La finale di Champions League ha cambiato casa, finalmente. La sede di San Pietroburgo non era più un’opzione percorribile, così la partita che assegna la competizione più importante d’Europa si giocherà in Francia. Più precisamente a Parigi, allo Stade de France di Saint-Denis.
L’Uefa non aveva molte alternative: l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha reso il cambio di sede una scelta obbligata, per non mostrarsi troppo vicini alle follie di Vladimir Putin.
Alla ricerca di una sede alternativa per il big match del prossimo 28 maggio, alla riunione d’emergenza della Uefa la scelta è ricaduta su Parigi, quindi sulla Francia, cioè la nazione che detiene la presidenza di turno al Consiglio dell’Unione europea. Un modo per dimostrarsi politicamente vicini all’Unione europea. Giovedì il presidente della Uefa, Aleksander Ceferin, era volato nella capitale francese per incontrare il presidente Emmanuel Macron e finalizzare l’accordo.
Ma Parigi è anche la casa del Paris Saint-Germain, che però gioca in un altro stadio. Il Psg è la formazione che più di tutte aveva spalleggiato Aleksander Ceferin e la sua Uefa la scorsa primavera, in quell’assurda lotta del fantomatico calcio del popolo contro la Superlega.
Solo che il Paris Saint-Germain con il calcio del popolo – qualunque cosa significhi – non c’entra niente: è il club dello sceicco qatariota Nasser Al-Khelaïfi, un uomo dispone di fondi illimitati e può permettersi di pagare i contratti di Mbappe, Neymar e Messi, oltre a Sergio Ramos, Donnarumma, Di Maria, Hakimi, Icardi, Verratti.
A maggior ragione se l’Uefa decide di giocare dalla sua parte: la scorsa estate l’organo di governo del calcio europeo ha deciso che – a causa delle difficoltà economiche portate dalla pandemia – alcuni paletti finanziari del calciomercato sarebbero stati rimossi. È anche per questo motivo che il Psg ha potuto agglomerare quella mole infinita di talenti e contratti nel tentativo di vincere la Champions League. In più, adesso intravede in prospettivaa anche una finale da giocare praticamente in casa.
Dopo la vicenda della Superlega, Al-Khelaïfi è diventato il numero uno della European Club Association, l’ente che dovrebbe curare gli interessi dei club europei nei negoziati con la Uefa e che invece negli ultimi tempi sembra sempre più accondiscendente verso le decisioni di Nyon.
Come se non bastasse, Al-Khelaïfi – ormai vero uomo forte del calcio europeo –, sta organizzando i Mondiali di fine anno in casa sua, in Qatar, con le federazioni calcistiche che chiudono volentieri un occhio sugli scandali e le atrocità legate alla costruzione di stadi e altri impianti (qui il compito di supervisione sarebbe della Fifa).
Insomma, stavolta Aleksander Ceferin cade in piedi: volta le spalle all’amico Putin, ma strizza l’occhio allo sceicco.
Ma le conseguenze del conflitto ucraino su mondo del calcio e dello sport vanno oltre la finale della Champions League.
La Uefa sta discutendo con i suoi legali per porre fine alla lunga relazione con Gazprom. «Il presidente di Gazprom, Alexander Dyukov – dal 2021 nel Comitato Esecutivo Uefa – non ha partecipato alla riunione d’emergenza. E la rescissione degli accordi fa parte delle richieste dell’Unione europea», scrive il New York Times.
L’azienda energetica russa Gazprom è da tempo uno dei principali partner commerciali della Uefa (premium partner dal 2012) ed è lo sponsor delle grandi competizioni: negli ultimi dieci anni ha investito oltre 300 milioni di euro nel calcio europeo in accordi di sponsorizzazione.
La scorsa estate è stato annunciato un ampliamento degli accordi con l’Uefa per includere tutte le competizioni, compresi gli Europei del 2024, le prossime edizioni della Nations League e delle competizioni per club.
Gazprom è presente nel calcio europeo in maniera ancor più capillare di come dimostrano i suoi accordi con l’Uefa. Lo Schalke 04, formazione storica del calcio tedesco, è legato alla società russa dal 2007. Ma da giovedì il club ha annunciato pubblicamente di aver rimosso lo sponsor dalle maglie.
In realtà il rapporto tra Gazprom e lo Schalke è molto più profondo rispetto a un classica sponsorizzazione. Il club di Gelsenkirchen è ancora «ostaggio» dell’azienda russa, come scrive lo Spiegel. E il contratto è stato rinnovato di recente fino al 2025 per circa 10 milioni di euro annui: una cifra considerevole per una società in difficoltà a livello economico, «una cifra a cui non è possibile rinunciare».
