Per chi l’ha visto e per chi non c’eraPiccolo inventario dei pesci dimenticati

Tra le circa 700 specie presenti nel Mediterraneo, solo il 10% raggiunge le nostre tavole, il rimanente 90% viene considerato scarto e ributtato in mare o impiegato per produrre mangimi. Recuperarlo è un atto responsabile verso l’ambiente e un’operazione culturale necessaria per riscoprire un pezzo della nostra storia gastronomica

In pescheria, al ristorante, a casa, persino al banco dei surgelati, da tempo troviamo, e scegliamo, poche varietà “di moda”, quasi sempre le stesse. Sia il pur squisito ma onnipresente salmone, declinato nelle sue molteplici incarnazioni, dall’affumicato al sushi al filetto in crosta, o l’altrettanto versatile tonno rosso, la specie più pescata al mondo, crudo, cotto, a dadini, in forma di tagliata, eccetera, o l’immancabile trancio di pesce spada. Per non dire del branzino al sale e dei molluschi, in genere calamari fritti e cozze alla marinara. Tutte scelte eccellenti, ben conosciute e rodate, che offrono il vantaggio di avere a disposizione un ricettario vasto e, volendo, stellato.

La cattiva notizia è che questo tipo di consumo ormai consolidato, ha via via influenzato e modificato il patrimonio ittico, riducendo al lumicino alcune specie, influendo sulla biodiversità e anche sull’allevamento intensivo delle tipologie più richieste. E facendo allo stesso tempo cadere nell’oblio altri pesci non necessariamente meno interessanti.
Tra le circa 700 specie pescate nel Mediterraneo, che nella grande mappa della Fao è indicato come zona 37, infatti, solo il 10% raggiunge i mercati, il rimanente 90% rappresenta il cosiddetto “scarto” non commerciabile e quindi viene ributtato in mare o impiegato per produrre mangimi per gli allevamenti ittici o terrestri.

È il pesce “dimenticato” a cui da un gruppo di appassionati è stata anche intitolata una giornata nazionale, che cade il 23 luglio ed è una fonte di belle scoperte e di ricette insolite. Recuperarlo è un atto responsabile verso l’ambiente, ma anche un’operazione culturale perché permette di riscoprire un retaggio di cibi poveri, lasciati indietro dal boom economico degli Anni ’60 e dal progressivo distacco dalle tradizioni più umili dei pescatori e del consumo legato al territorio.

L’elenco dei pesci lontani dalle luci della ribalta, che cambia anche da regione a regione, è lungo e comprende varietà abbastanza note come l’acciuga e la sardina, già rivalutate grazie al loro contenuto di Omega 3, ma anche nomi meno comuni come cicerello, sgombro, palamita, tombarello, tonno alletterato, alalunga, alaccia, boga, cefalo, sugarello, zerro, lampuga, pesce sciabola, aguglia, leccia stellata, menola, mostella, potassolo, razza, torpedine, tracina, moscardino bianco, totano.

In effetti un mondo da scoprire: c’è lo smeriglio, o vitello di mare, che appartiene alla famiglia degli squali ed è una buona ed economica alternativa al pesce spada. Ha pochissime calorie, si presta a essere cucinato sia alla griglia sia arrosto e, con una adeguata marinatura con limone e sale, può essere anche mangiato crudo.

Il pesce lucertola, diffuso soprattutto in Liguria, si può fare fritto, ma anche usare per arricchire un sugo per la pasta. E le arselle, o telline, le “vongole dei poveri”, con un sapore anche più delicato, si raccolgono a mano sui fondali sabbiosi poco profondi. Altri molluschi degni di nota sono i fasolari, tipici dell’alto Adriatico. Saporiti, raffinati, un po’ difficili da pulire perché si devono aprire a mano a uno a uno, sono adatti a essere consumati, crudi, gratinati, nel sugo, in sauté, nelle zuppe di mare.

Poi c’è la tracina, o pesce ragno, nota soprattutto perché i suoi aculei dorsali robusti e velenosi causano danni seri ai bagnanti che inavvertitamente li pestano quando si mimetizza sui fondali sabbiosi. Eppure, una volta cautamente e sapientemente pulita, ha carni bianche e compatte con cui si possono preparare gustosi risotti e sughi per la pasta.

Il cefalo o muggine, noto per la bottarga, non è stimato per la carne, forse perché è troppo adattabile: vive nelle acque dolci come in quelle salmastre, non teme l’inquinamento dei porti e i fondali bassi, si nutre di quel che trova. Per questo si è meritato l’appellativo di pesce sporco e costa davvero poco. Ma le sue carni, dal sapore che ricorda quello della carpa, sono sode e saporite e si prestano a diverse cotture, al sale, al forno, in padella.

Il sugarello è un buon pesce azzurro estivo, economico, facile da spinare e utilizzabile a tutto campo: arrosto, fritto, bollito, al cartoccio, in padella o in umido a seconda delle pezzature, è protagonista anche di diverse ricette regionali mentre in autunno e in inverno le zanchette sono un’alternativa più a buon mercato delle sogliole e si possono cucinare negli stessi modi, fritte o alla mugnaia, o alla griglia.

Palamita, tombarello, alalunga, o tonno bianco, che si pesca solo nel mar Ionio e nel basso Adriatico, sono tutti pesci azzurri della famiglia del tonno e possono degnamente sostituirlo in tutte le ricette compresa la tartare, e sono ottimi per preparare hamburger di pesce.

La spatola, noto come pesce sciabola per la sua forma allungata, è abbastanza usato nel Sud Italia e in particolare nella cucina siciliana, anche se molto meno di un tempo, ma è pochissimo noto nel resto del paese. Ed è un peccato, perché è magro, delicato e ha pochissime lische tanto che a Messina è noto come “a signurina du mari”.

Caratteristica del Sud è anche la lampuga, o capone, che arriva nel Mediterraneo in autunno per deporre le uova e per questo è nota anche come pesce settembrino. Coloratissima, con sfumature che vanno dal blu, al verde, al giallo, carnivora e predatrice, in Sicilia è assai ricercata ed è un ingrediente della ricetta originaria, e non vegetariana, della caponata.

In Liguria la mostella è stata a lungo uno dei pesci più comuni e diffusi, poi è caduta in disgrazia, forse perché si deteriora molto rapidamente e quindi deve essere consumata freschissima e non è facile da cucinare e non sopporta le alte temperature. Ma vale la pena, perché ha ottime e delicate carni bianche e si presta a molte preparazioni.

Stesso destino per la boga, pesce azzurro e pesce povero, oggi di interesse soprattutto per la pesca sportiva, ma protagonista della cucina regionale siciliana che la propone fritta, grigliata, in carpione o al salmoriglio, insaporita con peperoncino o spadellata in bianco.

E infine il potassolo o melù, simile al nasello, ricco di proteine, sali minerali, vitamine, con un gusto non troppo pronunciato e quindi adatto ai bambini. I difetti sono la presenza di parecchie lische e una consistenza non troppo soda a cui però si può ovviare friggendolo o cucinandolo in umido o usandolo per un ripieno.

A orientarsi nella scelta, soprattutto per quanto riguarda la stagionalità, aiutano anche siti come Mr Goodfish, un sito nato da un programma europeo per sensibilizzare l’opinione pubblica e professionale sul consumo sostenibile dei prodotti ittici che suggerisce, in base al periodo dell’anno e al luogo, le specie migliori da consumare. A Milano è nata anche una startup, Pescatorum che abbina un punto vendita alla ricerca sul Mercato ittico dei prodotti stagionali e delle varietà più sostenibili.

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