Esaltare il carattere multidisciplinare del design moderno, esplorando il suo rapporto con gli ambienti naturali attraverso incontri con professionisti provenienti da contesti ed estrazioni differenti: architetti (uno su tutti, Stefano Boeri), designer, esperti legali, antropologi e non solo. È questo l’obiettivo principale di Prada Frames (per registrarti e partecipare, clicca qui), definito dagli organizzatori come un vero e proprio «simposio», che avrà luogo all’interno della Biblioteca Nazionale Braidense di Brera (Milano) dal 6 all’8 giugno, in pieno Salone del Mobile.
Chi conosce la storica location culturale meneghina sa perfettamente che il materiale dominante è il legno, come in ogni grande biblioteca del Seicento-Settecento che si rispetti. E infatti, la prima edizione di Prada Frames è interamente dedicata all’ecosistema forestale e all’industria del legno, per una riflessione che non si limiterà al design e all’ambiente.
Il programma di Prada Frames – consultabile cliccando qui – è stato interamente curato dai Formafantasma, lo studio di design e ricerca fondato da Andrea Trimarchi e Simone Farresin. Individuare un approccio simile al loro è un’impresa ardua: le strategie utilizzate – spesso non convenzionali e guidate da un’idea di sostenibilità – mirano a stimolare le persone a osservare l’anima dei materiali. La superficialità non è una parola contenuta del dizionario dei Formafantasma, che rifiutano i dogmi dell’estetica ed esaltano la bellezza e l’imprevedibilità del processo. A pochi giorni dall’inizio di Prada Frames, ci hanno raccontato la loro idea di design e la recente collaborazione con la casa di moda milanese.
In questo delicato periodo storico, quale dovrebbe essere il ruolo del design?
«La crisi climatica sta cambiando e cambierà in modo radicale il nostro modo di vivere, produrre e inevitabilmente di pensare. Il design è uno strumento che da sempre aiuta l’adattamento e la trasformazione. Quello che il design può fare è diventare un agente di riconciliazione, tra produzione e necessità ambientali. Deve e può essere anche uno strumento di riflessione etica sulle implicazioni di produrre oggi».
All’interno del vostro progetto con Prada è centrale il vostro obiettivo di stimolare le persone a riflettere sugli oggetti e sui materiali, mettendo sempre davanti i processi. Qual è il segreto per riuscirci senza cadere nella banalità?
«Studiare, fare ricerca ed entrare in conversazione e collaborazione con professionisti da settori diversi nel rispetto della loro conoscenza e specificità. La disciplina del design è trasversale: tocca sviluppo economico, questioni di tipo sociale ed ecologico, estetica etica e cultura. È inevitabile pertanto la necessità di guardare al design e alla produzione da queste diverse prospettive»
Prada Frames sarà contraddistinto da interventi di figure professionali eterogenee, che uniranno le forze per approfondire il rapporto tra la crisi climatica e tutti i campi culturali. Nel design, quanto è importante non rimanere nella propria bolla e aprirsi al dialogo con professionisti di altri settori?
«È fondamentale. In realtà, la necessità di un confronto multidisciplinare non è una questione solo legata al design. Anche a livello scientifico è da tempo che se ne discute. Dopotutto la frammentazione della conoscenza comporta anche una frammentazione delle responsabilità. In relazione al simposio, in questi giorni abbiamo avuto una conversazione con Philipp Pattberg dell’Università libera di Amsterdam, che si occupa di governance ambientale e transnazionale. Ci faceva riflettere su come la crisi climatica stia creando la necessità di trovare nuove forme di pensiero legate alla governance. Se si osservano dal punto di vista governativo, le foreste sono spesso regolate da politiche che – individualmente ed in modo esclusivo – si occupano di questioni economiche, o di protezione della biodiversità o di problemi climatici».
È nato prima il vostro nome o il vostro approccio? Proponete un’idea di design che va oltre l’oggetto e che si fonda sull’anima dei materiali. È estremamente coerente con il nome Formafantasma.
«Sono nati insieme. Il nome è stato un’intuizione ma voleva esprimere esattamente quello che dici. Inoltre, non volevamo usare i nostri nomi ma porre una distanza tra noi e come il nostro lavoro viene rappresentato».
Come per la mostra Cambio, per Prada Frames analizzerete le logiche dietro l’industria del legno. In che modo questo materiale, da voi molto utilizzato, può essere impiegato in maniera virtuosa e sostenibile nel design?
«Purtroppo questa è una domanda troppo complessa per essere affrontata con una risposta univoca. In questo momento, molti cercano ricette univoche e materiali virtuosi. La realtà è che le vere risposte sono sempre contestuali. La complessità non dovrebbe intimorire ma farci vedere molteplici possibilità».
Siete noti anche per l’utilizzo di materiali insoliti, come la pelle del pesce o il pane. In tema di scelta di materiali, vi siete mai imposti qualche limite?
«Non siamo mai alla ricerca del materiale strano e non abbiamo materiali preferiti o che odiamo. O meglio, a volte abbiamo lavorato con materiali che istintivamente non amavamo, ma l’esercizio di comprenderli è affascinante: ti porta su strade che non avresti percorso. In generale, come discusso precedentemente, le scelte sono sempre contestuali a quello che si vuole fare, dire o ottenere. In tal senso i materiali sono neutri. Capisco che, discutendo di sostenibilità, sembra una provocazione. Ma non vediamo perché demonizzare le plastiche in modo assoluto. Pensiamo per esempio alle loro applicazioni nel settore biomedicale o automobilistico per menzionarne solo alcuni».