Unita nella diversitàCome sarà la prima legge elettorale europea

La proposta in discussione in Parlamento prevede una circoscrizione paneuropea e liste equamente divise per genere, con voto il 9 maggio in tutti i Paesi. Dopo l’approvazione dell’Eurocamera, partirà la trattativa con il Consiglio

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«Unita nella diversità» è il motto dell’Unione europea e si applica alla perfezione alle elezioni per il Parlamento comunitario. I cittadini dei 27 membri eleggono i propri rappresentanti per la stessa istituzione, ma lo fanno con regole e modalità e diverse. Ora però l’Eurocamera vorrebbe introdurre una legge elettorale europea, che è stata discussa nella sua sessione plenaria di maggio.

La legge uguale per tutti
Al momento i Paesi dell’Unione scelgono i propri eurodeputati in modi differenti, pur rispettando principi comuni sanciti in un atto del 1976, che stabiliva le regole per la prima elezione diretta del Parlamento, tenutasi tre anni dopo.

Ad esempio, divergono i criteri per stabilire le circoscrizioni, il metodo di ripartizione dei seggi e le soglie di sbarramento per i partiti: alcuni Stati non ne prevedono nessuna, altri sì, dall’1,8% di Cipro al 5,7% della Bulgaria. Perfino la data delle elezioni europee non è la stessa in tutto il continente: ci sono Paesi che tengono la consultazione in una sola giornata e altri che la «spalmano» su più giorni consecutivi.

Per armonizzare i metodi elettivi, l’eurodeputato spagnolo Domènec Ruiz Devesa ha presentato una proposta di riforma, che dopo l’approvazione dell’Eurocamera dovrà essere negoziata con gli Stati membri. 

Prevede innanzitutto di concedere il voto a tutti i sedicenni europei, con una deroga per quei Paesi in cui l’età minima per votare è stabilita diversamente dalla Costituzione. Tutti gli Stati membri sarebbero obbligati a garantire il diritto di voto per le europee anche ai loro cittadini che vivono in un Paese terzo, alle persone senza fissa dimora e ai detenuti.

La parità di genere dovrà essere garantita ovunque nell’Ue, tramite alternanza di candidati di entrambi i sessi sulla scheda elettorale o quote precise, a seconda dei sistemi nazionali. Anche la soglia necessaria per i partiti conserva un margine di flessibilità: può variare in una forchetta compresa tra il 3,5% dei voti espressi (nelle circoscrizioni nazionali che assegnano oltre 60 seggi) e il 5% fissato come tetto massimo per tutti gli altri collegi elettorali.

Verrebbe unificato, invece, il termine per la presentazione delle liste dei candidati: dodici settimane prima della data del voto, mentre ora la norma varia a seconda del Paese. Stop anche alle elezioni in differita: la proposta è quella di fissare il 9 maggio come giornata elettorale europea, indipendentemente dal giorno della settimana in cui cade, con la possibilità di istituire una festività pubblica in tale data.

Per il relatore è importante pure che le prime proiezioni ufficiali dei risultati elettorali siano annunciate alla stessa ora in tutti gli Stati, in modo da creare anche a livello mediatico un contesto simile a quello nazionale. A vigilare sulle corrette applicazioni della nuova legge, ci sarà un’autorità elettorale europea, con un membro per ognuno dei 27 Paesi.
 
Liste transnazionali e Spitzenkandidaten: i nodi più controversi
Una delle novità più significative, e sicuramente quella più controversa, è l’introduzione di una circoscrizione paneuropea con liste transnazionali, oggetto di acceso dibattito e richiesta pure nella relazione finale della Conferenza sul Futuro dell’Europa. In pratica, ogni elettore disporrebbe di due schede: una per il proprio collegio elettorale nazionale e una, uguale in tutta Europa, per un collegio costituito a livello dell’Unione, da cui uscirebbero 28 dei deputati del Parlamento europeo.

La ripartizione avverrebbe secondo un sistema proporzionale detto «metodo D’Hondt», dal nome del matematico belga che l’ha ideato e garantirebbe l’equilibrio geografico dividendo le liste in tre sezioni, in base a tre gruppi di Stati membri. Nel primo ci sono i Paesi più popolosi: Germania, Francia Italia e Spagna. Nel secondo quelli di medio livello, come Belgio, grecia o Svezia e nel terzo i più piccoli, dalla Danimarca in giù fino ad arrivare ai 514mila abitanti di Malta.

Dato che le liste sarebbero bloccate e l’elezione avviene seguendo l’ordine stabilito, alternando nelle varie sezioni i candidati dei diversi gruppi di Paesi, verrebbe garantita rappresentanza anche ai meno popolosi. Al contrario, con la possibilità per gli elettori di scegliere il proprio candidato, il rischio sarebbe che quelli provenienti da Stati più grandi possano contare su bacini di voti più estesi e finire per monopolizzare la circoscrizione.

È una soluzione equilibrata, secondo il relatore della legge, il socialista Domènec Ruiz Devesa. «Permette ai cittadini non solo di eleggere i singoli deputati (tramite le liste nazionali) ma anche di sostenere un partito politico europeo, un programma elettorale comune e un candidato alla presidenza della Commissione. È ciò che succede nelle elezioni parlamentari nazionali».

L’obiettivo dichiarato è infatti ottenere una competizione elettorale realmente unitaria, con i nomi e i loghi dei partiti politici europei e un capolista della circoscrizione transnazionale che ambisce al ruolo di presidente. Sarebbe la realizzazione del principio, finora solo virtuale, dello Spitzenkandidat, secondo cui il leader del gruppo politico europeo più rappresentato in Parlamento dovrebbe formare una maggioranza nell’Eurocamera e presiedere la Commissione, in una dinamica simile a quella che accade in molti Stati europei.

Anche per questo motivo la prima legge elettorale europea incontrerà diverse difficoltà per ottenere l’approvazione. Da una parte, le forze della destra radicale si oppongono all’idea di un Parlamento più rappresentativo della collettività europea che delle singole componenti nazionali. Dall’altra, i governi degli Stati membri difficilmente rinunceranno all’ampio margine di manovra che hanno nello scegliere il presidente della Commissione, evidenziato nel 2019 con la designazione di Ursula von der Leyen (nemmeno candidata all’Eurocamera), invece di Manfred Weber, Spitzenkandidat del Partito popolare europeo. Per il Parlamento, invece, la riforma comporterebbe un notevole aumento di peso politico, che a Bruxelles è sempre oggetto di contesa fra le istituzioni.

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