La guerra russa, l’occidente sonnecchiaL’oscena richiesta agli ucraini di non umiliare i loro persecutori

Mentre Putin cerca di cancellare una nazione che chiede solo libertà, democrazia e indipendenza, c’è chi sostiene che bisogna concedergli una via d’uscita non accorgendosi che la narrazione del Cremlino non dipende da che cosa succede davvero nel mondo reale. In ogni caso, la via d’uscita per Mosca c’è già: si imbocca inserendo la retromarcia

Max Kukurudziak, Unspalsh

Ci spiegavano che Putin non avrebbe mai invaso l’Ucraina, peraltro sorvolando che l’aveva già invasa nel 2014 e che da allora ne occupava illegalmente alcune parti non riconosciute da nessuno salvo che dalle immonde cartine di Limes. 

Ci dicevano che gli ucraini dell’est avrebbero accolto a braccia aperte i fratelli della Grande Russia e che Kiev sarebbe caduta in un quarto d’ora di fronte alla geometrica potenza dell’Armata rossa.  

Ci avvertivano che la Russia avrebbe sventrato l’Ucraina, ed è l’unica cosa su cui effettivamente ci hanno preso, anche se aggiungevano che Putin in realtà non voleva la guerra né voleva colpire i civili ma solo concedersi una gita fuori porta. 

Ci raccontavano che gli ucraini fossero un popolo di nazisti, scimmiottando la propaganda nera del Cremlino che intanto corredava di svastiche a forma di Z i carri armati e le trasmissioni televisive anche italiane, ora pure in diretta dalla Piazza Rossa e magari prossimamente live dalla Lubyanka. 

Ci ripetevano che gli ucraini non avrebbero mai potuto resistere, straccioni quali erano, e che al massimo avrebbero potuto interpretare il ruolo di carne da macello dell’America, dell’Europa, della Nato e della grande finanza internazionale.

Quando tutte le loro previsioni si sono rivelate per quello che erano, ovvero mastodontiche stronzate, i medesimi esperti anziché nascondersi a vita per l’imbarazzo hanno cambiato registro, argomentando che adesso il mondo non deve umiliare la Russia e che bisogna lasciare una via d’uscita a Putin, alla stessa Russia e allo stesso Putin che intanto bombardano ospedali, chiese, musei e di nuovo, domenica mattina, le abitazioni civili nella capitale Kiev.

Anche questa è un’analisi maldestra almeno quanto le precedenti, anche perché la via d’uscita Putin ce l’ha sempre avuta e ce l’ha ancora oggi a portata di retromarcia ed è, appunto, il ritiro dall’Ucraina, la fine dei bombardamenti sui civili e l’apertura dei porti del Mar Nero per consentire l’esportazione del grano in Africa.

Eppure questa cosa non la dice nemmeno uno degli esperti in questione, neanche tra parentesi, come se l’ipotesi che l’aggressore debba smettere di aggredire la vittima fosse un’idea stravagante anche solo da immaginare.

E infatti si agitano tutti a spiegare che Zelensky ha rotto le scatole, che gli ucraini si devono arrendere per il loro bene, che la Nato deve smettere di far piangere Orsini, che l’America non deve offendere l’orso russo, che l’Italia non deve mandare armi ai resistenti, che il mondo non deve innervosire il dittatore suscettibile anche perché siamo a giugno e c’è da andare al mare tranquilli e sereni.

Oltre che essere controintuitivo e francamente ripugnante, tutto ciò è solo volgare propaganda del Cremlino e cinico disinteresse per le decine di migliaia di morti ucraini, per i milioni di sfollati, per la sofferenza di chi è rimasto sotto i missili lanciati da Mosca, per una civiltà a rischio genocidio anche culturale e per i prossimi morti per fame in Africa. 

Tutto questo, come ha raccontato ieri il New York Times in prima pagina, mentre i miliziani nazisti del Cremlino, noti col nome di battaglione Wagner e già protagonisti in Donbas nel 2014 e poi in Siria e di nuovo in Ucraina quest’anno, stanno razziando l’oro del Sudan in cambio dell’aiuto fornito all’esercito locale per sopprimere il movimento democratico sudanese. Garantiamo una via d’uscita anche ai nazibol di Putin in Sudan, visto che ci siamo.  

