Ci dimentichiamo troppo spesso che al di là della prestazione tecnico-tattica, e della potenza e del talento delle singole giocatrici, ogni squadra che scende in campo in un torneo internazionale come un Europeo di calcio in realtà sta anche perseguendo una narrazione legata alla propria storia calcistica. Può essere una storia di arrembaggio, oppure una di riscatto, ma quel che è certo è che dopo la finale di Wembley del 31 luglio ci saranno alcuni capovolgimenti nell’equilibrio delle potenze continentali. E mai come in questa edizione il saliscendi delle squadre nel ranking Fifa è incerto.
Questo è il campionato europeo in cui la grande Germania cerca di tornare agli antichi splendori e di inseguire il nono titolo. Non ci sarebbe niente di male se non fosse che la formazione tedesca non ha nemmeno lontanamente il talento che hanno a disposizione altre squadre.
Come la Spagna e la Francia, che in questa edizione vogliono dimostrare a tutti che un team composto da calciatrici fenomenali sulla carta può essere devastante anche nel calcio giocato e non solo nella fantasia del suo pubblico.
Le grandi del Nord Europa invece – Svezia, Danimarca, Olanda, Inghilterra – hanno ottime possibilità di fare bene e partono da un vantaggio fattuale non indifferente: hanno in curriculum una fitta lista di finali importanti già affrontate e panchine necessariamente profonde se si vuole arrivare all’ultima giornata di un mese lungo e caldo con abbastanza ossigeno per pensare bene nei momenti decisivi.
Dall’altro lato dell’oceano la bandiera degli Stati Uniti Megan Rapinoe ha vaticinato: il titolo di regina d’Europa se lo contendono Spagna e Inghilterra. Potrebbe avere ragione, ma forse è un po’ scontato puntare su una squadra che ha fra le sue fila l’attuale Pallone d’oro Alexia e una schiera di giocatrici che quest’anno si è giocata la finale di Champions League con il Barça; oppure su una formazione composta da giocatrici che militano in Premier League, il campionato più competitivo d’Europa insieme a quello francese. E la Svezia? E la Danimarca? E la Francia?
Chi conosce il mondo del calcio femminile sa che l’Europeo è la competizione più difficile in assoluto, anche più del Mondiale. La spiegazione è molto semplice: delle prime dieci squadre del ranking, sei sono formazioni europee. La competizione è di un livello altissimo e se alcune squadre sulla carta sembrano più pronte di altre per arrivare a Wembley a fine luglio, non è detto che poi ci riusciranno davvero. Fare previsioni è un azzardo, e come sempre per i nomi più quotati c’è un alto rischio di fumata nera.
Fra le favorite e quelle entrate per il rotto della cuffia poi ci sono alcune formazioni che vengono catalogate come possibili sorprese, vedi l’Italia e la Norvegia, ma che di fatto possono togliere il sonno a ogni singola squadra che incontreranno sul loro cammino.
Ad alterare gli equilibri ci si è messo anche l’anno di slittamento di un Europeo inizialmente previsto per l’estate del 2021 e che poi l’Uefa ha posticipato mesi per evitare l’accavallamento con le Olimpiadi e l’Europeo maschile.
A profittare maggiormente da questo posticipo sono state tre formazioni: il Portogallo, che senza la guerra in Ucraina e la conseguente espulsione della Russia non sarebbe mai entrato a far parte dei gironi, la Norvegia che è riuscita a trattare con la sua stella Ada Hegerberg e a farla rientrare nei ranghi dopo cinque anni di protesta nei confronti della Federazione norvegese, e poi indubbiamente l’Italia.
