Degustare un vino è facile, il difficile è trovare le parole giuste per raccontarlo e descriverlo. Non si tratta solo di scovare alla prima annusata i sentori di viola del pensiero o di cacao amaro ma, banalmente, azzeccare la pronuncia giusta e sapere di cosa si sta parlando. Ma, per questo, si dirà, ci sono i sommelier…
Partiamo proprio da qui: la parola “sommelier” deriva dal francese saumalier, che unisce i termini sauma (bestie da soma) e lier (legare); la traduzione significava infatti “conducente di bestie da soma”. Negli anni il termine ha avuto diverse mutazioni, andando prima a indicare l’addetto ai viveri e poi il cantiniere, ma la sua introduzione è ricollegabile al periodo napoleonico. Pertanto, il collegamento del termine sommellier all’idea di un grande esperto è tutt’altro che immediato. Eppure, in questo senso e pressoché solo in questo il termine è in uso.
Babbel, azienda per l’apprendimento delle lingue che offre lezioni live e su app, e Winelivery, servizio leader in Italia che promette la consegna a domicilio di vini, birre e drink in 30 minuti alla temperatura perfetta di consumo, hanno unito le forze per creare una guida alla degustazione che racconta le parole del vino, fornendo consigli su come pronunciare correttamente i nomi più ostici e fornisce indicazioni per un’esperienza perfetta.
Nel nome c’è la carta d’identità di un vino
«I nomi dei vini – sottolinea Gianluca Pedrotti, esperto di comunicazione interculturale ed editor del team linguistico di Babbel – sono importanti perché ne connotano l’identità, segnalandone l’origine, l’appartenenza a un territorio e a una storia specifica». Va da sé che i nomi brevi, facili da pronunciare e soprattutto con etichette famose sono i più semplici da memorizzare; mentre si perde la voglia di cimentarsi con vini di cui si ignora la pronuncia corretta per evitare l’imbarazzo e la potenziale brutta figura di un errore. Ed è un vero peccato perdersi un’esperienza piacevole e l’occasione per scoprire nuovi sapori e profumi e avvicinarsi alla cultura e al mondo che ogni vino rappresenta”.
Ecco, quindi l’idea di una guida per districarsi anche tra quelli più complessi. Come Grüner Veltliner (Austria): la presenza della umlaut (ü) – dice l’esperto – non cambia molto il suono della “u” rispetto alla pronuncia italiana; risulta semplicemente un po’ più lunga e va detta con le labbra vicine. La “v” di Veltliner è invece pronunciata come una “f”, per ottenere “Gruner Feltliner”
Il tedesco Gewürztraminer è tanto deliziosamente aromatico quanto irto di trappole linguistiche: la sillaba “wü” è pronunciata come “vu” (rimangono valide le indicazioni precedenti per la umlaut). Il nome risulta più semplice se diviso in due parti, con l’accento sulla seconda sillaba “Gevurz” + “traminer”. In Italia per semplicità e per la pace degli avventori spesso questa tipologia di vitigno è chiamata semplicemente “traminer”.
Francia o Spagna, occhio all’accento
Il Riesling (Germania) è semplice: in questo caso l’accento cade sulla prima sillaba, dove la “e” non va pronunciata, dicendo quindi “Risling”. Chi ha viaggiato in Spagna e soprattutto nei Paesi baschi può avere incrociato l’ottimo ma terribile da ordinare Txakoli. Ebbene, è più facile di quello che sembra: le prime tre lettere “Txa” sono pronunciate “cia” e l’accento cade sulla “i” finale. Si dice: “Ciacolì”.
Per restare in zona, Rias Baixas: il suono della “x” è molto simile a quello che si farebbe per zittire qualcuno. In entrambe le parole l’accento cade sulla prima sillaba: “Rias Baiscias”.