Come se, peraltro, Putin non avesse già ignorato la via d’uscita otto anni fa, quando non ci fu nessuna mobilitazione internazionale dopo l’annessione russa della Crimea, l’invasione delle milizie in Donbas e la cancellazione dei diritti delle popolazioni autoctone. Nessuno umiliò la Russia, allora, eppure Putin ha deciso lo stesso di invadere su larga scala l’Ucraina. O, come è più probabile, ha pensato di mettere un altro fantoccio a Kiev e poi di cancellare l’Ucraina proprio perché la volta precedente nessuno aveva mosso un dito.  

Ma è ancora più pericoloso non capire, o far finta di non capire, che la questione del “non umiliare Putin” non è una questione reale, semmai il prodotto di una fantasia europea che ha precedenti catastrofici e nonostante ciò continua a corrompere il dibattito pubblico occidentale. 

È evidente che chiunque parli di non umiliare Putin non si rende conto di come funzioni il sistema di potere in Russia. 

Lo ha spiegato perfettamente Timothy Snyder, da anni l’analista più lucido sulle questioni russo-ucraine cui ha dedicato numerosi, fondamentali e purtroppo inascoltati saggi: «Il sistema politico e informativo della Russia è progettato per tenere Putin al potere a prescindere da che cosa accade nel mondo reale. La politica russa si svolge all’interno di un ambiente informativo chiuso, progettato e guidato dallo stesso Putin, il quale non ha bisogno del mondo reale per creare una finzione rassicurante per i russi. Putin lo fa già da vent’anni e senza il nostro aiuto».

Esattamente come i nostri esperti italiani, Putin prima ha raccontato ai russi che non avrebbe invaso l’Ucraina, poi che non si trattava di una guerra ma di un’operazione speciale per denazificare l’Ucraina a cominciare da Kiev, infine per liberare solo il Donbas, adattando sempre la narrazione interna alle convenienze del momento e negando spudoratamente i crimini di guerra e le ingloriose sconfitte sul campo di battaglia. 

«Nella politica russa – continua Snyder – la cosa importante non è la realtà sul campo di battaglia ma l’abilità del regime di Putin di cambiare le storie a beneficio dei russi, quindi non ha alcun senso, come sanno bene gli ucraini, condannare le persone reali che vivono in territori reali alla sofferenza e alla morte allo scopo di assecondare una narrazione russa che non dipende da che cosa succede davvero nel mondo reale». 

Se Putin perde in Ucraina, insomma, troverà il modo di dire che invece ha vinto, senza bisogno di ricorrere a una via d’uscita occidentale perché il suo potere non dipende da noi, come fantasticano Macron e altri: «Nella realtà virtuale c’è sempre una via d’uscita – scrive Snyder – e per questa ragione Putin non può essere messo in un angolo: se nella realtà verrà sconfitto, Putin dichiarerà vittoria in televisione e i russi gli crederanno o faranno finta di credergli. Lui troverà un altro argomento su cui agganciare la loro attenzione. Questo è un problema del Cremlino, non nostro. Nel meccanismo interno russo gli attori esterni sono essenzialmente irrilevanti». 

Il chiacchiericcio sull’offrire una via d’uscita per non umiliare Putin non fa altro che allungare la durata della guerra, come sanno bene gli ucraini, distogliendo l’attenzione dall’unico modo possibile per fermarla davvero. Questo unico modo per fermare la guerra è la sconfitta della Russia grazie anche al nostro sostegno politico, finanziario e soprattutto militare a un popolo coraggioso che per secoli ha subìto sulla propria pelle l’imperialismo e il colonialismo omicida dei russi e per questo chiede a gran voce di voler far parte dell’Europa e del consesso delle nazioni libere e democratiche.

Pretendere, al contrario, che gli ucraini smettano di difendersi e inizino a consolare i loro persecutori russi affinché non si sentano umiliati nel caso non andasse in porto il progetto di soluzione finale è moralmente osceno. Oltre che umiliante per chi continua a farlo.

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