L’obiettivo è non fare la stessa fine dei dinosauri. Sta entrando nella fase conclusiva una missione della Nasa per difendere il nostro pianeta. Ha un innesto italiano e proverà per la prima volta a deviare la traiettoria di un (innocuo) asteroide. È iniziato l’avvicinamento della navicella Dart, che in inglese significa «dardo», con il bersaglio. L’impatto dovrebbe avvenire in autunno. Sarà un test importante: oltre per le suggestioni da cinema e fantascienza, anche per il soft power nella nuova corsa allo spazio. La Cina, infatti, intende replicare l’esperimento
Il budget del progetto vale più di 300 milioni di dollari. Il lancio è avvenuto il 24 novembre 2021 da Vandenberg, in California. Dart è la prima di due missioni del programma Aida, acronimo di Asteroid Impact and Deflection Assessment. Nel 2026, l’Agenzia spaziale europea (Esa) manderà un’altra sonda, nome in codice Hera, a misurare nel dettaglio gli effetti. In una semplificazione, Dart è il “braccio armato” incaricato di colpire, poi spetterà a Hera la diagnosi clinica, con rilievi “sul posto” per corroborare le osservazioni e i calcoli che gli scienziati faranno da Terra.
Il protagonista sarà un satellite. Alimentato a pannelli solari, monta un telescopio e trasmetterà immagini sino al momento dello scontro. Ha 12 propulsori che consentono di manovrarlo con precisione. Ospita anche LICIACube, un microsatellite totalmente made in Italy. L’ha costruito la Argotec di Torino per conto della nostra agenzia spaziale, l’Asi. Ha un compito cruciale: a dieci giorni dal d-day, si staccherà da Dart e si allontanerà di una cinquantina di chilometri per filmare e documentare la collisione da una posizione privilegiata, grazie alle due telecamere, chiamate Leia e Luke, in un omaggio alla saga di Star Wars.
In questo crash test nello spazio, a fare da cavia è l’asteroide Dimorphos, dal diametro di 170 metri. Ha una particolarità: a differenza degli altri corpi della sua specie, che orbitano attorno al Sole, gravita attorno a un altro asteroide, Didymos, a una distanza di 1,2 chilometri. Per questa ragione, sarà più facile tracciare i suoi spostamenti, perché si potrà evitare di registrarli rispetto al centro del sistema solare. In particolare, Dimorphos passa davanti e dietro al fratello maggiore con una certa frequenza (12 ore), che può essere convertita in una curva di luce. Eventuali cambiamenti nella luminosità, osservabili anche al telescopio, saranno indici di un’orbita mutata.
Dart si schianterà, con la sua massa di 670 chilogrammi, contro l’asteroide a una velocità di 6 chilometri al secondo: si tratta di più di 21mila chilometri orari. L’urto dovrebbe causare una variazione impercettibile nell’orbita di Dimorphos, destinata però ad accentuarsi nel corso del tempo. Abbastanza da permettere di deviare, in futuro, minacce in rotta di collisione con il nostro pianeta. Nei suoi dintorni, sono stati censiti circa 27 mila «oggetti», nessuno dei quali rischia però di colpirci.
È dagli anni Ottanta che gli scienziati sognano un esperimento del genere. Anche se l’impatto sarà «vicino», cioè a 11 milioni di chilometri da noi, non c’è pericolo che diriga la roccia verso la Terra. Possiamo stare tranquilli, insomma, e lo confermano anche le ultime interviste sul Financial Times. Un’incognita, che rende ancora più interessante l’impresa, è che di Dimorphos conosciamo le dimensioni, ma molto poco altro. In base al materiale di cui è composto, Dart solleverà più o meno detriti: il loro volume determinerà l’efficacia della deflazione (più saranno, più sarà maggiore).
Se avrà successo, la missione avrà inventato una specie di assicurazione sulla vita. In futuro, qualora venissero scoperti asteroidi alla Don’t Look Up, anche astronavi nate per altri scopi potranno venire sacrificate come contraerea spaziale. In ogni caso, ne servirà più di una, anche perché ci vogliono anni per costruirle e, come segnala un’analisi del Wall Street Journal, l’industria spaziale a trazione pubblica sta attraversando tempi di crisi. In mancanza di flotte adeguate, ci sarebbe l’«opzione nucleare». In senso letterale: la bomba atomica. Al contrario di come la fanno sembrare i film, è un’idea peggiore di come suona, perché potrebbe produrre troppe schegge, con traiettorie imprevedibili.