IngiustizialismoL’improbabile garantismo classista della (presunta) destra moderata

Da trent’anni, una frangia politica che si definisce liberale pretende rigore carcerario per canaglie e drogati. Ci fosse una volta in cui impugnino la causa di un disgraziato qualunque

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Verso la metà degli anni Novanta, durante un convegno o assemblea o non so più cosa in materia di giustizia, mi si avvicina un caporione di Forza Italia e mi dice: «Prado, lei che scrive tanto di questi argomenti, deve spiegarlo bene: il carcere, per un delinquente, non è nulla, ma per uno come noi è un dramma!».

Onesto e sincero come il buon pane, l’intendimento civile di quel moderato, di quel liberale, spiegava benissimo e con esattezza preconizzava l’improbabilità garantista del partito e della cultura che avrebbero fatto della giustizia (la loro) il punto irriducibile della militanza che parte dalla certezza della pena altrui e si polarizza verso lo Stato di diritto delle nipoti di Mubarak.

Il fatto che a sinistra non fosse e non sia stato meglio non dovrebbe oscurare (should not overshadow) la verità di una tradizione ormai trentennale che, sul fronte presunto opposto, per un verso reclama la guarentigia per i galantuomini e gli appartenenti alla cerchia e per altro verso il sano rigore carcerario per la canaglia e i drogati.

Ai leader progressisti che fanno il servizietto pubblico in favore degli amici togati, indugiando sulla deriva impunitista e rivendicando orgogliosamente il merito di far crepare in carcere un vecchio demente divorato dalle metastasi, si oppone il triste movimento alternativo in rappresentanza dei cittadini perbene: quello in versione hard che capeggia l’assalto squadrista alla casa del tunisino in odore di spaccio e annuncia via social l’invio delle ruspe, e quello soft delle riforme misurate sui perimetri delle residenze di centrodestra.

Né tutto questo poteva sorprendere, considerando come quel garantismo sostanzialmente classista insorgesse presso una discreta schiatta di ladroni socialisti e catto-affaristi, quella appunto confluita nel calderone moderato che non mostrava motivi di indignazione finché le toghe rosse riempivano le carceri di immigrati, zingari e piccoli spacciatori.

E ovviamente, a fronte della facile obiezione che il loro garantismo era afflitto da qualche notevole intermittenza, quelli ti spiegavano che no, non è la stessa cosa, perché è vero che Tizio era un privilegiato, ma difendere lui significava difendere anche tutti gli altri: col dettaglio che non funzionava mai il principio opposto. E ci fosse stata una volta in cui, a difesa dei diritti di tutti, gli eserciti dei parlamentari e parlamentaresse dei popoli e delle case e dei circoli della libertà hanno impugnato la causa di un disgraziato qualunque.

Allora, quasi quasi, son meglio quelli che vorrebbero tutti in catene. Almeno non ti avvicinano per chiederti di sposare la causa.

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