra i 4 e i 6 giorni per consegnare armi in Ucraina», come ha confermato mercoledì il portavoce del Pentagono John Kirby. È una filiera che funziona come se fosse la logistica di un comunissimo e-commerce, solo che trasporta missili anti-aereo Stinger e Javelin anti-carro.
Le armi statunitensi difficilmente si muovono dal suolo americano: l’esercito di Washington raccoglie le scorte nelle sue basi dislocate perlopiù in Europa e porta tutto il materiale in Polonia, Romania o Slovacchia, in una tratta che può essere lunga anche mille chilometri.
Poi bisogna attraversare il confine per arrivare nelle città ucraine vicine alle zone di combattimento: «In questo caso tutte le informazioni delle spedizioni restano riservate fin tanto che nessuno lo scopre. Questi convogli possono essere obiettivi facilmente identificabili dai russi, quindi vengono frazionati in spedizioni piccole», scrive il Corriere.
L’ultimo miglio è chiaramente il più complicato: le spedizioni, si legge nell’articolo, vengono divise in convogli ancora più piccoli che necessitano di ulteriore protezione, e ci si affida all’intelligence per capire cosa spedire e in quale area. Infine c’è la distribuzione alle singole unità, dell’esercito e della Territoriale.
Le nuove armi hanno bisogno di conoscenze, know-how e consapevolezza nell’utilizzo. Come scrivevamo il mese scorso qui a Linkiesta, gli ucraini hanno dimostrato di essere sufficientemente addestrati per adattarsi a nuovo equipaggiamento in tempi brevi. Sicuramente ha aiutato il sistema di riserve a più livelli messo in atto dopo il 2014: l’esercito è affiancato alla guardia nazionale (900mila soldati che hanno già servito nelle forze armate, di cui 400mila in Donbass) e dalla guardia territoriale, garantendo quindi che competenze e preparazione militare fossero più o meno diffuse in tutta la società alla vigilia della mobilitazione generale. L’esperienza della guerra 2014-2022 nell’est del Paese è anche stata valorizzata tramite nuovi sistemi per assorbire le lessons learned nel maggior numero possibile di unità.
Ma è anche vero che per la prima volta martedì scorso, il segretario alla Difesa Lloyd Austin ha ammesso in un’audizione alla Camera che il Pentagono addestra soldati sul territorio americano, per insegnare loro a usare lo Switchblade, il drone-kamikaze usa e getta che si schianta contro gli obiettivi nemici.
Prima di questa rivelazione di Austin, l’unica informazione pubblica circa l’addestramento di combattenti ucraini era il programma di addestramento che la Cia ha portato avanti nel Paese europeo dal 2015 fino all’invasione russa, quando ha evacuato tutto il personale americano.
«Ora – si legge sul Corriere della Sera – è arrivata la nuova indicazione sul team presente in terra statunitense. Il programma di addestramento è cominciato in autunno ed è tuttora in corso in una non meglio identificata base americana nel Sud degli Stati Uniti».