Scontro generazionaleCosa abbiamo imparato dalla sconfitta di Sinner contro Djokovic

L’azzurro si è arreso ai quarti di finale di Wimbledon contro il campione serbo. Una sconfitta che però sottolinea la crescita costante del ragazzo italiano: un bagaglio tecnico rinnovato, la giusta consapevolezza nei propri mezzi, la capacità di migliorarsi anno dopo anno come i più grandi

AP/Lapresse

Alla fine del quarto set, sul 5-2 per Djokovic e 40 pari, Sinner finisce a terra correndo a rete su una palla corta. La caviglia sfarfalla un po’ troppo, il movimento è innaturale. Sinner resta giù più di un attimo, Nole va dall’altra parte della rete per aiutarlo a rialzarsi. È la fine virtuale della partita. Quella reale arriverà esattamente un set dopo, 8 game più tardi. Da quel piccolo incidente Sinner ha pochissimi vincenti sulla racchetta: il quarto set era già chiuso, il quinto dura troppo poco. Finisce 7-5, 6-2, 3-6, 2-6, 2-6.

Jannik Sinner si è arreso ai quarti di finale di Wimbledon contro un titano come Novak Djokovic, dopo aver vinto un primo set in rimonta e aver dominato il secondo. Una partita che ha confermato tutte le prestazioni immaginifiche dell’azzurro nella prima settimana di torneo e ha aggiunto nuove sfumature al disegno di un campione di oggi e di domani.

L’eccezionalità del torneo di Sinner si legge anche nello storico degli italiani che erano arrivati ai quarti di finale a Wimbledon prima di lui: appena 6, non 60. E comunque è stato sconfitto da Djokovic, un mostro che ha superato tutti i record immaginabili del tennis, e anche alcuni di quelli inimmaginabili. Una partita sontuosa – almeno nei primi tre set – in cui Sinner ha eguagliato il proprio miglior piazzamento in uno Slam, su una superficie che non sembrava andargli a genio (4 sconfitte su 4 prima della settimana scorsa).

Crescita tecnica
I miglioramenti di Sinner somigliano a quelli di un software che a ogni aggiornamento aggiunge nuove funzioni e nuove potenzialità, alcune del tutto inattese. Le catenate di dritto con cui sferza i suoi avversari sono ancora lì, ma ora si mescolano con un set di colpi variegato, multiforme, che gli permette di essere più regolare e più imprevedibile allo stesso tempo: sale a rete con molta più convinzione anche se non è proprio a suo agio con le volée, ha aggiunto una seconda di servizio credibile, sa far male con lo slice e con quelle palle corte che hanno funzionato fin dall’esordio con Stan Wawrinka. E ha scoperto una risposta che forse nemmeno era in programma: «Ha affinato la risposta, specialmente quella dritta che sull’erba dà più fastidio. Grazie a Cahill pure il secondo servizio ora è più veloce e imprevedibile», ha spiegato il suo allenatore, Simone Vagnozzi, a Repubblica.

Oggi Sinner spesso soluzioni difficili, alternative, diverse anche dall’immaginario lineare e robotico che abbiamo di lui e che forse già non lo rappresenta più, non lo rappresenta abbastanza, perché il giocatore meccanico si è evoluto, sta crescendo e sta migliorando ancora. E già non è più lo stesso di inizio carriera.

Buono per tutte le stagioni
Il suo talento adesso si sa adattare a tutto, avversari e campi. Il fenomeno del cemento e del gioco regolare e veloce può controllare anche una partita sull’erba e sulla terra: «L’erba più consumata piace a Jannik perché somiglia al cemento», sempre Vagnozzi.

La sensibilità di tocco di Sinner passava spesso in secondo piano, in questo torneo è emersa come una virtù. Durante la scalata a Wimbledon, Ronald Giammò sul Corriere dello sport aveva scritto che dopo essersi tolto il peso della prima vittoria sull’erba, Sinner «non si è limitato solo a giocare, ma ha costantemente elaborato, calibrato e messo in pratica le informazioni che il gioco sul verde andava suggerendogli». Merito anche della collaborazione con il supercoach Darren Cahill, che è iniziata da pochissimo ma è certamente partita col piede giusto.

E c’è ancora margine di crescita, non solo perché Sinner è nato ad agosto del 2001 e non ha ancora compiuto 21 anni. Cahill vede in lui un giocatore «che solo col tempo capirà quanto il gioco sull’erba possa essergli congeniale».

Forza mentale
Contro Djokovic sembrava di dover assistere a una mattanza. Sotto 0-3 nel primo set nessuno si sarebbe stupido in caso di cappotto. Invece Sinner è entrato in partita all’improvviso, si è acceso e ha recuperato il break, poi ha tenuto viva la fiamma, si è ripreso il break e ha vinto il set 7-5. ha ribaltato l’avvio di partita del campione pur non servendo bene, mettendo poco più del 50% di prime in campo. Ma è rimasto concentrato e in partita, sapendo che se si fosse fatto annichilire fin dai primi scambi la partita gli sarebbe scivolata dalle mani in un amen.

