Tennis diplomacyIl pasticciaccio russo di Wimbledon e la goffa reazione dell’Atp

La scelta di tenere fuori gli atleti di Mosca a causa della guerra di Putin ha sollevato polemiche e contestazioni da parte di chi compila la classifica mondiale. Così è stato deciso di non assegnare i punti del ranking a chi partecipa al torneo più prestigioso del mondo (e a chi aveva fatto benissimo l’anno scorso)

AP Photo/Alberto Pezzali

Il torneo di Wimbledon, il più antico, il più famoso e il più seguito nel circuito tennistico internazionale, quest’anno si svolgerà in maniera inedita e particolare. Per la prima volta nell’era Open, ossia da quando il tennis è diventato un gigantesco sistema di attrazione planetaria, sia a livello sportivo che a livello economico, si giocherà solo per la gloria (e per i soldi).

Ai tennisti e alle tenniste che vi prenderanno parte, infatti, non verranno assegnati punti nell’ambito delle classifiche mondiali. Anzi, i migliori perderanno un sacco di punti nei rispettivi ranking. A molti lettori non addentro le “cose” tennistiche potrebbe sembrare un particolare di poco conto, ma in realtà è una situazione che crea un precedente inedito e pericoloso – per le modalità con cui ci si è arrivati e ci dice molto, moltissimo, sul complicato e a volte perverso rapporto tra sport e politica.

Ma facciamo un passo indietro, partendo dal principio di questa intricata storia. Il principio ha una data precisa: 24 febbraio 2022. Il giorno in cui i carri armati di Vladimir Putin oltrepassano il confine per la cosiddetta “operazione speciale” verso l’Ucraina. Un’aggressione in piena regola, con un Paese, la Russia, a recitare il ruolo dell’invasore e un altro, l’Ucraina appunto, a doversi difendere nelle vesti di Paese aggredito.

Un’azione che ha provocato reazioni immediate da parte di tutti i Paesi occidentali e democratici, portando a sanzioni pesantissime nei confronti di Mosca. Sanzioni economiche, ovviamente, ma anche sanzioni “culturali”, simboliche. Tra queste, per esempio, la decisione di non giocare la finale di Champions League a San Pietroburgo, come da programma, o l’esclusione di tutte le nazionali russe dalle competizioni sportive internazionali, dal calcio alla pallavolo.

Un contesto da cui, ovviamente, anche il tennis non poteva rimanere estraneo. Da quel giorno infatti, la Russia è stata esclusa dalle competizioni a squadre (come la Coppa Davis o l’Atp Cup) e le tenniste e i tennisti russi e bielorussi giocano i tornei individuali senza l’indicazione della nazionalità di appartenenza, in posizione neutra. Va detto che, in questo contesto, quasi tutti i protagonisti del circuito maschile e femminile si sono espressi in maniera netta (a volte plateale) contro la guerra di Putin e a favore di un’immediata cessazione dell’invasione.

Tutto questo sembrava essere diventata la prassi, almeno fino a due mesi fa. Fino a quando, per l’appunto, il board dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club (il circolo che storicamente organizza il torneo di Wimbledon) ha emanato il seguente comunicato, evidentemente concordato con il governo di Londra: «Condividiamo la condanna universale delle azioni illegali della Russia e abbiamo attentamente considerato la situazione nel contesto dei nostri doveri nei confronti dei giocatori, della nostra comunità e del più ampio pubblico del Regno Unito. È nostra responsabilità fare la nostra parte negli sforzi diffusi del governo, dell’industria, delle istituzioni sportive e creative per limitare l’influenza globale della Russia con i mezzi più forti possibile, nelle circostanze di una aggressione militare ingiustificata e senza precedenti, sarebbe inaccettabile per il regime russo trarre vantaggio dal coinvolgimento di giocatori russi o bielorussi con i Championships».

Così è deciso. Niente tenniste e tennisti russi e bielorussi a Wimbledon. Divieto assoluto. In una parola: ban. Le reazioni sono immediate. Anche perché gli atleti in questione non sono propriamente gli ultimi arrivati. Parliamo, solo per citarne alcuni, in campo maschile degli attuali numero uno e numero otto del ranking mondiale, Daniil Medvedev e Andrej Rublev, o della numero quattro al mondo in campo femminile, la bielorussa Aryna Sabalenka.

Solidarietà viene espressa, tra gli altri, da Novak Djokovic e anche da Rafael Nadal, solitamente molto restio ad esporsi su questo tipo di vicende. Le pressioni su Atp e Wta – le organizzazioni che gestiscono i circuiti professionistici maschile e femminile – crescono e portano ad una decisione senza precedenti.

