Chi sostiene che l’agenda Draghi non esiste lo dice perché ne ha paura. Perché ha capito che i suoi contenuti non risparmierebbero i populismi di ogni rito, compresi quelli di sinistra che non divergono troppo da quelli di destra (sovranismo e filoputinismo inclusi).
A essere onesti si dovrebbe riconoscere che l’agenda fatidica (ormai si appresta a seguire la sorte di quella rossa appartenente a Paolo Borsellino) è stata redatta e consegnata da Mario Draghi stesso in occasione delle sue comunicazioni in Senato il 20 luglio scorso.
Mi permetto quindi di estrapolare da quell’importante discorso – magari attingendo anche alle comunicazioni del 17 febbraio 2021 – una agenda non autorizzata che il premier ha infiltrato nella campagna elettorale, nella speranza che qualcuno la faccia propria. Per ragioni di trasparenza indicherò in corsivo le parti recepite dal discorso sulla fiducia del 17 febbraio
Versione (non autorizzata) della agenda Draghi
Nei nostri rapporti internazionali questo governo sarà convintamente europeista e atlantista, in linea con gli ancoraggi storici dell’Italia: Unione europea, Alleanza Atlantica, Nazioni Unite. Questo governo nasce nel solco dell’appartenenza del nostro Paese, come socio fondatore, all’Unione europea, e come protagonista dell’Alleanza Atlantica, nel solco delle grandi democrazie occidentali, a difesa dei loro irrinunciabili principi e valori. Sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro, significa condividere la prospettiva di un’Unione europea sempre più integrata che approderà a un bilancio pubblico comune capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione.
Con il forte appoggio parlamentare della maggioranza e dell’opposizione, abbiamo reagito con assoluta fermezza all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. La condanna delle atrocità russe e il pieno sostegno all’Ucraina hanno mostrato come l’Italia possa e debba avere un ruolo guida all’interno dell’Unione Europea e del G7. In politica estera, abbiamo assistito a tentativi di indebolire il sostegno del Governo verso l’Ucraina, di fiaccare la nostra opposizione al disegno del Presidente Putin. L’Italia deve continuare adessere protagonista in politica estera. La nostra posizione è chiara e forte: nel cuore dell’Unione Europea, nel legame transatlantico. La nostra posizione è chiara e forte nel cuore dell’Ue, del G7, della NATO. Dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina in ogni modo, come questo Parlamento ha impegnato il Governo a fare con una risoluzione parlamentare (….) armare l’Ucraina è il solo modo per permettere agli ucraini di difendersi. Allo stesso tempo, occorre continuare a impegnarci per cercare soluzioni negoziali, a partire dalla crisi del grano. E dobbiamo aumentare gli sforzi per combattere le interferenze da parte della Russia e delle altre autocrazie nella nostra politica, nella nostra società.
Gli Stati nazionali rimangono il riferimento dei nostri cittadini, ma nelle aree definite dalla loro debolezza cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa. Anzi, nell’appartenenza convinta al destino dell’Europasiamo ancora più italiani, ancora più vicini ai nostri territori di origine o residenza. Dobbiamo essere orgogliosi del contributo italiano alla crescita e allo sviluppo dell’Unione europea. Senza l’Italia non c’è l’Europa. Ma, fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine. C’è solo l’inganno di ciò che siamo, nell’oblio di ciò che siamo stati e nella negazione di quello che potremmo essere.
L’Italia è un Paese libero e democratico. Davanti a chi vuole provare a sedurci con il suo modello autoritario, dobbiamo rispondere con la forza dei valori europei. L’Unione Europea è la nostra casa e al suo interno dobbiamo portare avanti sfide ambiziose.
L’Italia ha bisogno di un governo capace di muoversi con efficacia e tempestività su almeno quattro fronti. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è un’occasione unica per migliorare la nostra crescita di lungo periodo, creare opportunità per i giovani e le donne, sanare le diseguaglianze a partire da quelle tra Nord e Sud. Entro la fine di quest’anno, dobbiamo raggiungere 55 obiettivi, che ci permetteranno di ricevere una nuova rata da 19 miliardi di euro. Gli obiettivi riguardano temi fondamentali come le infrastrutture digitali, il sostegno al turismo, la creazione di alloggi universitari e borse di ricerca, la lotta al lavoro sommerso. Completare il PNRR è una questione di serietà verso i nostri cittadini e verso i partner europei. Se non mostriamo di saper spendere questi soldi con efficienza e onestà, sarà impossibile chiedere nuovi strumenti comuni di gestione delle crisi. L’avanzamento del PNRR richiede la realizzazione dei tanti investimenti che lo compongono. Dalle ferrovie alla banda larga, dagli asili nido alle case di comunità, dobbiamo impegnarci per realizzare tutti i progetti che abbiamo disegnato con il contributo decisivo delle comunità locali. Dobbiamo essere uniti contro la burocrazia inutile, quella che troppo spesso ritarda lo sviluppo del Paese. E dobbiamo assicurarci che gli enti territoriali – a partire dai Comuni – abbiano tutti gli strumenti necessari per superare eventuali problemi di attuazione. A oggi, tutti gli obbiettivi dei primi due semestri del PNRR sono stati raggiunti. Abbiamo già ricevuto dalla Commissione Europea 45,9 miliardi di euro, a cui si aggiungeranno nelle prossime settimane ulteriori 21 miliardi – per un totale di quasi 67 miliardi.