Nelle prime due ore di gioco, fin quando è stato realmente all’altezza del campione serbo, Sinner ha saputo imporsi un colpo alla volta, migliorando ancora anche dopo il primo set: sulla seconda di servizio di Nole all’inizio della partita pareva quasi intimorito, stava indietro ad aspettare lo scambio, poi ha deciso di aggredire ogni punto là dove il fenomeno serbo non sembrava voler andare, rispondendo con i piedi nel campo e attaccando a ogni mezza occasione. Almeno per tre set.

La forza mentale di Sinner è quella che sta nell’efficienza con cui ha modificato il suo gioco per aggiungere cose nuove, per adattarsi all’erba che gli sembrava scomoda.

L’azzurro si era separato da Riccardo Piatti, il suo vecchio maestro, (anche) perché insisteva nel proporgli di non giocare tutti i tornei, concedersi una sosta e un cambiamento nello stile di gioco.

Non l’aveva accettato, ma qualche piccolo infortunio di troppo alla fine l’ha costretto a fermarsi: la pausa deve essere servita, deve averlo portato a vedersi dall’esterno e a leggere delle falle in quel gioco regolare ma troppo uguale a se stesso. Il dato del gioco a rete è abbastanza esplicito: contro Wawrinka, alla prima partita, ci è andato 31 volte, poi 52 contro Ymer e 16 contro il gigantesco Isner, per salire di nuovo a 40 contro Alcaraz. Contro Djokovic non è stato impeccabile, solo il 63% di punti a rete vinti, ma ha giocato ancora molto a rete. Ha avuto coraggio anche contro l’avversario che intimorisce più di tutti.

Djokovic è semplicemente immortale
Il fattore che non può mancare nel racconto della sconfitta a Wimbledon è proprio l’imperscrutabilità di Djokovic. È vero che Sinner dopo aver perso il terzo set si è dissolto, mai aiutato dal servizio – solo il 54% di prime in campo, meno del 70% gli hanno portato un punto – e tornato falloso nella seconda metà del match (41 errori non forzati). Ma ha iniziato a sbagliare prima di tutto quei colpi impossibili che nei primi due set entravano sempre, colpi che sono e possono essere soltanto un’eccezione.

Il serbo ha reagito, ha iniziato a rispondere a ogni vincente, a rimandare la pallina di là piegandosi in angolazioni impossibili.

Per quasi cento minuti Sinner ha travolto il numero uno del tabellone con un mix di ritmo alto, frustate imprendibili e variazioni sorprendenti. Poi il serbo ha cambiato idea, ha smesso di sbagliare, ci ha ricordato perché non perde da 30 incontri di fila sul prato di Wimbledon. Si è risollevato come un non-morto, con quelle capacità trascendentali che ancora nessuno sa spiegare e che lui ha normalizzato. L’olandese Tim Van Rijthoven, il suo avversario ai quarti, l’ha definita «the Novak thing». Quella scintilla che ha solo lui.

Sguardo al futuro
Mancano cinque giorni alla chiusura di un Wimbledon decisamente insolito, con il numero 1 in classifica Daniil Medvedev e gli altri giocatori russi fuori dal tabellone a causa della guerra in Ucraina. Il numero 2, il tedesco Alexander Zverev, tagliato fuori dall’intervento chirurgico alla caviglia. Almeno tre potenziali semifinalitsti – Matteo Berrettini, Marin Cilic e Roberto Bautista Agut – sono ritirati a causa della positività al Covid-19.

Si è aperta una finestra di opportunità e Sinner ne ha approfittato subito. Ha giocato il suo miglior Slam, ha iniziato a vincere sull’erba, ha preso fiducia e dimostrato che la collaborazione con Darren Cahill può portare ottimi frutti. Poi ha battuto anche Carlos Alcaraz, in una sfida forse gasata artificialmente dai giornali (perché non c’è uno storico di precedenti così avvincente), con cui potrebbe rincontrarsi ancora più volte in futuro in tornei così importanti, magari ancora più avanti nel tabellone.

La sconfitta forse porterà qualcuno a dire che Sinner non è in grado di vincere contro i migliori, che non è all’altezza di quel che si dice di lui, che Alcaraz diventerà numero 1 al mondo prima di lui e lui forse non lo farà mai perché non ha abbastanza talento.

Per il momento sarebbe il caso di godersi un giovane campione che ogni anno aggiunge nuove componenti al suo gioco, che ha appena raggiunto un quarto di finale a Wimbledon e presto entrerà di nuovo in top ten nel ranking. È un campione italiano e non ha ancora compiuto 21 anni. Il futuro è dalla sua parte.