L’altra Camilla è comparsa a Roma nell’ottobre 2012, negli spazi dove di solito stanno i manifesti elettorali. L’affissione di Gianluca era in carattere bianco su sfondo rosso e iniziava con «Ciao Camilla, amore mio. Ti devo chiedere scusa».
Proseguiva, il gran gesto di riconquista, parlando del firmatario Gianluca come di uno che aveva (lui usava l’ausiliare “essere”, ma non si può pretender troppo dalla versione adulta di uno che appone lucchetti a Ponte Milvio) «mancato come marito e come padre, travolto da una tempesta superata, ma che mi ha fatto fare molti errori e mi ha fatto dedicare il mio tempo a cose inutili e futili».
Nonostante il tema dell’adulterio fosse in quei giorni per me abbastanza centrale (stavo scrivendo queste pagine), non mi sarebbe mai venuta in mente l’esistenza di una signorina Tempesta Superata.
Ero, ho scoperto, l’unica.
L’affissione di Gianluca è diventata per alcuni giorni il sollazzo preferito dai social network, ognuno diceva la sua, ognuna aveva il suo suggerimento per Camilla («Scappa!» era il più frequente), ma tutti erano certi che di corna si trattasse.
Gianluca proseguiva per varie righe in cui chiedeva scusa alla famiglia di lei, si diceva fortunato ad averla sposata, chiedeva «perdono davanti a tutta Roma, perché quando un uomo sbaglia, e tanto», e via con un eccetera di maiuscole su amore, rispetto, attenzioni e molta rava e poca fava, e io sola pensavo che tutta ’sta manfrina per qualche ora dedicata alle carni di un’altra era davvero fuori misura: era chiaro che c’erano mancanze più gravi.
Aveva fatto saltare alla figlia la lezione di Pilates perché, non interrompendo in tempo la partita ad Angry Birds, aveva tardato ad accompagnarla?
Aveva ammaccato la Smart di Camilla parcheggiandola in tripla fila su viale Parioli?
Era andato a giocare a calcetto ed era rientrato sudato e scorbutico la sera in cui lei ospitava il burraco con le amiche?
«Credo che in amore vinca chi resta. Chi ha il coraggio, nonostante le tempeste e le maree, di restare e combattere. Credo nelle rotte sbagliate, negli errori di percorso, in quei cuori che sanno ascoltare e infine sanno perdonare.»
Ma, soprattutto, dove aveva preso (“pescato”, scriverebbe lui) quelle terrificanti metafore velistiche?
Chi è il suo modello di eroe romantico, Lello Arena cuoco di bordo in Cuori nella tormenta?
In questo decennio, la nuova Camilla si chiama Laura, e le nuove affissioni sono i commenti alle dirette social. Alcuni anni dopo la tempesta superata, durante un’orazione di Giuseppe Conte, appare sulla pagina Facebook del Presidente del Consiglio il seguente commento, riportato da Filippo Ceccarelli in Lì dentro: «Laura, ti prego perdonami. TE LO CHIEDO DAVANTI A TUTTA L’ITALIA. Io non volevo andare con tua sorella ma lei ha insistito e ho ceduto. Ho anche il video mentre facciamo l’amore mentre le dico “Laura non lo merita”». Con il rewind, diceva quello.
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Ah, poi Gianluca, quello che aveva messo i manifesti sulla «tempesta superata» a Roma nord, ha cominciato a dare interviste, figuriamoci se poteva risparmiarsele, simile com’era all’Alberto Sordi del Vedovo, con quel misto di cialtronaggine ed esibizionismo.
E ha spiegato che quella per cui chiedeva scusa a Camilla non era una storia di corna ma di soldi. Che la sua impresa aveva avuto dei problemi di liquidità, lui si era per questo sentito «meno uomo», ed era stato scorbutico con Camilla, l’aveva trattata male, anche davanti agli altri.
A Bologna c’è una parola bellissima, per quelli scorbutici e odiosi: sgodevole.
Mi è tornata in mente anche se Gianluca è un ultrà della Lazio, mica uno cresciuto sotto i portici.
Mi è tornata in mente perché tutti i mariti sgodevoli mi riportano a casa.
Per tutti gli anni in cui mia madre ha fatto di tutto per farmi capire che sapeva che mio padre aveva un’amante, e io ho continuato a credere fosse un esercizio dialettico; per tutti gli anni in cui forse era davvero un esercizio, una forma d’esorcismo, lo diceva per dire ma in fondo alla storia dell’ernia ci aveva creduto, con la forza con cui vogliamo credere alle bugie più pietose; per tutti gli anni in cui mio padre ha litigato ogni mattina con qualche chirurgo, s’è sentito ogni pomeriggio un genio incompreso, e ha riportato a casa ogni sera il suo cattivo carattere e i suoi pessimi umori; per tutti quegli anni io mi sono chiesta ogni volta perché fosse così privilegiata la situazione di quella da cui tornava: sì, ho capito, Jackie, ma John Kennedy era un figo della madonna e nelle foto sorrideva sempre; per tutti quegli anni lì, ognuna delle volte che il malumore riportato a casa da mio padre sfociava, invece che in un silenzio rancoroso, in un qualche litigio, ogni volta mia madre diceva una cosa che all’epoca mi sembrava spiritosa, e adesso mi sembra la tragedia d’una donna ridicola.
Ogni volta lei sbottava: «Gli altri fanno le corna alla moglie poi tornano a casa e, per farsi perdonare, sono tutti fiori e sorrisi. Gli altri almeno hanno il senso di colpa, e tornano a casa di buonumore».
da “I mariti delle altre”, di Guia Soncini, Marsilio, 2022 (nuova edizione), pagine 152, euro 10