La posta in giocoSe la Russia non viene fermata metterà in discussione l’intero ordine mondiale

L’invasione dell’Ucraina non è solo una questione tra Mosca e Kiev. La guerra revisionista di Putin è un assist a tutte le autocrazie che, in futuro, si sentiranno legittimate ad attaccare i Paesi vicini nelle loro guerre di conquista

AP/Lapresse

«Sono orgoglioso di annunciare che l’incontro di oggi diventerà un gruppo di contatto mensile sull’autodifesa dell’Ucraina e sarà un mezzo per intensificare i nostri sforzi, coordinare la nostra assistenza e concentrarci sul vincere la battaglia di oggi e le battaglie future». Dalla base aerea statunitense di Ramstein, in Germania, il segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin ha annunciato le nuove strategie per rafforzare le capacità militari dell’Ucraina. Ma le sue parole vanno molto oltre il qui e ora. La sensazione è che Austin parli di una sfida globale e irrinunciabile, un possibile punto di non ritorno per il mondo democratico e liberale: se non si vince oggi contro l’autoritarismo russo, domani sarà peggio, quindi si combatte oggi, si combatte domani, si combatterà in futuro finché ci sarà bisogno per tutelare la democrazia.

L’invasione russa dell’Ucraina mette in discussione l’equilibrio dell’ordine mondiale. È vero, il rispetto delle norme della sovranità statale non è mai stato realmente impeccabile. Ma gli Stati hanno cercato di rispettare l’integrità dei confini nazionali almeno secondo una linea di massima: si può dire che tra tutte le minacce e le difficoltà che uno Stato deve affrontare nel XXI secolo, un’invasione che voglia ridisegnarne i confini sia un’opzione piuttosto remota.

Ora, con l’invasione della Russia, i principi, i valori e le norme di diritto internazionale che tutelano gli Stati dall’eventualità di subire una guerra di conquista territoriale viene messa alla prova nel modo più minaccioso e palese dai tempi della Seconda guerra mondiale: la guerra in Ucraina ricorda un’era passata, più violenta, un’era che Vladimir Putin non ha timore di rievocare.

«Ma se la comunità globale consentirà alla Russia di prendere l’Ucraina, altri Stati potrebbero pensare di usare più frequentemente la forza per mettere in discussione i confini nazionali, e potrebbero scoppiare guerre, potrebbero essere ripristinati gli imperi e sempre più Paesi potrebbero essere sull’orlo dell’estinzione», ha scritto Tanisha M. Fazal su Foreign Affairs.

Tra il 1816 e il 1945 gli Stati scomparivano dal planisfero al ritmo di uno ogni tre anni. Ma già dalla metà del XX secolo la musica è cambiata. Durante la Guerra Fredda l’idea della conquista territoriale non è stata rimossa del tutto, ma è diventata sempre più debole. Da un lato perché lo sviluppo tecnologico bellico e i nuovi sistemi militari hanno cambiato i conflitti e hanno reso sempre più rischioso un coinvolgimento in guerra. Dall’altro, con la nascita delle Nazioni Unite, è cambiato il modo in cui gli Stati hanno iniziato a interagire tra loro. E i Paesi indipendenti hanno assunto negli anni impegni simili a quanto stabilito dalla Carta dell’Onu, creando organizzazioni regionali – come la Lega araba e l’Organizzazione per l’unità africana – su quegli stessi principi.

Non tutti hanno rispettato quelle norme e quei valori per motivi nobili: alcuni Stati semplicemente non hanno ambizioni territoriali, altri sanno che le controversie sarebbero complicatissime da affrontare, altri hanno interesse nel preservare la stabilità del sistema internazionale. Ma l’equilibrio, per quanto precario, costruito in quegli anni ha limitato il ricorso alla guerra come strumento offensivo e di conquista.

Con gli anni ‘90 e la fine della Guerra Fredda, la battaglia ideologica si è risolta a favore della visione occidentale, fatta di democrazia liberale, stato di diritto e logiche di mercato. È la “fine della storia” teorizzata da Francis Fukuyama. Naturalmente, la fine della storia non ha significato assenza di guerra o conflitti in assoluto. Ma ha contribuito a consolidare un ordine mondiale regolato da principi e valori che – in buona sostanza – frenavano il ricorso a invasioni e ingerenze sul territorio di altri Stati.

«L’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin vuol dire che l’incantesimo della fine della storia è stato spezzato? La storia è ricominciata in chiave tragica, come ha detto il presidente francese Emmanuel Macron? Siamo giunti alla fine della fine della storia militare?», si domandava a inizio aprile Adam Tooze in un articolo pubblicato su New Statesman.

Putin non ha mai accettato la caduta dell’Unione Sovietica, non accetta che i valori fondanti degli Stati Uniti e dei loro alleati possano definire l’ordine internazionale. È per questo che, con lui alla guida, il Cremlino si comporta come una potenza revisionista. Già nel 2007, alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, annunciò la sua sfida all’Occidente: un anno dopo sarebbe arrivato l’attacco alla Georgia, nel 2014 l’invasione della Crimea.

«Il leader della Russia, proprietario del più grande arsenale nucleare del mondo, ha ricostruito un esercito e una macchina di propaganda progettati per facilitare gli omicidi di massa. Troppo a lungo i custodi dell’ordine mondiale liberale hanno distolto lo sguardo: quando la Russia ha “pacificato” la Cecenia uccidendo decine di migliaia di persone, quando la Russia ha bombardato scuole e ospedali in Siria, i leader occidentali hanno deciso che non era un loro problema», scrive Anne Applebaum sull’Atlantic, ricordandoci che non esiste un ordine mondiale liberale naturale, e non esistono regole se non c’è qualcuno che le fa rispettare. E, a meno che le democrazie del mondo non si difendano insieme, unite, le forze dell’autocrazia le distruggeranno.

C’è motivo di temere che le ambizioni di Putin vadano ben oltre gli obiettivi di un regime change in Ucraina o di prendere le repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk. Putin sembra interessato a tornare alla Russia imperiale, una Russia che può permettersi di muovere una guerra preventiva all’Occidente per paura di un attacco che nessuno aveva programmato.

Ora, se la comunità internazionale non frena la guerra voluta da Mosca, tutti gli Stati confinanti con le grandi potenze – specialmente quelle che possono avere velleità revisioniste – si sentiranno in pericolo.

È per questo motivo che la guerra della Russia in Ucraina è molto più di un semplice scontro tra l’armata del Cremlino e la difesa di Kiev. «Farla passare liscia a Putin – sono parole di Fazal su Foreign Affairs – significa rendere milioni di civili più vulnerabili agli attacchi indiscriminati. In questo momento, gli effetti immediati della guerra sono in gran parte limitati all’Ucraina, alla Russia e ai Paesi che accolgono i rifugiati ucraini. Ma in futuro tutti gli Stati farebbero bene a occuparsi con cura dei propri confini».