Negli ultimi tre anni, a partire da Francia 2019, ha continuato a costruire un’identità e un gioco ben definito proprio in vista di questo campionato inglese. L’allenatrice Milena Bertolini sa che la sua squadra è chiamata non solo a confermare la bella prestazione del Mondiale e tutte le partite soddisfacenti che si sono viste nelle fasi di qualificazione, ma adesso deve persino dimostrare di non essere più una sorpresa. È arrivato il momento di trovare il proprio posto fra le grandi e di risalire la classifica Uefa, che dice quattordicesimo posto.
Da un punto di vista ideologico Euro22 è la prosecuzione del discorso sul calcio femminile che era iniziato al Mondiale del 2019, considerato un vero e proprio atto fondativo di uno sport intero. È come la data della scoperta dell’America.
In occasione di Francia 2019 il calcio giocato a livello mondiale aveva trovato un propulsore nel successo dei media che aveva avuto la querelle fra Megan Rapinoe e Donald Trump. I loro scambi su Twitter avevano di fatto acceso l’internet e il video in cui la centrocampista statunitense aveva detto che mai e poi mai in caso di vittoria sarebbe andata a portare visita al Presidente alla Casa Bianca aveva avuto come conseguenza tutto il reindirizzamento di una parte di pubblico dei social, che di riflesso aveva iniziato anche a seguire le partite. Finalmente qualcuna era riuscita a portare l’attenzione dentro al campo, un luogo specifico dove poi il pubblico avrebbe scoperto che c’era persino un gioco spettacolare da vedere.
Dal punto di vista mediatico negli ultimi tre anni sono cambiate molte cose. Il seguito delle giocatrici e delle squadre è in costante crescita, tutto il movimento calcistico femminile trova sempre più spazio nei giornali e in televisione. I 90 biglietti per la finale del 31 luglio sono stati messi in vendita il 28 marzo alle 9:30, ora di Londra: in quarto d’ora dopo erano andati sold out.
Senza quel Mondiale questo scatto di visibilità non ci sarebbe mai stato, e adesso che siamo sul punto di affrontare un nuovo capitolo importante del calcio internazionale il pubblico è sicuramente più pronto e preparato di tre anni fa. Si conoscono i nomi delle giocatrici, le formazioni e per quanto questo possa sembrare assurdo, almeno fino a qualche anno fa questo non era certamente un risultato scontato.
Nel contesto italiano invece le cose erano andate in maniera leggermente diversa. Le Azzurre erano atterrate in Francia nel più completo anonimato. Nessuno sapeva chi fossero quelle ragazze ma le Azzurre si sono conquistate, prima con cautela, poi con sempre più entusiasmo, uno spazio negli interessi del pubblico – anche per bilanciare la delusione dell’assenza della nazionale maschile ai Mondiali dell’anno precedente. E quando poi il calcio delle Azzurre si è fatto più concreto e risultato dopo risultato erano arrivate a giocarsi i quarti contro l’Olanda, il pubblico italiano ha scoperto un nuovo sport nazionale.
Una dinamica simile a quella attuale, dove una mancata qualificazione degli Azzurri è diventata per le Azzurre una possibilità di conquistare ancora più spazio nelle case del pubblico.
E poi questo è il primo Europeo in cui le Azzurre scendono in campo come vere e proprie professioniste, è l’edizione che permette loro di guardare le loro avversarie alla stessa altezza d’occhi, come lavoratrici e come atlete che negli ultimi tre anni hanno lavorato per limare le imprecisioni e crescere come gruppo, perché questa squadra non potrà fare affidamento su talenti stratosferici ma ha un nucleo di giocatrici esperte che si conoscono bene già dal Mondiale del 2019 e funzionano ormai come un organismo ben collaudato.
Questo Europeo è di fatto il primo della nuova era del calcio femminile in tutto il continente, un calcio cioè sempre più professionistico, riconosciuto nel suo stile e apprezzato da un pubblico sempre maggiore. Nei campi inglesi si cercherà di capire se ci potrà essere continuità con quel Mondiale che è stato straordinario, oppure se in questi tre anni abbiamo solo creduto a un fuoco di paglia.