Dumpling, anatra alla pechinese, involtini primavera, ravioli alla piastra, bao al vapore, spaghetti di soia, tagliatelle di riso, taro stufato: la via Paolo Sarpi di a Milano, fino a quindici anni fa alla mercé dei negozi all’ingrosso e delle relative problematiche di ordine e decoro legate al carico-scarico merci, con la più recente pedonalizzazione è diventata il regno del food e dello street food cinese, nonché uno dei place to be della città. Ogni mese nella Chinatown più pop d’Italia spuntano nuove aperture: tra ristoranti tradizionali, take away e piccoli bar con cucina affollati da orientali, la scelta di prelibatezze esotiche – non schiva di qualche rivisitazione di troppo in salsa occidentale e contaminazioni con il vicino Giappone – è davvero esorbitante.
Con alcune interessanti varianti sul tema. Basta fare pochi passi fuori da via Sarpi per trovare tre proposte di cucina asiatica meno popolare ma dai sapori decisi e sorprendenti. Dalle Filippine al Nepal, passando per il Vietnam, piccolo tour gastronomico nell’unconventional Asia nei dintorni di Chinatown.
Mabuhay, le Filippine secondo lo chef Dario Guevarra – Bastioni di Porta Volta 9, Milano
Non è un caso se questo piccolo e piuttosto anonimo ristorante alle spalle di Fondazione Feltrinelli sia stabilmente sul podio dei più apprezzati di tutta Milano su Tripadvisor; quando c’è qualità e autenticità l’estetica della location passa in secondo piano. Una quindicina di tavolini in tutto e cucina a vista, da cui spunta immancabilmente lo chef e proprietario Dario Guevarra per indirizzare al meglio i clienti nella consultazione del menù. Il primo consiglio è sempre quello di provare il Binalot Na Adobo, il piatto nazionale a base di carne – arrosto di coppa di maiale o coscia di pollo – marinato nella soia con aglio e foglie di alloro. Mabuhay lo propone in una ciotola, insieme a pomodorini, riso bianco e uovo sodo, ricoperta con una foglia di banana, che viene scottata a fiamma viva una volta arrivato a tavola per donare al piatto un aroma leggermente affumicato. Il Binalot Na Adobo viene tradizionalmente preparato in famiglia, anche nelle varianti a base di pesce o vegetariana. Altro piatto tipico, figlio di una chiara influenza delle nazioni orientali vicine, è il Pancit, un mix di spaghetti di soia e noodles molto saporiti saltati con maiale, pollo, salsa di ostrica, olio di sesamo, cavolo verza, zucchine, cipollotto, germogli di soia ed erba cipollina. Un sapore più delicato ma altrettanto saporito rispetto ai cugini cinesi. Dessert nazionale da non perdere nel menù è invece il Sans Rival, dolce “impareggiabile” composto da strati di crema di burro, meringa e anacardi tritati. La ricetta è nata all’inizio del secolo scorso, probabilmente da una commistione con la cucina francese, anche se c’è chi sostiene sia una rivisitazione di un dolce della Russia imperiale. Al menù tradizionale, che comprende incursioni giapponesi come gli ottimi Guao bao (piccoli panini al vapore ripieni di carne di maiale e salse) e i Takoiaki (imperdibili polpettine di polipo marinato con salsa okonomi), ogni settimana vengono affiancate un paio di novità, come la zuppa di zucca e gamberi al cocco.
Il Vietnam senza fronzoli di Hanoi – Piazzale Baiamonti 5, Milano
Anche in questo caso non è la location a fare la differenza, ma la varietà e qualità dei piatti proposti. Si inizia con il Gỏi cuốn, una variante molto più leggera del più noto involtino primavera, conosciuto, non a caso, anche come involtino d’estate: vermicelli di riso, carote, cetriolo e lattuga tagliuzzati insieme a menta e basilico vengono avvolti in una sottile carta di riso e consumati a crudo, intinti in una salsa agrodolce. Il piatto nazionale vietnamita è il Pho, una speziata zuppa originaria della capitale a base di tagliatelle, manzo, cardamomo, anice, cannella, chiodi di garofano, zenzero, erba cipollina, peperoncino. Secondo alcuni studi il Pho, che in Vietnam viene solitamente consumato per colazione, sarebbe nato ai tempi della colonizzazione francese: il nome Pho sarebbe una storpiatura della parola feu (fuoco). Da Hanoi ne propongono in diverse misure e varianti, dal più popolare Po Boh Tai, con straccetti di manzo al Pho Gà con pollo, sempre accompagnati da un piattino di germogli di soia, menta, lime e peperoncino, da aggiungere a gradimento alla propria zuppa. Una variante più asciutta, tipica del sud del Vietnam, è il Bun bo nam bo, spaghetti di riso cotti al vapore serviti con insalata mista, manzo saltato e salsa di pesce. Per chiudere in dolcezza si sceglie una Bánh Khoai Mì Nướng, torta a base di manioca con latte condensato e latte di cocco.
Achar, la pace dei sensi (e del gusto) nepalese – Via Piero della Francesca 13, Milano
Achar in nepalese significa “verdure speziate”, che sono di fatto alla base della cucina nepalese e più nello specifico di questo intimo ristorante aperto nel 2016 in via Piero della Francesca gestito da Gurung Bhakta Bajadur insieme a tre soci. Anche qui i coperti in sala non superano le 25 unità, ma l’ambiente, impreziosito da cuscini colorati, quadri evocativi, lampadari e maschere artigianali risulta più accogliente rispetto ai due ristoranti precedenti. Cumino, coriandolo, curcuma, cardamomo, peperoncino… per la qualità e varietà di spezie la cucina nepalese ricorda quella indiana, ma grazie a un loro utilizzo più calibrato risulta più leggera e digeribile. Ad aprire il pasto sono i Mo:mo, ovvero un convincente mix tra i ravioli cinesi e i samosa: l’interno, con verdure, carne, coriandolo, cumino e altre spezie ricorda i tipici antipasti fritti della cucina indiana, mentre la pasta esterna, pur leggermente più spessa, ha la stessa consistenza dei dumpling al vapore. In Nepal i Mo:mo sono i re dello street food, ideali per uno spuntino in qualsiasi momento del giorno, mentre da Achar i migliori sono quelli vegetariani e vengono serviti con tre salsine deliziose: piccante, al sesamo e alla menta. Un piatto povero che in Nepal si trova ogni giorno a tavola e che potete provare anche a Milano è il Dal Bhat, zuppa di lenticchie speziata con jimbu, una sapida erba raccolta sulle montagne dell’Himalaya e servita con riso basmati. Oltre a una serie di proposte di Chow Mien, noodle di pasta all’uovo fatti in casa in brodo o saltati con verdure e spezie, la vera specialità di Achar riguarda la carne marinata e speziata prima di essere cotta su pietra lavica: la Sekuwa può essere di pollo, galletto, suino o agnello. Una vera e propria delizia che fa ritrovare la pace dei sensi, anche senza andare ai confini con il Tibet.