Rioja è una regione della Spagna che dà i natali a una serie di vini illustri. Qui la sillaba “ja” è pronunciata come se fosse una “ha” aspirata, un suono che non esiste in italiano e l’accento cade sulla prima sillaba “Rioha”
Il Tempranillo presenta un classico della pronuncia spagnola, dove la doppia “l” si legge come lo “gli” italiano. L’accento è sulla terza sillaba del nome “Tempraniglio”
Non molto diverso dal Sémillion francese. Anche in questo caso la doppia “l” si pronuncia “gli” e, come accade per qualsiasi parola in francese, l’accento è sull’ultima sillaba: “Semiglion”. Viognier si pronuncia “Viognè”, con l’accento sull’ultima sillaba che perde la “e” finale e il celebre Sauternes perde la “es” alla fine mentre le lettere “au” sono pronunciate come una “o” e diventa “Sotern”.
Il Beaujolais nouveau è il più popolare e gradito vino novello francese. La pronuncia corretta in questo caso è “Bojolè nuvò”. In entrambe le parole le lettere “eau” si pronunciano come una “o” in italiano, con l’aggiunta dell’accento finale nel caso di “nouveau”. Bisogna anche prestare attenzione alle lettere “ou”, che suonano come una “u”; mentre in “Beaujolais” la parte finale “ais” si pronuncia come “é”.
In generale, con i vini francesi basta ignorare l’ultima lettera. Nel caso del Muscadet si aggiunge l’accento sull’ultima sillaba, che perde la “t”. Quindi “Muscadé”. Nel caso dello Chablis la prima sillaba si pronuncia “Scia”, mentre la “s” finale è muta, “si dice Sciablì”, rigorosamente accentato alla fine.
Come si degusta
Una volta capito cosa chiedere e come, bisogna anche imparare l’arte della degustazione, che segue alcune regole di base. Per degustare nel migliore dei modi, Winelivery ha raccolto alcuni accorgimenti da seguire. Per prima cosa evitare alcuni cibi e sostanze prima di iniziare una degustazione poiché possono influire sulla corretta percezione gusto-olfattiva del vino. Il caffè è uno di questi, ma il consiglio vale anche per caramelle, sigarette o cibi dai sapori troppo forti come limoni, carciofi e asparagi.
La degustazione andrebbe eseguita quando le potenzialità percettive dell’organismo sono migliori, ovvero prima di pranzo, preferibilmente tra le 10:00 e le 12:00. Per evitare inconvenienti da stomaco vuoto, prima della degustazione è consigliabile mangiare un po’ di pane o crackers, tutto senza sale, così da “pulire” la bocca e non essere completamente a digiuno.
Importante anche evitare profumi troppo forti nell’ambiente e sul corpo: l’olfatto è uno dei sensi maggiormente coinvolti durante una degustazione. I profumi troppo forti sul corpo o dispersi nell’ambiente influiscono negativamente e deconcentrano dalla valutazione oggettiva degli aromi emanati dal vino.
Fondamentale, e fin troppo trascurata è la scelta del calice giusto: proprio per enfatizzare l’esperienza olfattiva, è fondamentale utilizzare il bicchiere adatto a seconda del vino da degustare. In generale, il materiale perfetto sarebbe il cristallo, ma anche il vetro è un’ottima alternativa. Deve poi essere trasparente, per consentire di valutare bene la limpidezza e il colore del vino. Per quanto riguarda la forma del calice, nella scelta bisognerebbe considerare l’insieme delle caratteristiche organolettiche del vino. Ad esempio, i vini giovani come i bianchi dovrebbero essere serviti in calici non troppo ampi per non disperderne il bouquet delicato; con i vini più strutturati – generalmente i rossi – il calice deve essere progressivamente più ampio, così da permettere l’ossigenazione e la liberazione dei profumi più complessi. O ancora il Franciacorta vuole un calice ad hoc.
Anche il contesto è importante: per apprezzare appieno il valore di un vino è importante affrontare la degustazione con la giusta predisposizione mentale, così da incanalare le energie sulle caratteristiche da analizzare. Per questo è consigliabile scegliere un ambiente rilassante, che aiuterà a stimolare i sensi.
Infine, quali sono i vini preferiti dagli italiani? I dati sulle vendite di Winelivery riservano una piccola sorpresa: nel 2021 le vendite di vino bianco hanno infatti superato per la prima volta quelle di vino rosso, tradizionalmente il più amato.