Gli oli da semi, in particolare quello di girasole, sono basilari per molti filoni produttivi dell’economia italiana. Questi prodotti sono apprezzati principalmente da due settori: quello alimentare, che ha il suo sbocco nelle bakery, e quello oleochimico, che alimenta la zootecnia e l’industria energetica. Anche i sottoprodotti della lavorazione dei semi oleosi, come le farine e le lecitine, si rivelano strategici. Le lecitine sono impiegate come ingrediente nelle produzioni alimentari, mentre le farine proteiche, di cui l’Italia e l’Europa sono fortemente deficitarie, trovano grande impiego nell‘industria zootecnica. Il settore lavora in media tre milioni di tonnellate di semi oleosi ogni anno. Gli scarti peraltro non vengono buttati, ma impiegati per produrre energia “verde”, sia per l’autoconsumo sia per la vendita.
A pesare sul comparto c’è un rilevante deficit proteico. L’insufficiente produzione di proteine vegetali in Italia e in Europa ha obbligato le aziende del settore a selezionare altrove la materia prima per rispondere alla domanda. Si pensi ad esempio al girasole, prodotto il cui consumo annuo in Italia ammonta a 800.000 tonnellate, ma di cui l’industria di spremitura ne produce solo 150.000. Da ciò la necessità di rivolgersi a Paesi terzi come Ucraina e Russia (che rappresentano insieme il 75% dell‘export mondiale del prodotto).
«Il futuro del nostro settore si gioca sulla sicurezza degli approvvigionamenti. I nodi da sciogliere sono ancora tanti, come le modalità di trasporto, l’implementazione delle rese produttive e la ricerca, grande dimenticata, senza la quale sarà impossibile aumentare i quantitativi di oleaginose in Italia. La costruzione di una politica di filiera, a Roma come a Bruxelles, appare più che mai prioritaria» ha affermato Carlo Tampieri, riconfermato alla guida dell’Associazione Italiana dell’industria olearia (Assitol).
Dal panorama internazionale arrivano segnali contrastanti. Dopo un periodo di tensione, l’assemblea annuale di Assitol ha fatto il punto sul complicato scenario attuale. «L’industria torna a respirare aria di normalità – continua Tampieri – l’orizzonte però è ancora incerto e rischia di diventarlo sempre di più se la guerra non dovesse finire a breve».
Tra le notizie positive c’è sicuramente il calo dell’indice Fao dei prezzi degli oli vegetali, sceso del 5,7% in aprile, quasi un terzo in meno rispetto a marzo. In particolare, sembra alleggerirsi la pressione sull’olio di girasole. Inoltre, sono ripresi parzialmente gli approvvigionamenti dall’Ucraina. «Oggi il quadro appare più definito possiamo affermare che, in Europa ed in Italia, la disponibilità dell’olio di girasole nei prossimi mesi ci sarà» ha concluso Tampieri. Naturalmente, la guerra incide anche sulle previsioni relative alla semine di cereali in Ucraina. L’augurio del gruppo è che presto il conflitto finisca, così da scongiurare i rischi di una crisi alimentare mondiale.