La carenza di gas non è solo un problema del presente o dell’inverno che sta per arrivare: potrebbe durare diversi anni. Lo ha ricordato agli Stati europei Ben van Beurden, amministratore delegato di Shell, che lunedì in conferenza stampa ha messo in una prospettiva di lungo periodo la necessità di trovare forniture alternative agli idrocarburi russi. «Può darsi che avremo un certo numero di inverni in cui dovremo in qualche modo trovare altre soluzioni», ha detto van Beurden.
Un report di Energy Intelligence, il portale che si occupa di far circolare le corrette informazioni sui temi energetici, conferma l’avvertimento: «La crisi potrebbe facilmente estendersi al 2023 e oltre. È probabile che l’Europa terminerà il prossimo inverno con lo stock esaurito, e il prossimo anno la domanda resterà alta, le forniture limitate e i prezzi del gas all’ingrosso ancora elevati».
Per contenere il prezzo del gas servirà un intervento politico. Da mesi il governo italiano di Mario Draghi chiede un tetto al prezzo del gas e lunedì è arrivato il semaforo verde dell’Unione europea: al Forum strategico in Slovenia, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha detto che Bruxelles «sta lavorando a un intervento di emergenza e a una riforma strutturale del mercato elettrico: i prezzi dell’elettricità alle stelle evidenziano i limiti del nostro modello di mercato, che è stato sviluppato in circostanze diverse e per scopi completamente diversi».
La svolta asseconda le proposte dell’amministrazione Draghi, che pare aver convinto anche il governo tedesco, da sempre contrario – così come l’Olanda – al price cap sul gas e alla richiesta di modifica del mercato elettrico per sganciare il prezzo dell’elettricità da quello del metano, a cui è legato il suo fabbisogno attuale. Ieri il vicecancelliere e ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck ha inviato un messaggio agli altri ministri dell’Energia europei annunciando la disponibilità della Germania a discutere questi cambiamenti.
Il tema della crescita dei prezzi del gas e della necessità di una riforma del mercato sarà comunque il principale argomento sul tavolo al summit dei ministri dell’Energia dell’Unione che si terrà a Praga il prossimo 9 settembre.
Queste trasformazioni nel mercato e nelle forniture energetiche europee hanno l’obiettivo di portare gli Stati membri a sganciarsi dal gas russo: l’unica soluzione che può essere considerata in qualche modo sicura e definitiva. L’asticella è molto alta – molti Stati si sono ritrovati, all’inizio dell’invasione dell’Ucraina, con le mani legate a causa della loro dipendenza dalle forniture di Mosca – ma alcuni governi nazionali hanno dimostrato di poter trovare soluzioni alternative.
Un esempio virtuoso è proprio quello italiano – la cattiva notizia è che questo governo durerà solo fino al 25 settembre – grazie alle trattative condotte da Palazzo Chigi con altri potenziali potenziali fornitori. Come scrivevamo la settimana scorsa, «nel semestre invernale 2022-2023, a fronte di 47 miliardi di consumo avremo circa 33 miliardi di metri cubi di import, più i 18 miliardi di stock». Non c’è molto margine di errore, ma tanto basta per passare questo inverno senza drammi.
L’Italia non è l’unica nota positiva. Le riserve degli Stati europei sono state rimpinguate fino al 79,94% al 30 agosto – dati di Gas Infrastructure Europe – a fronte di un obiettivo previsto dell’80% da raggiungere a inizio novembre.
Insomma, come scrive Bloomberg, l’Unione europea «è pronta a raggiungere il suo obiettivo di stoccaggio del gas con due mesi di anticipo rispetto ai piani iniziali». Gli alti livelli di gas stoccato aiuteranno ad assorbire eventuali tagli improvvisi alle forniture nelle prossime settimane e potranno fornire dal 25% al 30% del carburante da bruciare in inverno. «Con riserve più grandi – prosegue Ewa Krukowska nel suo articolo su Bloomberg – le nazioni europee sono in una posizione migliore per affrontare un ulteriore taglio dell’offerta, considerando anche che mercoledì Gazprom inizierà una manutenzione inaspettata sul gasdotto Nord Stream».
Guardando agli stock di gas indicatu da Gas Infrastructure Europe – che non indica la capacità di soddisfare il fabbisogno nazionale, ma solo la quantità che si può immagazzinare – il Portogallo ha già riempito raggiunto il 100% delle proprie possibilità; la Polonia è al 99,6%; Belgio, Cechia, Danimarca, Spagna e Svezia sono tutte sopra l’80%.
La Germania è un caso particolare: gli stock di gas si stanno riempiendo rapidamente e dovrebbero raggiungere l’obiettivo dell’85%, previsto inizialmente a ottobre, già a settembre, almeno stando alle dichiarazioni del ministro dell’Economia Robert Habeck. Ma anche con i siti di stoccaggio pieni, la Germania rischia di non riuscire a superare l’inverno se la Russia interrompe i flussi di gas, come ha detto a Bloomberg Klaus Mueller, presidente della Federal Network Agency, l’autorità di regolamentazione dell’energia del Paese.
Il primo ministro francese Elisabeth Borne, invece, ha chiesto alle aziende di ridurre il consumo di energia o di prepararsi ad affrontare un molto probabile razionamento dell’energia in inverno in caso di interruzione delle forniture da parte della Russia. «Potrebbero esserci brutali interruzioni del gas durante la notte e gravi conseguenze economiche e sociali», ha detto il primo ministro lunedì scorso. «Ma con oltre il 90% del suo stoccaggio di gas attualmente pieno – scrive ancora Bloomberg – la Francia dovrebbe avere abbastanza carburante per far fronte a un inverno con temperature medie».