ℹ️ Following recent developments, FC Schalke 04 have decided to remove the logo of main sponsor GAZPROM from the club's shirts. It will be replaced by lettering reading ‘Schalke 04’ instead.#S04 pic.twitter.com/9kpJLRzTQ7
— FC Schalke 04 (@s04_en) February 24, 2022
Discorso diverso per Roman Abramovič, l’oligarca russo che ha comprato il Chelsea nel 2003 e lo ha trasformato in una superpotenza del calcio europeo. Negli ultimi giorni era stato fortemente attaccato dalla politica britannica, che ne chiedeva la messa la bando.
Alcuni gruppi di investitori starebbero già presentando offerte alla proprietà del club, come riferisce Bloomberg. «Investitori sportivi e società di private equity, tra cui alcune statunitensi, hanno iniziato a elaborare potenziali offerte di acquisizione per la squadra londinese», si legge nell’articolo.
Intanto ieri la Uefa ha deciso di spostare «tutte le partite dei tornei internazionali che si sarebbero dovute disputare in Russia e Ucraina, sia che coinvolgano club o nazionali», come spiegato in una nota.
Bisognerà trovare una nuova sistemazione per la partita Spartak Mosca-Red Bull Lipsia – ottavi di finale di Europa League del prossimo 17 marzo. Ma non solo. L’annuncio riguarda anche la nazionale russa, che tra circa un mese sarà impegnata negli spareggi per l’accesso ai Mondiali in Qatar: Polonia, Svezia e Repubblica Ceca, le altre semifinaliste, avevano chiesto che fosse quantomeno escluso il rischio di giocare una partita in territorio russo.
Un discorso simile riguarda la nazionale femminile della Russia, che a giugno dovrebbe disputare gli Europei in Inghilterra: c’è la possibilità che la squadra venga esclusa dalla competizione.
Quelle delle nazionali russe sono ovviamente situazioni in divenire, ci saranno nuovi aggiornamenti nei prossimi giorni. Ma va ricordato che la Fifa, governata da Gianni Infantino, aveva sospeso le nazionali di Kenya e Zimbabwe a causa delle interferenze dei governi nazionali negli affari delle rispettive federazioni. Dal momento che la Russia ha deliberatamente invaso uno Stato sovrano, ci sarebbe da aspettarsi un trattamento simile anche per la sua nazionale.
In questi giorni, in tutto il mondo, atleti e club stanno lanciando i loro messaggi di solidarietà con il popolo ucraino. Anche nelle partite delle squadre italiane impegnate in Europa League. L’atalantino Ruslan Malinovskyi ha esultato con il messaggio «No war in Ukraine» scritto sulla sottomaglia; i giocatori di Napoli e Barcellona hanno posato dietro uno striscione con la scritta «Stop war»; lo Slavia Praga è entrato in campo indossando maglie gialle, il colore della nazionale ucraina.
E poi, ancora, nella pallacanestro, i giocatori della nazionale ucraina sono stati accolti con una standing ovation dal pubblico spagnolo di Cordoba, in occasione di una partita di qualificazione ai prossimi Mondiali di basket. Mentre il tennista russo Andrej Rublëv ha mostrato solidarietà all’Ucraina e ha condannato gli attacchi in corso definendoli «terribili».
Il primo sportivo a far sentire la propria voce è stato il quattro volte campione del mondo di Formula 1 Sebastian Vettel. «Penso che sia sbagliato correre in quel Paese. Mi dispiace per le persone, persone innocenti che stanno perdendo la vita, venendo uccise per ragioni stupide sotto una guida molto strana e folle», ha spiegato. Poco dopo ha seguito il suo esempio il campione del mondo in carica Max Verstappen: «Quando un Paese è in guerra, non è giusto correre lì». E alla fine il board della Formula 1 ha accolto le richieste dei suoi piloti e ha deciso di annullare la gara in Russia.
Il mondo dello sport – sintetizzando in questa espressione leghe e federazioni molto diverse, con storie e interessi differenti – ha spesso accettato situazioni al limite per non intaccare i propri bilanci.
Lo spiega anche Rory Smith in un articolo pubblicato sul New York Times, parlando in particolare dell’industria calcistica e della Fifa: «Non ha battuto ciglio durante la brutale guerra con la Georgia nel 2008, o di fronte all’annessione della Crimea nel 2014, o ancora all’abbattimento di un aereo passeggeri lo stesso anno, all’avvelenamento di Sergei e Yulia Skripal nel 2018, al sostegno di lunga data di Vladimir Putin e all’esercito del regime omicida di Bashar al-Assad in Siria».
E come dimenticare che il presidente della Fifa, Gianni Infantino, nel 2019 ha ricevuto dalle mani di Putin la medaglia dell’Ordine dell’Amicizia per «l’enorme contributo all’organizzazione dei Mondiali di Russia 2018».
Politici, oligarchi, magnati e Stati sovrani sono stati accolti e accettati nel calcio. Anzi, sono stati corteggiati e celebrati i loro investimenti. «Il mondo del pallone – si legge sul New York Times – li ha trasformati da parassiti in salvatori, eroi e idoli, legittimando la loro presenza nell’ambiente». Tutto questo solo per gonfiare ogni giorno un po’ di più il giro d’affari di tutto il baraccone.