Dopo l’affermazione del remote working per necessità, dovuto al lockdown, i luoghi di lavoro ora vengono ridisegnati per rispondere alla “nuova normalità” della fase di convivenza con il virus. Emerge uno scenario in cui l’ufficio fisico mantiene la sua centralità, ma all’interno di un nuovo modello di lavoro ibrido, in parte in presenza e in parte a distanza, aperto alle nuove esigenze di flessibilità e conciliazione espresse dai lavoratori.
È quello che emerge dal white paper “Re-Designing the Workplace”, realizzato da Mylia – brand di The Adecco Group che si occupa di formazione e sviluppo per individui e aziende – in collaborazione con AstraZeneca, Cariplo Factory e Alta Scuola Politecnica, per fornire un’analisi dell’impatto della pandemia da Covid-19 sulla riorganizzazione degli spazi di lavoro.
Nel 2020, per far fronte alle esigenze di salute e sicurezza imposte dalla pandemia, in Italia l’83,3% delle imprese ha fatto ricorso al lavoro da remoto, scoprendone i vantaggi sia per il business che per i dipendenti. Il cambiamento è stato radicale, soprattutto in un panorama come quello italiano in cui la cultura predominante non era fortemente orientata allo smart working. Ad oggi, però, sono sempre più numerose le aziende che scelgono di far tesoro della modalità di lavoro ibrida, preferita per la sua capacità di massimizzare i benefici della flessibilità e autonomia dei lavoratori, pur senza sacrificare l’aspetto relazionale. Il 76% dei lavoratori reputa, infatti, il mix tra lavoro in ufficio e lavoro da remoto la soluzione migliore e l’80% desidera mantenere maggiore flessibilità e un buon equilibrio tra lavoro e vita privata. Sulla base di queste esigenze, la riorganizzazione degli spazi di lavoro diventa oggi un requisito centrale.
«Il percorso di analisi svolto ha messo in luce come lo spazio di lavoro fisico mantenga, oggi, un ruolo fondamentale», conferma Roberto Pancaldi, Managing Director di Mylia. «Certamente, i cambiamenti avvenuti in questi ultimi anni ne hanno modificato forme e valenza, ma hanno anche fatto emergere quanto esso possa essere, ora come mai, luogo insostituibile di relazioni, di innovazione e di contaminazione, in una logica inclusiva e multidisciplinare».
Gli uffici diventano così espressione dei cambiamenti in atto, in cui coesistono insieme la dimensione fisica e digitale, secondo una prospettiva di “open innovation” che favorisce la contaminazione tra gli stimoli che arrivano dall’interno e dall’esterno dell’organizzazione. Sposando questa filosofia, è nata una collaborazione tra Mylia e AstraZeneca per la progettazione del nuovo head quarter italiano della società farmaceutica, che ha visto coinvolte anche Cariplo Factory e Alta Scuola Politecnica.
La seconda parte del white paper è dedicata proprio alla descrizione del percorso di progettazione della nuova sede di AstraZeneca presso il distretto dell’innovazione Mind, che sta nascendo nell’area che ha ospitato Expo 2015 a Milano. La metodologia seguita è stata di tipo human centered, così da mettere al centro i reali bisogni dei lavoratori, ma anche data driven, guidata cioè dai dati, per mappare in modo oggettivo questi bisogni oltre che le relazioni esistenti all’interno dell’azienda e quelle da sviluppare. Il processo si è sviluppato in quattro fasi. Inizialmente è stata condotta una survey sulla popolazione aziendale a cui è seguita una fase di data collection e di analisi dei risultati. Si è quindi individuato un indice rappresentativo della soddisfazione per la sede precedente che ha permesso di scegliere lo scenario su cui orientare l’organizzazione dei nuovi spazi. Infine, è stato aperto un tavolo di lavoro, dove sono state messe a confronto le proposte di progettazione.
«Dopo la pandemia, gli spazi di lavoro vanno rimodulati e resi più flessibili per facilitare le relazioni lavorative, nel rispetto delle esigenze del personale e delle necessità organizzative delle aziende», spiega Emilio Paolucci, Director di Alta Scuola Politecnica. «Il lavoro svolto in questo progetto ha rappresentato una vera e propria rivoluzione nel mondo dell’architettura, conciliando l’analisi dei dati con la creatività dei progettisti».
Protagonista di tutte le fasi del processo è stata l’open innovation, che permette di sfruttare e contaminare virtuosamente esperienze, idee e risorse. Un approccio, come spiega Enrico Noseda, Chief Innovation Advisor di Cariplo Factory, «ormai maturo e funzionale alle priorità di trasformazione delle imprese. Il percorso di progettazione dei nuovi spazi di AstraZeneca è nato proprio da un progetto di open innovation, che ha saputo valorizzare le competenze di tutti i player coinvolti».
AstraZeneca, trasferendo la propria sede presso Mind, desiderava coniugare le necessità di tipo strategico, anche in termini di talent attraction, con le nuove esigenze espresse dai lavoratori e la volontà di sposare obiettivi di sostenibilità ambientale.
«Abbiamo aderito a 360 gradi a questo progetto perché totalmente in linea con le nostre priorità di innovazione e ricerca a beneficio dei pazienti e di tutta la società e perché coerente con i nostri valori, per dare maggiore slancio al confronto in spazi accessibili, flessibili e funzionali alla condivisione e allo sviluppo di idee e prodromo all’innovazione», ha commentato Lorenzo Wittum, amministratore delegato di AstraZeneca Italia.