Ecco il comunicato diffuso dall’Atp il venti maggio 2022, esattamente un mese dopo la decisione dei vertici dei Championships. «La possibilità per i giocatori di qualsiasi nazionalità di partecipare ai tornei solo sulla base del merito e senza alcuna discriminazione è fondamentale per il nostro circuito. La decisione di escludere russi e bielorussi dalla competizione della prossima estate mina questo principio e l’integrità del ranking ATP, e disobbedisce al nostro accordo sul meccanismo che regola le classifiche. È con grande dispiacere che, date le circostanze, annunciamo che non vediamo altre opzioni se non rimuovere i punti Atp da Wimbledon 2022». Pochi minuti dopo arriva l’adesione anche della Wta. Detto in altre parole, è un tentativo di boicottaggio nei confronti del torneo più prestigioso al mondo, senza precedenti.

Qui va aperta una parentesi. Per un tennista – oltre al prestigio di partecipare e provare a vincere un torneo di questo livello, uno dei quattro del Grande Slam, il più venerato dal popolo della racchetta – contano due cose: il montepremi e, appunto, la resa dei suoi risultati in termini di classifica mondiale, classifica determinata, appunto, dal sistema di calcolo dell’Atp in campo maschile e della Wta in campo femminile. La posizione nel ranking è infatti fondamentale per diventare testa di serie nei tabelloni di tutti i tornei, per guadagnarsi un buon sorteggio o il passaggio diretto al turno successivo in molte competizioni. Insomma, il ranking non è pura statistica, ma un fattore concreto nella vita di un/una tennista.

Per questo la “rappresaglia” di Atp e Wta ha conseguenze diretta su tutti i protagonisti del circuito, e in particolare su chi ha ottenuto buoni o ottimi risultati nell’edizione precedente.

Il sistema di calcolo prevede infatti che a stabilire passi avanti o indietro nel ranking siano i risultati ottenuti sul campo, raffrontati con quelli ottenuti nella stessa settimana e nello stesso torneo dell’anno precedente. Non assegnando punti nell’edizione 2022, i punti guadagnati nel 2021 saranno persi. Per cui i più penalizzati saranno i giocatori e le giocatrici che sono andati meglio lo scorso anno, mentre quelli che sono andati peggio vedranno paradossalmente il loro ranking migliorare.

Per esempio, parlando di tennisti italiani, Matteo Berrettini, che lo scorso anno è arrivato in finale, perderà 1200 punti e uscirà dalla top-10 della classifica sperando almeno di restare tra i primi venti, mentre Jannik Sinner, che nel 2021 è stato eliminato al primo turno, potrebbe fare un discreto salto in avanti.

Così come la decisione di Wimbledon aveva provocato la reazione dei tennisti, quest’altra decisione conseguente ne provoca di ancora più furenti. Il primo a parlare è l’ungherese Marton Fucsovics, che lo scorso anno era arrivato ai quarti di finale, miglior risultato in carriera, e tra qualche giorno finirà fuori dai primi cento del mondo. Fabio Fognini, sprezzante, ha affermato che «porterà la famiglia a Formentera», il semifinalista 2021 Denis Shapovalov ha parlato di «penalizzazione inaccettabile» e lo stesso Berrettini si è lamentato del fatto che «i giocatori non sono stati in nessun modo consultati».

Un putiferio, davanti al quale il presidente dell’Atp, l’italiano Andrea Gaudenzi, ha affermato, laconicamente, che a volte «bisogna rompere un uovo per fare una frittata». Come dire: vanno fatte scelte difficili se vogliamo ottenere i risultati. E i risultati, in effetti, non tardano ad arrivare, visto che è di queste ore l’annuncio degli US Open, altro torneo del Grande Slam che si gioca a New York tra fine agosto e inizio settembre, per cui sui campi di Flushing Meadows non ci sarà alcun ban verso gli atleti russi e bielorussi, se non il divieto di giocare sotto la propria bandiera.

Ma tant’è. Ormai all’inizio di Wimbledon mancano pochi giorni. Gli organizzatori dei Championships, per attirare comunque tutti i giocatori, hanno portato il montepremi a cifre record, mai viste prima. Un giocatore che verrà eliminato al primo turno – quindi senza vincere neppure una partita, se non viene dalle qualificazioni – guadagnerà di più rispetto ad un tennista che vince un torneo secondario del circuito. Quel che resta è uno scontro pericoloso, che crea un precedente altrettanto pericoloso. Un corto circuito tra sport e politica, di cui ha parlato in questi termini il presidente del Comitato Olimpico Internazionale, Thomas Bach: «Come possiamo garantire una competizione internazionale corretta se i governi decidono in base ai propri interessi politici chi può e chi non può partecipare?».

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