5 Politiche sociali
Accanto al PNRR, c’è bisogno di una vera agenda sociale, che parta dai più deboli, come i disabili e gli anziani non autosufficienti. L’aumento dei costi dell’energia e il ritorno dell’inflazione hanno causato nuove diseguaglianze, che aggravano quelle prodotte dalla pandemia. Fin dall’avvio del governo abbiamo condiviso con i sindacati e le associazioni delle imprese un metodo di lavoro che prevede incontri regolari e tavoli di lavoro. Per quanto riguarda il salario minimo va presa a riferimento le direttiva europeo; vanno introdotte delle correzione del reddito di cittadinanza. Quanto alle pensioni vanno previste forme di flessibilità in uscita attraverso il consolidamento del calcolo contributivo. Centrali sono le politiche attive del lavoro. Affinché esse siano immediatamente operative è necessario migliorare gli strumenti esistenti, come l’assegno di riallocazione, rafforzando le politiche di formazione dei lavoratori occupati e disoccupati. Vanno anche rafforzate le dotazioni di personale e digitali dei centri per l’impiego in accordo con le regioni. Per quanto riguarda le misure per la maggiore efficienza energetica e più in generale i bonus per l’edilizia, intendiamo affrontare le criticità nella cessione dei crediti fiscali, ma al contempo ridurre la generosità dei contributi.
L’Italia deve continuare a ridisegnare la sua politica energetica, come fatto in questi mesi (…) a conferma della nostra assoluta determinazione a diversificare i fornitori, spingere in modo convinto sull’energia rinnovabile. Per farlo, c’è bisogno delle necessarie infrastrutture. Dobbiamo accelerare l’istallazione dei rigassificatori – a Piombino e a Ravenna. Non è possibile affermare di volere la sicurezza energetica degli italiani e poi, allo stesso tempo, protestare contro queste infrastrutture. Si tratta di impianti sicuri, essenziali per il nostro fabbisogno energetico, per la tenuta del nostro tessuto produttivo. In particolare, dobbiamo ultimare l’istallazione del rigassificatore di Piombino entro la prossima primavera. È una questione di sicurezza nazionale. Allo stesso tempo, dobbiamo portare avanti con la massima urgenza la transizione energetica verso fonti pulite. Entro il 2030 dobbiamo installare circa 70 GW di impianti di energia rinnovabile. La siccità e le ondate di calore anomalo che hanno investito l’Europa nelle ultime settimane ci ricordano l’urgenza di affrontare con serietà la crisi climatica nel suo complesso. Penso anche agli interventi per migliorare la gestione delle risorse idriche, la cui manutenzione è stata spesso gravemente deficitaria. IlPNRR stanzia più di 4 miliardi per questi investimenti, a cui va affiancato un “piano acqua” più urgente.
Così è….. se vi pare
La versione (non autorizzata) dell’agenda Draghi può terminare qui. Mi pare che le proposte siano chiare e rappresentino quanto serve al Paese. Volendo può essere utile chiudere con le dichiarazioni di Mario Draghi in conferenza stampa dopo il varo del decreto Aiuti bis. Le misure «si aggiungono a quelle per oltre 35 miliardi di euro che abbiamo approvato dall’inizio di quest’anno per mitigare gli effetti dei rincari sui cittadini e sulle imprese. Il totale delle misure di oggi è di 15 miliardi più circa altri 2 di misure aggiuntive: quindi si tratta di altri 17 miliardi che vanno ad aggiungersi ai 35 già approvati. Parliamo di una grossa percentuale del prodotto interno lordo, più di 2 punti percentuali. Un altro aspetto importante è che interveniamo di nuovo a saldi invariati, quindi non ricorriamo a nessuno scostamento». Possiamo farlo – ha proseguito il premier – «perché l’andamento dell’economia è di gran lunga migliore del previsto. Ed è merito questo, come dico sempre, della capacità degli italiani, delle famiglie, delle imprese e anche forse un po’ della politica economica del governo che ha sostenuto senza esitazioni l’economia, ma nello stesso tempo è riuscito a farlo mantenendo gli obiettivi di riduzione del deficit e di riduzione del rapporto debito/Pil».